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Fatture, solo il 6% è elettronico: a rilento la trasformazione digitale in Italia

L’eCommerce B2B è usato da 100mila aziende e vale 260 miliardi: il 10% degli scambi tra imprese. L’obbligo di fatturazione digitale alla PA non ha per ora l’effetto atteso. Irene Facchinetti, Direttore Osservatorio Fatturazione Elettronica del Politecnico di Milano: a gennaio in vista nuovi incentivi, ma le imprese devono scegliere se essere competitive in un mercato digitale o rischiare di sparire

Pubblicato il 17 Giu 2016

I numeri sono in crescita continua ma non sufficiente: è la pervasività che manca, ma anche la profondità dell’impatto sui processi. Parliamo della  digitalizzazione delle imprese italiane, che va a rilento, senza percorsi di innovazione organici e ragionati. L’eCommerce B2b nel 2015 è arrivato a un valore di 260 miliardi di euro, solo il 10% del totale degli scambi tra le imprese. Eppure le transazioni B2B attraverso strumenti digitali (portali di vendite online, marketplace, eBusiness) potrebbero essere una leva strategica per la competitività, con benefici potenziali di almeno 60 miliardi di euro in termini di efficienze, senza contare i miglioramenti dei livelli di servizio e le riduzioni del capitale circolante.

L’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione ha rappresentato una grande occasione, ma la maggior parte delle imprese si è limitata a trovare una soluzione per soddisfare la legge: la vera e propria trasformazione digitale dei processi procede ancora lentamente, a causa di inerzie culturali e resistenze al cambiamento. I 77 milioni di fatture elettroniche inviate nel 2015 (22 milioni recapitate dalle imprese alle PA e 55 tra le imprese tramite EDI e Portali B2b) sono state appena il 6% di tutte quelle scambiate in Italia (1,3 miliardi).

Sono queste le principali conclusioni della ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano. «Con la Fatturazione Elettronica verso la PA, il nostro Paese ha mosso un passo importante per avviare la ‘stagione’ della Digitalizzazione, ma l’occasione è stata sfruttata solo parzialmente dalle imprese – commenta Irene Facchinetti, Direttore dell’Osservatorio -. Non può essere il Legislatore il vero attore della trasformazione digitale. Sono le imprese a dover scegliere se essere competitive in un mercato unico europeo digitale o rischiare di scomparire del tutto».

eCommerce B2b quasi triplicato in 10 anni

L’eCommerce B2b ha intercettato nel 2015 complessivamente circa 260 miliardi di euro in Italia. Un valore quasi triplicato negli ultimi 10 anni, ma pari appena al 10% del totale degli scambi tra le organizzazioni, e dominato dalle grandi imprese (65% del valore). Si può fare eCommerce B2b attraverso tre modelli. Il più diffuso è l’eBusiness, la digitalizzazione dei processi di un’impresa in sinergia con clienti e fornitori, poi ci sono i portali di eCommerce B2b finalizzati alla vendita online, e i Marketplace B2b, luoghi virtuali dove si incontrano domanda e offerta per determinate categorie merceologiche.

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In Italia 400 extranet e portali B2B, e 11mila imprese usano l’EDI

Un’indicazione del livello di digitalizzazione viene dalla penetrazione delle soluzioni di gestione e conservazione dei documenti del Ciclo dell’Ordine. Sono circa 650.000 in Italia le imprese che, dal 2015, hanno portato in Conservazione Digitale le Fatture. E nel 2015, circa 100.000 imprese – il 40% delle grandi e il 18% delle PMI – hanno scambiato con i propri clienti e fornitori documenti in formato elettronico strutturato attraverso strumenti di eCommerce B2b (EDI, Extranet o Portali B2b). Più precisamente tramite EDI 11.000 imprese hanno scambiato oltre 110 milioni di documenti, di cui il 32% sono fatture, il 20% ordini, seguiti da altre tipologie (conferme d’ordine, avvisi di consegna, documenti di trasporto ecc.). Le Extranet e i Portali B2b (attivati solitamente da leader di filiera e rivolti prevalentemente a PMI) per lo scambio di documenti e informazioni con i partner sono oltre 400, con oltre 100.000 organizzazioni connesse.

Quasi 40 milioni le fatture XML ricevute dalla PA in due anni

L’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA ha costituito un evento epocale per la Digitalizzazione del Paese: dal 6 giugno 2014 a fine maggio 2016 oltre 750.000 imprese hanno inviato 38,5 milioni di “file fattura” in XML agli oltre 56.000 uffici pubblici preposti a riceverli. Le fatture scartate sono in calo, anche se persistono alcuni problemi tecnici. Negli ultimi mesi, anche le imprese “meno digitali” stanno rivedendo in positivo il giudizio sulla Fatturazione Elettronica verso la PA: l’indagine dell’Osservatorio rivela che il 55% – sia fornitori della PA che non – la giudicano un’innovazione importante. Eppure, solo il 17% ha sfruttato l’obbligo come occasione per re-ingegnerizzare i propri processi di fatturazione: la maggior parte si è limitata a trovare una soluzione per assolvere alla normativa cogente, sviluppandola internamente o acquisendola dal mercato.

Nel 2015 sono state inviate in formato elettronico circa 80 milioni di fatture tra le organizzazioni, solo il 6% dei 1300 milioni di fatture scambiate ogni anno. Ora il Legislatore ne sta spingendo l’adozione con incentivi ad hoc (DL 127/2015) per le imprese che da gennaio trasmetteranno i dati delle fatture all’Agenzia delle Entrate. «Gli incentivi proposti, a cui sembra mancare un po’ di ‘vigore’, potrebbero stimolare l’alfabetizzazione digitale delle imprese, in particolare di quelle più piccole ancora escluse da relazioni digitali B2B: è quasi una ‘seconda occasione’ dopo l’obbligo di Fatturazione Elettronica verso la PA», commenta Facchinetti.

Benefici tra 5,5 e 8,2 euro per ogni fattura

Un’occasione da non perdere assolutamente, visto che secondo le stime dell’Osservatorio il solo scambio di fatture elettroniche in formato strutturato può generare benefici per le imprese tra 5,5 e 8,2 euro per ogni fattura, con tempi di payback inferiori a un anno. E se si guarda al processo più esteso, l’intero ciclo Ordine-Pagamento, i benefici salgono tra i 25 e i 65 euro per ciclo.

Anche a fronte di numeri così chiari però le inerzie culturali continuano a frenare la digitalizzazione. Secondo l’analisi dell’Osservatorio, il 67% delle imprese vede nel change management il principale ostacolo a questi progetti. In un caso su tre le imprese indicano ancora la complessità e l’incertezza normativa come limite. «Resta la difficoltà di trasferire e far percepire opportunità e benefici della Digitalizzazione, mentre non sembra una criticità il costo di sviluppo/acquisto o gestione delle soluzioni, rilevante solo per il 17% delle imprese», sottolinea Alessandro Perego, Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation.

Infine alcuni numeri sulle priorità di investimento nelle soluzioni di digitalizzazione. La Conservazione Digitale è l’ambito prioritario (65% delle imprese), seguito dalla Gestione Elettronica Documentale e dai Workflow approvativi digitali (48%). 4 imprese su 10 (soprattutto le grandi) investiranno soprattutto in soluzioni di Integrazione, come EDI, Extranet o Portali B2B. Ci sono poi anche progetti Mobile a supporto della forza vendita o di Contract management. «Gli strumenti a disposizione sono molteplici, ma la scelta non può prescindere dalla definizione del proprio percorso personalizzato di trasformazione digitale – dice Irene Facchinetti -. Un cammino da affrontare in più tappe: rinunciare alla carta per archiviare le informazioni, strutturarle in basi di dati, gestirle con flussi digitali di dati strutturati, orientarsi verso una gestione per processi, dotarsi di un’architettura interna integrata e sviluppare le interfacce per un dialogo strutturato con tutti gli attori”.

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