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Cover Story – La guerra “tutti contro tutti” nell’Information & Communication Technology

Uno scenario in continua evoluzione, con una dinamicità che ha pochi precedenti nella storia e che coinvolge una fetta crescente dell’economia mondiale. Un susseguirsi di nuovi prodotti, tecnologie e business model tale da mettere in discussione il destino delle imprese protagoniste in modo repentino

Pubblicato il 14 Nov 2011

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Per chi si occupa di strategia osservare la competizione in atto
nell’ICT-Information & Communication Technology risulta
affascinante. Perché ci sono pochi precedenti nella storia
dell’economia di una dinamicità così elevata. Perché è
quasi continua l’entrata in scena di nuove tecnologie,
nuovi prodotti, nuovi business model e nuove imprese. Perché è
frequente la caduta dei paletti di confine fra i diversi settori.

Basta andare indietro di pochi anni – ad esempio
a metà 2007 – per trovare un quadro radicalmente diverso
dall’attuale
. I PC dominavano ancora la scena
nell’Information Technology, facendo la felicità di
Microsoft (quasi monopolista nei sistemi operativi), di Intel
(leader di mercato nei microprocessori) e di HP (che aveva
soppiantato Dell come leader nelle vendite dei PC ed era
solamente insidiato dagli asiatici nella fascia bassa del
mercato), anche perché l’apparizione dei primi tablet non
aveva destato alcun interesse. Google era riuscita da poco a
trasformare il suo innovativo motore di ricerca in una potente
macchina per attrarre pubblicità – passando dai 440 milioni di $
di ricavi nel 2004 (al momento della quotazione) ai 10,6 miliardi
del 2006, da 682 addetti a circa 12 mila – e aveva surclassato i
due competitori Yahoo! e Microsoft. Apple stava felicemente
crescendo (dopo il rischio di morte corso negli anni ’90),
praticamente senza concorrenti, con l’iPod e con il sistema
iTunes costruito attorno a esso; e recuperava terreno con il Mac
nella fascia più alta dei PC. Nokia regnava incontrastata – con
il 40 per cento circa su scala mondiale – nel mercato dei
cellulari e in quello in fase di sviluppo degli smartphone: ove
RIM, con il suo BlackBerry, si era ritagliata una nicchia
completamente protetta. Il settore delle console per videogame
aveva da anni tre protagonisti – Nintendo, Sony e Microsoft – con
successi alterni all’apparire dei nuovi modelli. Il settore
telecom soffriva già della perdita di ricavi nella voce, ma
puntava sui dati e sui cosiddetti VAS (servizi a valore
aggiunto). I social network erano apparsi da qualche anno
all’orizzonte, ma la loro popolarità non era ancora
esplosa. Il cloud computing esisteva, ma – con qualche eccezione
– si era a livello di progetti di ricerca. Non si parlava ancora,
se non in Giappone, di pagamenti effettuati con gli smartphone.
Le grandi imprese musicali, forse le prime grandi vittime della
pirateria informatica, avevano già scelto come male minore
l’accordo con l’i- Tunes di Apple. Le grandi imprese
cinematografiche erano anch’esse sotto attacco e il mondo
dei media faceva in un certo senso concorrenza a se stesso
attraverso i siti gratuiti online dei giornali.

Sono almeno tre, a mio avviso, i fatti
nuovi
che rendono così diversa la situazione attuale
rispetto a quella del 2007 e che appaiono destinati a generare
ulteriori terremoti o scosse di assestamento:

lo sviluppo tumultuoso del mercato degli
smartphone e dei tablet
, originato da Apple con il
lancio dell’iPhone nel 2007 e dell’iPad nel 2010 e
con il conseguente rafforzamento del suo AppStore: che da un lato
ha quasi obbligato Google a entrare in gioco per difendere il suo
mercato nella pubblicità e messo in crisi il leader storico
Nokia; che dall’altro minaccia la centralità dei PC e di
conseguenza le posizioni di chi – come Microsoft, Intel o HP –
sui PC ha per tanti anni prosperato;

la rapida crescita, che ha fatto temere
una nuova bolla Internet, dei social network: in primo luogo di
Facebook, che per creare valore deve ridimensionare la leadership
di Google nel mercato della pubblicità e quella di Amazon
nell’e-commerce e allo stesso tempo contenere le velleità
di espansione di Apple in ambedue i mercati;

l’esplosione del cloud computing,
per il momento soprattutto a livello di offerta di servizi: che
non solo coinvolge la quasi totalità dei protagonisti
dell’Information Technology – IBM, HP, Microsoft, Amazon,
Accenture ecc. – nei servizi ai clienti-imprese, ma che viene
sfruttato anche strategicamente da Apple (con iCloud), piuttosto
che da Google o Amazon, per garantirsi la fedeltà dei
clienti-persone.

Un quarto fatto nuovo potrebbe diventare importante nel prossimo
futuro: il ruolo rilevante che la Cina vuole
giocare
– e in parte sta già giocando – nell’ICT,
forte dei suoi numeri sul mercato interno (divenuto ad esempio il
primo al mondo per i PC) e della protezione che essa riesce a
garantire alle sue imprese sul mercato internazionale.

Smartphone e tablet

Il teatro di guerra con lo scontro al momento più virulento è
quello degli smartphone e dei tablet, prodotti caratterizzati da
un tasso di crescita della domanda molto elevato e da un ritmo di
innovazione – nei modelli e nelle performance – altrettanto
elevato.

I principali protagonisti dello scontro sono:

• Apple, con il suo sistema proprietario chiuso, con la sua
corte di produttori di App e di contenuti (giornali, libri,
musica ecc.) che contribuiscono al successo dei device fisici e
garantiscono ricavi addizionali di grande rilievo;

• Google, con il suo sistema aperto, insieme con i
produttori di smartphone e tablet che usano gratuitamente Android
e Honeycomb (Motorola Mobility e Sony Ericsson tra quelli
storici, Samsung, HTC, LG, Huawei e ZTE fra gli asiatici,
Olivetti l’unico italiano, Amazon il più recente), con un
App store meno fornito di Apple ma in fase di potenziamento; con
una strategia futura più incerta dopo l’acquisizione di
Motorola Mobility, giustificata dall’esigenza di
irrobustire il portafoglio brevetti ma potenziale fonte di
conflitti con i produttori indipendenti;

• Nokia, leader storico dei cellulari e sino alla fine del
2010 degli stessi smartphone, che ha visto declinare per questi
ultimi la sua quota a causa delle ridotte performance del sistema
proprietario Symbian e che dal febbraio 2011 è entrato in una
partnership con Microsoft che vorrebbe simulare il modello Apple;

• RIM, ovvero la canadese Research in Motion, pioniere dello
smartphone con il BlackBerry, che vede la sua storica nicchia
dissolversi ed è costretta a operare in un mercato molto più
grande;

ma, con potenzialità significative, anche

• Microsoft, leader storico nei sistemi operativi per PC,
con una quota di mercato ridottissima ma determinata a recuperare
un ruolo anche in questo ambito: attraverso l’alleanza con
Nokia, ma forse ancor più con lo sforzo in atto di mettere a
punto un nuovo sistema operativo (Windows 8), capace di operare
sia sui PC sia sui tablet, sia sui microprocessori a basso
consumo energetico dell’alleata storica Intel (leader nei
PC) sia su quelli di Arm (leader negli smartphone e nei tablet);

• Amazon, con il suo Kindle Fire lanciato a fine settembre:
il primo tablet veramente low-cost apparso sul mercato, che
sfrutta il rilevantissimo ecosistema della società e – in modo
innovativo – le forti competenze in tema di cloud computing; che
dovrà però dimostrare sul campo la capacità di competere con
l’iPad, laddove diversi altri hanno fallito.

È uno scontro fra imprese, ma è allo stesso tempo uno scontro
(usando un termine di moda) fra ecosistemi. Le nuove prestazioni
introdotte da Apple con l’iPhone e l’iPad hanno
infatti modificato profondamente i criteri di scelta da parte
degli acquirenti. Per vincere, ai competitori non basta fare
prodotti intrinsecamente buoni, ma occorre anche saper
coinvolgere le imprese indipendenti di software che producono App
(navigatori, giochi ecc.) e quelle che dispongono di contenuti
(giornali, libri, film, musica ecc.), come pure mettere a
disposizione attraverso accordi nuove funzionalità quale quella
degli strumenti per il pagamento (wave and pay ecc.). Occorre, in
altre parole, trasformare lo smartphone in un qualcosa che
assomiglia sempre meno a un semplice cellulare e creare con il
tablet uno strumento dalle prestazioni inedite, che di volta in
volta si trasforma in un PC, in una Play- Station portatile o in
un lettore di libri e giornali in formato elettronico.

È uno scontro fra business model radicalmente diversi fra loro.
Apple – che come detto ha un sistema operativo proprietario
chiuso – guadagna vendendo gli smartphone e i tablet, ma anche
riscuotendo attraverso il suo store una percentuale significativa
sulle vendite in vertiginosa crescita di App, che potrebbero
intaccare i ricavi pubblicitari che ora confluiscono nei motori
di ricerca.

RIM, che ha anch’essa un sistema operativo proprietario
chiuso, vive sulla vendita dei suoi smartphone, mentre è dubbio
il successo che potranno avere il suo store e il suo tablet.
Google non guadagna con il suo sistema operativo, che
(analogamente a quanto avviene per il motore di ricerca o per
YouTube) è fornito gratuitamente ai produttori di smartphone e
tablet; guadagna un po’ con l’App store, richiedendo
però percentuali più basse di quelle di Apple; ma ha come
obiettivo principale quello di mantenere un forte contatto con il
pubblico, per evitare smottamenti (attraverso le App) verso i
competitori di parte dei suoi (estremamente consistenti) ricavi
pubblicitari. Nokia guadagna vendendo gli smartphone, ma dovrà
pagare a Microsoft l’uso del sistema operativo; Microsoft a
sua volta, concorrente di Google (anche se molto distanziato) nel
motore di ricerca, vuole come detto sfruttare quella che potrebbe
essere l’ultima occasione per conquistarsi un posto di
rilievo nei sistemi operativi per smartphone e tablet.

Il quadro competitivo a settembre 2011 vede Apple con
un’elevatissima quota di mercato nei tablet, previsti in
forte crescita. Vede Apple in ottima posizione dal punto di vista
dei ricavi complessivi negli smartphone, mentre – in termini
numerici – è Android, il sistema operativo di Google, che ha
soppiantato Nokia come leader di mercato e che si avvia a
conquistarne il 50 per cento. Vede Nokia in difficoltà, a causa
anche del tempo necessario per sostituire il sistema operativo di
Microsoft a Symbian. Vede pure RIM in difficoltà, al progressivo
svanire delle difese della sua nicchia. Vede nei tablet –
oltre a quella di Amazon – l’entrata (si vedrà con
quale successo) di imprese come Sony e Lenovo: nel timore la
prima che essi vadano a rubare spazi alle più tradizionali
console; nella speranza la seconda di sfruttare il suo grande
peso in Cina con una gamma volta a far crescere la domanda anche
nei segmenti più bassi.

Social network

Apple, Google e le altre imprese citate hanno un nuovo
potenziale grande avversario, Facebook, il numero uno dei social
network, che – forte dei suoi quasi 800 milioni di utenti nel
mondo e desideroso di quotarsi in borsa al valore più alto
possibile (sull’onda dei successi di social network quale
LinkedIn molto più piccoli) – vuole sfruttare economicamente la
sua dimensione: non solo facendo pagare un pedaggio alle imprese
(come Zynga e Groupon) che guadagnano attraverso le App sulla sua
rete, ma anche impadronendosi di una parte della spesa
pubblicitaria complessiva. Il valore raggiunto da Facebook nei
mesi scorsi sul mercato grigio – oltre 100 miliardi di dollari
(il doppio circa rispetto a sei mesi prima) – aveva indotto molti
a parlare di una nuova bolla Internet; perché difficilmente
giustificabile a fronte del livello modesto (circa 2 miliardi di
dollari) dei ricavi; perché non isolato. L’elevato valore
raggiunto in fase di IPO da LinkedIn e sul mercato grigio da
Twitter apparivano sproporzionati rispetto ai ricavi e ai
profitti. E di IPO a valori elevatissimi si parlava anche per due
società nate e cresciute in pancia a Facebook; quali Zynga, che
mette a disposizione giochi elettronici innovativi (l’idea
di business è di vendere virtual goods in cambio di real money),
e Groupon, che organizza gruppi di acquisto finalizzati alla
riduzione dei prezzi. L’estate 2011, con il manifestarsi
dei nuovi problemi sui debiti sovrani e con la crescente
volatilità delle borse, sembra però aver raffreddato almeno in
parte gli entusiasmi e convinto Facebook e le altre a non sfidare
la sorte e a rimandare l’IPO.

Google, cogliendo i potenziali pericoli per i propri ricavi
pubblicitari (sorgente quasi unica delle sue entrate), ha tentato
diverse reazioni. Ha cercato con insuccesso di creare un proprio
social network, ha cercato con altrettanto insuccesso (nonostante
i 6 miliardi di dollari offerti) di acquisire Groupon e –
l’esito dell’operazione in corso potrà essere visto
solo in futuro – ha cercato con l’introduzione di Google+
di conferire al suo motore di ricerca un maggiore carattere di
socialità.

PC e sistemi operativi per PC

Quello che avviene nel principale teatro di guerra, e nei suoi
dintorni, crea scompiglio anche in altri teatri di guerra sino a
poco tempo fa completamente separati.

Dominato da Microsoft per la componente software e da Intel per i
microprocessori, il mercato dei PC ha visto nell’ultimo
decennio l’entrata prepotente dei produttori asiatici (in
primo luogo di Lenovo e Acer che si contendono il terzo posto nel
mondo) per crescita organica e/o acquisizioni, il sorpasso ai
vertici di Dell da parte di HP e la rivitalizzazione della
presenza di Apple (caratterizzata come negli smartphone e nei
tablet da un sistema operativo proprietario). Ora questo mercato
appare in una fase di maturità – soprattutto nei paesi
tradizionalmente ricchi – e molti scommettono su un suo declino,
a favore dell’accoppiata tablet-cloud computing. Una
situazione problematica per Microsoft, che ha in Windows e Office
il suo santuario del profitto e che proprio per questo si sta
muovendo come visto in precedenza. Una situazione che colpisce
ovviamente i produttori, con reazioni diverse e talora clamorose:
il leader mondiale HP, dopo aver acquisito nel 2010 Palm per
entrare nei tablet, appare intenzionato (anche dopo il cambio al
vertice) a confermare la sua uscita non solo dai tablet ma anche
dai PC (destinati a essere scorporati per essere venduti o
quotati separatamente sul mercato); mentre Lenovo, come visto, ha
annunciato il suo crescente impegno nei tablet. Una situazione in
cui la distanza fra PC e tablet appare destinata a ridursi:
Microsoft, come detto, sta lavorando nella direzione di una
convergenza fra i relativi sistemi operativi e sembra che Apple
stia facendo lo stesso. Una situazione in cui alcuni analisti,
proprio scommettendo sull’avvicinamento e sulla nascita di
nuovi device ibridi, hanno iniziato a ragionare in termini di
mercato unico e a valutare su tale base le quote delle diverse
imprese: Apple risulterebbe al secondo posto nel mondo, con una
quota del 13,6 per cento: con un notevole balzo rispetto
all’8,2 dell’anno precedente e a distanza ravvicinata
dal 15,7 per cento di HP.

Cloud computing

Nell’ambito della guerra in atto “tutti contro
tutti” avrà un ruolo importante il cosiddetto cloud
computing: la modalità cioè, in forte crescita (seppur con
significativi ostacoli da superare in termini di continuità del
servizio, di privacy e di regolamentazione), di fornire in
outsourcing e spesso con una formula pay per use – agli individui
e alle imprese – una serie di servizi sostitutivi o complementari
rispetto al mantenere “in casa”
un’infrastruttura informatica e/o disporre “in
casa” di tutto il software necessario.

È il cloud computing che può permettere ai tablet di disporre
di una serie di potenzialità tipiche dei PC e di sostituirli
nella soddisfazione dei bisogni di innumerevoli utenti. È
ricorrendo al cloud computing che diverse imprese – operanti
nell’offerta di musica, film e libri – già offrono ai loro
clienti la conservazione di quanto acquistato in una memoria
remota, cui possono nel seguito accedere liberamente attraverso
qualunque tipo di device (dal PC al tablet allo smartphone). E
nell’offerta di servizi di cloud computing si ritrovano i
principali protagonisti della guerra in corso: Apple, Google,
Microsoft e Amazon. Mentre fra i principali produttori di
infrastrutture per il cloud computing si ritrovano anche HP e
Dell, citate in precedenza in relazione ai PC e – la prima –
anche ai tablet.

La guerra si svolge sempre più anche nei
tribunali

Non rappresenta sicuramente un fatto nuovo, nel mondo ICT, il
ricorso alle authority antitrust come strumento competitivo:
Microsoft è rimasta per moltissimi anni nel mirino delle
authority US e UE, accusata di abuso di posizione dominante nei
sistemi operativi per PC; Google vi è entrata più di recente, a
fronte di acquisizioni che avrebbero potuto rafforzare
ulteriormente la sua posizione nei motori di ricerca.

Né rappresenta un fatto nuovo l’uso competitivo dei
brevetti, in chiave non solo difensiva ma offensiva. Ma la guerra
in questo campo si è estesa a un livello tale da provocare un
intervento del Justice Department statunitense, preoccupato per
l’eventualità di un uso improprio dei brevetti per frenare
la competizione. Il salto di qualità si è avuto con
l’acquisto a un prezzo molto elevato (4,5 miliardi di $) –
da parte principalmente di Apple, Microsoft e RIM – di un
pacchetto di 6 mila brevetti Nortel, da utilizzare per frenare la
crescita di Android. Google ha risposto acquistando per 12,5
miliardi di $ Motorola Mobility, che ne possiede 17 mila. I

l fenomeno si è ulteriormente esteso, sino a creare quella che
il Financial Times ha definito una Great Patent Bubble: una
crescita impetuosa dei valori di Borsa di società, dai nomi
spesso ignoti al grande pubblico, specializzate nello sfruttare
le potenzialità della proprietà intellettuale per creare non
tanto prodotti innovativi, ma brevetti-trap

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