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E-fattura B2B, Polimi: imprese italiane (quasi) pronte per il 2019

Solo un 5% di grandi imprese e un 9% di PMI non ha ancora deciso come prepararsi all’obbligo di gennaio. Un’indagine dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica & eCommerce B2B (Politecnico di Milano) mostra un atteggiamento positivo. Per molti la e-fattura sarà un’occasione per ottimizzare i processi, un adempimento che non darà problemi interni, o uno strumento che ridurrà l’evasione. I motivi per cui sarebbero utili 6 mesi di “doppio regime”

Pubblicato il 27 Giu 2018

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Le imprese italiane non temono l’obbligo di fatturazione elettronica B2B, previsto per il prossimo 1 gennaio 2019. Anzi ben l’84% delle grandi aziende, e il 69% delle PMI e microimprese, interpreta la norma sulla “e-fattura” in senso positivo: come un’opportunità per ottimizzare i processi (50% delle grandi e 34% delle piccole), un adempimento che non darà problemi all’azienda, anche se potrebbe darne a clienti e fornitori (21% e 21%), uno strumento per ridurre l’evasione fiscale (13% delle grandi e 14% delle piccole).

I pareri negativi invece – la e-fattura B2B non servirà a ridurre l’evasione, occorre una proroga o un periodo di prova, la normativa è poco chiara, non sapevo dell’obbligo, non ho nessuna opinione precisa, – hanno tutti percentuali molto basse. Fanno eccezione il 7% di assenza di opinioni precise tra le grandi aziende, e tra le piccole e microimprese il 12% di sfiducia nella riduzione dell’evasione IVA, e l’8% che lamenta poca chiarezza della normativa.

Un atteggiamento quindi tutto sommato più positivo di quanto ci si poteva aspettare, soprattutto dopo la proroga dell’anticipo di obbligo per i benzinai decisa negli scorsi giorni. E infatti secondo l’indagine solo il 5% delle grandi imprese e il 9% delle PMI non hanno ancora deciso come farsi trovare pronte l’1 gennaio. Per le altre, la soluzione sarà interna e basata sull’adeguamento del sistema ERP o gestionale aziendale per adempiere all’obbligo normativo (24% delle grandi imprese e 23% delle PMI e microimprese), oppure esterna (ricorso all’outsourcing, 20% delle grandi e 23% delle piccole), mentre rispettivamente il 48% e il 45% adotteranno una soluzione mista. Le PMI rispetto alle grandi imprese mostrano una maggiore tendenza a rivolgersi al commercialista di fiducia (10% contro 1%) e a utilizzare i servizi gratuiti per la e-fattura messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate (13% contro 1%).

Sono alcuni dati di un’indagine dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica & eCommerce B2B del Politecnico di Milano su 126 grandi imprese (più di 250 addetti) e 218 medie, piccole e microimprese (sotto i 250 addetti), che fa parte del rapporto 2018 dell’Osservatorio, presentato proprio oggi. Un rapporto molto ricco di informazioni, che non solo aggiorna i numeri della fatturazione elettronica B2B in Italia, ma fa il punto sul mercato dell’eCommerce tra aziende in Italia (ne abbiamo parlato in questo articolo) e fotografa anche quanto investono le imprese in tecnologie digitali (ne parleremo prossimamente in un articolo dedicato).

La situazione attuale: è elettronico il 5,3% delle fatture emesse in Italia

Prima di tutto vediamo in quale contesto si calerà l’obbligo di fatturazione elettronica tra privati in arrivo tra esattamente sei mesi. In Italia ogni anno vengono inviate circa 1,5 miliardi di fatture. Di queste 1,42 miliardi sono cartacee o in PDF, e circa 80 milioni (5,3%) sono elettroniche. Di queste ultime, 50 milioni vengono inviate attraverso piattaforme EDI, e le restanti attraverso il Sistema d’Interscambio (SdI) di Sogei: 30 milioni verso la Pubblica Amministrazione, e circa 200mila verso aziende private, nell’ambito delle sperimentazioni volontarie incentivate dallo Stato, in attesa dell’obbligo di legge. Quest’ultimo dato è aggiornato alle rilevazioni più recenti di quest’anno, ha detto il Direttore dell’Osservatorio, Claudio Rorato, rispetto al dato nel report (166mila fatture B2B) che si riferisce all’anno 2017.

«L’obbligo della fatturazione elettronica B2B nasce dal fatto che in Europa ci sono 160 miliardi di euro di evasione IVA di cui 40 miliardi, e cioè ben il 25%, sono evasi in Italia – ha detto Rorato -. Di questi, circa 25 miliardi sono intercettabili con la fatturazione elettronica, e per questo l’Italia si è offerta di fare da avanguardia per la sperimentazione della fatturazione elettronica tra privati, o B2B, ottenendo dall’Unione Europea la deroga alla direttiva IVA comunitaria che era necessaria per poterne introdurre l’obbligo».

Sulla e-fattura l’Italia è il paese più avanzato dell’Unione Europea

Questo fa dell’Italia il paese più avanzato dell’intera Unione Europea sulla “e-fattura”: è l’unico che ha in vigore l’obbligo verso la PA e in corso di implementazione quello verso i privati. Per il resto, in 7 paesi c’è solo l’obbligo totale verso la PA, in 4 un obbligo parziale verso la PA, e in 16 nessun tipo di obbligo.

«L’obbligo di fatturazione elettronica tra privati è una grande opportunità per le imprese per avviare il passaggio da una “gestione per documenti” a una gestione per “flussi di dati”: la dematerializzazione di un solo documento deve essere solo una fase della digitalizzazione dell’intero ciclo ordine-pagamento – ha sottolineato Rorato -. Secondo le nostre stime infatti con l’introduzione della sola fattura elettronica strutturata si possono risparmiare tra 5,5 e 8,2 euro ogni fattura, mentre con la digitalizzazione dell’intero ciclo dell’ordine si può risparmiare una cifra tra 25 e 65 euro ogni ciclo».

Già ora alcune società di consulenza e software house non accettano più progetti

Umberto Zanini, Commercialista e Coordinatore Area Tecnico-Normativa dell’Osservatorio, ha poi aggiunto alcune considerazioni sulle possibili evoluzioni nei prossimi mesi, in vista dell’obbligo di legge. «La deroga richiesta alla UE si applica fino al 31 dicembre 2021: per allora l’Italia dovrà dimostrare la validità della sperimentazione attraverso una relazione basata su dati ed evidenze di fatto».

Questa relazione richiede almeno due anni di applicazione integrale dell’obbligo di legge per potersi basare su informazioni significative, continua Zanini. «Per questo non sembra probabile una proroga rispetto alla scadenza dell’1 gennaio 2019, mentre si potrebbe valutare la possibilità di un periodo di 6 mesi di “doppio regime” senza sanzioni, per consentire gli adeguati test per un solido adeguamento, monitorare il funzionamento tecnico del SdI (Sistema d’Interscambio), e permettere a società di consulenza e software house di adeguare la capacità produttiva, visto che già adesso molte non accettano più progetti perché l’hanno esaurita».

Altri possibili interventi per facilitare il successo di questo passaggio epocale per il paese, ha detto Zanini, sono l’introduzione di un servizio di verifica con l’Anagrafe Tributaria dell’esistenza delle Partite IVA (per minimizzare gli scarti delle fatture elettroniche da parte del SdI), adeguare il tracciato XML_PA allo scenario B2B (eliminando la possibilità di rifiuto della fattura), e accelerare la semplificazione amministrativa e fiscale, in particolare protocollo IVA, registro IVA imprese contabilità ordinaria, split payment, e reverse charge.

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