reportage

Cisco, i 6 imperativi per rendere la rete aziendale “digital-ready”

Al centro della scena del Cisco Live Europe 2017 di Berlino, davanti a 12mila partecipanti, la strategia di riposizionamento nei mercati IoT, Cloud e sicurezza del colosso del networking. «La trasformazione digitale comincia dall’infrastruttura e dalla cybersecurity», spiega la VP Growth Initiatives, Ruba Borno

Pubblicato il 27 Feb 2017

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La rivoluzione digitale è in pieno corso e tutti i settori “di prodotto” stanno trasformandosi in settori “di soluzioni”. Un concetto che vale a maggior ragione per i vendor ICT, e quindi per Cisco, che infatti sta investendo moltissimo per superare l’immagine legata solo all’hardware di networking, e proporsi come fornitore di soluzioni digitali, posizionandosi soprattutto nei mercati IoT, Cloud, e Cybersecurity. È questo il messaggio principale del Cisco Live Europe 2017, tenutosi a Berlino pochi giorni fa con oltre 12mila partecipanti.

Le reti tradizionali sono state progettate soprattutto per offrire una connettività affidabile e veloce, ha spiegato Edwin Paalvast, President EMEAR di Cisco, «e non certo per rispondere alle esigenze senza precedenti di supporto a Mobility, Cloud e Internet of Things, e di sicurezza rispetto ad attacchi sempre più sofisticati».

L’idea di Cisco quindi è che la digitalizzazione comincia dall’infrastruttura, e dato che le reti classiche non possono supportare la trasformazione digitale, è necessaria una nuova generazione di network “digital ready”: quella di Cisco si chiama DNA, Digital Network Architecture, ed è software driven, ad alta automazione, e basata sui concetti di virtualization, architectural security, e analytics per monitorare le performance e individuare minacce.

In 2 imprese su 3 solo interventi “best effort” e manuali sulle reti

Ma quanto sono diffuse oggi le reti “digital ready”? A Berlino Cisco ha presentato una ricerca di IDC su oltre 2000 organizzazioni in 10 Paesi, secondo cui oltre il 63% è in grado solo di fare interventi “best effort” e/o manuali per adeguare le proprie reti alle esigenze del business. Inoltre solo il 36% ha automatizzato almeno alcune attività di rete, e solo il 20% ha allineato strategie di networking e strategia digitale. Detto questo però, nei prossimi due anni il 45% prevede progetti di evoluzione digitale delle reti, e quelle che già hanno network ad alto grado di automazione ottengono tassi di crescita 2-3 volte superiori alle altre in termini di fatturato, profitti e fidelizzazione.

Il percorso verso le digital ready network è quindi irrinunciabile, ma è anche agli inizi. Per questo va facilitato e “demistificato”, ha spiegato a Berlino Gordon Thomson, Managing Director Architectures Cisco EMEAR. «A questo scopo è fondamentale un’attenta “roadmap”, e per aiutare i clienti noi proponiamo un self assessment tool, e una serie di “DNA advisory services”».

In particolare al Cisco Live è stata presentata una nuova piattaforma hardware e funzioni per erogare servizi di virtual network in pochi minuti, estendere la network virtualization alle filiali remote, e una soluzione per virtualizzare il perimetro di rete ed estenderlo ai centri di “colocation”. In campo security, Cisco ha ampliato la segmentazione software-defined all’intera infrastruttura aziendale – reti, endpoint, cloud – con garanzia della completa visibilità delle applicazioni.

Ruba Borno, VP Growth Initiatives and Chief of Staff for the office of the CEO, Cisco

Il keynote dell’evento è stato affidato a Ruba Borno, 36 anni, la più giovane componente della squadra di top management scelta dal CEO Chuck Robbins al suo insediamento nel 2015. Borno, che è Vice President of Growth Initiatives and Chief of Staff for the office of the CEO, ha parlato di sei imperativi per stare al passo con la trasformazione digitale.

Il primo riguarda la cybersecurity, che per Cisco, ha detto Borno, è il punto di partenza decisivo per costruire un business digitale. E solo un approccio “architetturale” alla sicurezza permette di controllare l’intera infrastruttura continuamente senza rallentarne le performance, e di minimizzare i tempi di individuazione e risposta agli attacchi – conosciuti e non – dovunque colpiscano (device, dati, persone, on premise o nel cloud).

«Il mercato della cybersecurity è enorme e complicato, ci sono almeno 15 segmenti diversi e molti specialisti bravissimi, ma un’architettura complessiva di soluzioni interoperabili fa da moltiplicatore, e permette – quando una minaccia è rilevata in un punto della rete – di mettere in sicurezza subito tutto il resto dell’infrastruttura», ha aggiunto poi in conferenza stampa Adam Philpott, Director Cybersecurity di Cisco EMEAR.

CIsco stessa con gli “analytics insight” ha ridotto del 35% i costi dei data center

Il secondo imperativo è “let the machines run the machines”. «L’IoT sta portando a un’enorme diffusione di oggetti connessi, che non richiedono solo connessione, ma anche sicurezza, controllo remoto, e così via. Aggiungiamoci cloud e mobile, e otteniamo per le reti una complessità non più gestibile da esseri umani. Solo l’automazione software driven può permettere un infrastructure management efficiente: le macchine devono essere gestite da altre macchine», ha detto Borno.

Il terzo è “ottimizziamo la realtà multi-cloud”. Quasi tutte le organizzazioni ormai hanno ambienti di “massively distributed computing”, gestendo in media 4-5 cloud provider diversi. L’85% ha una strategia multi-cloud. «Alla fine non è importante sapere su quale cloud vada un certo workload, bensì avere un motore che ottimizzi automaticamente l’uso delle risorse disponibili, in casa o nel cloud».

Il quarto imperativo è “unlock your insights analytics for the whole business”. Cioè saper estrarre informazioni utili al business dai dati di performance di software e reti, nei data center e negli ambienti cloud e IoT: un campo in cui Cisco ha appena acquisito AppDynamics per ben 3,7 miliardi di dollari.

«Qualche giorno fa ho dovuto fare un check-in di persona all’aeroporto, e la compagnia aerea non sapeva neanche che il suo sito non funzionava: oggi queste cose costano molto in termini di immagine e clienti persi», ha detto Borno, che ha chiamato sul palco Guillermo Diaz, CIO della stessa Cisco: «Da quando abbiamo un quadro preciso delle nostre applicazioni, connessioni, consumi energetici, abbiamo ridotto i costi dei data center del 35% e siamo riusciti a evitare di costruirne uno nuovo da 20 milioni di dollari».

La “piramide di Maslow” delle esigenze digitali

Il quinto imperativo, “spark brilliance in everyone, everywhere”, evidenzia che la tecnologia sta rivoluzionando anche il modo in cui si lavora e si collabora quotidianamente. Borno ha fatto l’esempio di Cisco Spark Board, presentato solo un mese fa e definito “l’iPhone moment della collaborazione”, dato che concentra tre funzioni in un solo prodotto: presentazioni wireless, lavagna digitale per l’interazione in remoto, e videoconferencing di qualità cinematografica.

Infine il sesto imperativo è “back to the human: DevOps for your brain”. Come lo psicologo Maslow ha definito con la sua “piramide” la scala gerarchica dei bisogni dell’uomo, che pensa ai più alti (stima, autorealizzazione) solo se i più bassi (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza) sono soddisfatti, ha detto Borno, «così nel business digitale quando una “Digital Network Architecture” assicura con sicurezza, automazione e analytics le basi per la trasformazione, si può pensare a sviluppare le potenzialità delle persone e aggiornare continuamente le loro competenze. E Cisco propone a questo scopo programmi come Net Academy, Learning@Cisco e DevNet».

In particolare a DevNet è stata dedicata un’intera zona al Cisco Live di Berlino: «DevNet è un insieme di tool e API ma anche una community: conta oltre 400mila membri individuali e 1400 partner di canale – ha spiegato Susie Wee, VP e CTO DevNet Innovations di Cisco -: l’obiettivo è unire due mondi di sviluppo tradizionalmente separati – applicazioni e infrastruttura – e aiutare gli sviluppatori facilitando il loro lavoro e il loro percorso prefessionale».

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