Nel panorama del B2B italiano, la customer experience sta attraversando una fase di profonda trasformazione digitale. L’innovazione tecnologica, la raccolta e la gestione dei dati e la capacità di creare una cultura realmente “customer centric” rappresentano oggi i fattori determinanti per la crescita competitiva delle imprese. A delineare una fotografia aggiornata di questa evoluzione è stata Sara Zagaria, Direttrice dell’Osservatorio B2b Digital Commerce del Politecnico di Milano, nel corso del convegno B2b Digital Commerce & Experience: connettere dati, costruire relazioni.
L’analisi presentata nasce da una survey rappresentativa della popolazione di aziende italiane, comprendendo sia le grandi imprese sia le PMI, e si propone di misurare il livello di maturità delle organizzazioni nel costruire relazioni digitali efficaci con i propri clienti. Il modello di riferimento dell’Osservatorio, ormai consolidato, consente di mappare le aziende lungo un percorso che va dalla fase di esplorazione (Exploration), in cui la consapevolezza è ancora iniziale, alla fase di sfruttamento (Exploitation), dove le strategie customer oriented trovano una reale applicazione operativa.
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Dalle fasi esplorative alla trasformazione customer-centrica
L’Osservatorio distingue quattro profili evolutivi: Explorer, Experimenter, Adopter e Strategic Deployer. Si tratta di tappe di un percorso che misura non solo il grado di digitalizzazione, ma soprattutto la maturità culturale nel porre il cliente al centro dei processi decisionali e organizzativi.
Secondo la ricerca, circa il 72% delle aziende italiane si trova ancora nella fase esplorativa, somma di Explorer e Experimenter. Tra queste, un terzo (33%) è fermo ai primi passi e non ha ancora compreso pienamente le potenzialità di un approccio orientato al cliente, mentre il 39% ha iniziato a sperimentare prime forme di trasformazione. Solo un quarto delle imprese (28%) ha raggiunto una fase più matura, caratterizzata da una governance strutturata della customer experience B2B e da investimenti in strumenti di CRM evoluti e relazioni collaborative lungo la filiera.
Il quadro cambia significativamente quando si osservano le PMI, dove quasi il 70% delle aziende resta ancora nella fase più iniziale. «C’è da fare un’ampia opera di evangelizzazione sull’importanza della cura del cliente», ha osservato Zagaria, sottolineando però che «questo approccio non è precluso alle piccole e medie imprese», alcune delle quali stanno muovendo i primi passi verso l’adozione di strumenti digitali dedicati.
Leadership e governance: il peso del top management
Il primo asse di analisi del modello riguarda Strategia e Organizzazione. La presenza di una leadership che comprenda e promuova attivamente la trasformazione customer-centric è, secondo Zagaria, una condizione imprescindibile. Tuttavia, solo il 31% delle grandi aziende italiane ha un CEO promotore diretto delle iniziative di Customer Experience, percentuale che scende al 23% tra le PMI.
L’assenza di una figura interna dedicata alla CX o di un team responsabile rende più difficile tradurre la strategia in azione. Le organizzazioni che vantano un CEO direttamente coinvolto sono anche quelle che più spesso dispongono di ruoli interni dedicati, segno che la sponsorship dall’alto resta la leva più efficace per far evolvere la cultura aziendale.
Cultura e competenze: la conoscenza del cliente come leva competitiva
Il secondo asse, Competenze e Cultura aziendale, evidenzia un altro nodo critico. Anche quando esiste una strategia formalizzata, non sempre questa riesce a penetrare tutti i livelli dell’organizzazione. Le grandi aziende mostrano progressi nella diffusione di competenze digitali, ma spesso senza investimenti strutturati in formazione continua.
La conoscenza del Customer Journey risulta ancora frammentaria: molte imprese, spiega Zagaria, «non conoscono davvero i processi che caratterizzano il proprio cliente». È un limite che riduce la capacità di personalizzare l’offerta e di anticipare i bisogni del mercato. L’adozione di pratiche formative e di processi di ascolto interno rappresenta, in questo senso, uno degli elementi più rilevanti per costruire una customer experience B2B coerente e duratura.
CRM e dati: la sfida della conoscenza
Tra le quattro dimensioni esaminate, quella dedicata alla Conoscenza del Cliente è la più dinamica, ma anche una delle più critiche. L’innovazione tecnologica e l’introduzione di strumenti basati su intelligenza artificiale nel B2B stanno spingendo le aziende a raccogliere e analizzare dati sempre più aggiornati, ma la metà delle grandi imprese italiane non dispone ancora di un CRM capace di gestire in modo strutturato le informazioni sui clienti business.
Ancora più ridotta è la percentuale di chi utilizza analisi avanzate: solo il 17% delle grandi aziende effettua elaborazioni predittive o prescrittive, in grado di suggerire azioni concrete sulla base del comportamento dei clienti. L’integrazione dei dati rimane quindi un punto debole, nonostante la disponibilità di tecnologie abilitanti come i sistemi di Product Information Management (PIM), oggi adottati dal 21% delle grandi imprese e da appena il 6% delle PMI.
Relazione B2B e collaborazione di filiera
L’ultimo asse, quello della Relazione con il Cliente B2B, restituisce il punteggio più basso tra le dimensioni analizzate, con una media di 1,22 su 4. Le relazioni, spiega Zagaria, sono ancora spesso basate su una personalizzazione superficiale, fondata su dati anagrafici o su contenuti promozionali standardizzati.
La sfida principale riguarda la capacità di costruire fiducia e scambiare informazioni lungo la filiera. La condivisione dei dati tra produttori, distributori e clienti è ancora limitata, frenata da logiche di protezione del know-how o da infrastrutture digitali non interoperabili. Le aziende più mature mostrano invece un approccio più aperto, in cui la collaborazione informativa diventa un vantaggio competitivo.
L’evoluzione per settori: farmaceutico, largo consumo e beni durevoli
L’analisi dell’Osservatorio evidenzia differenze significative tra i diversi comparti industriali. Nel farmaceutico, la presenza di normative stringenti rallenta la trasformazione, ma si registra una crescita costante di aziende che investono sia a livello tecnologico sia organizzativo, in particolare tra le multinazionali.
Nei settori del largo consumo e del materiale elettrico, si osserva invece un movimento progressivo dagli stadi iniziali verso le fasi di sperimentazione. Qui la standardizzazione dei dati – grazie a protocolli condivisi come ETIM e GS1 – sta favorendo la comunicazione e l’interoperabilità tra partner di filiera.
Più avanzato appare il comparto dei beni durevoli, dove alcune imprese hanno sviluppato portali digitali e virtual showroom per presentare prodotti e documentazione tecnica ai rivenditori, ottimizzando la relazione anche in una prospettiva B2B2C. Nel finance e insurance, infine, la gestione della customer experience segue logiche più vicine al B2C, con una concentrazione maggiore di aziende nelle fasce più alte di maturità, tra gli Adopter e gli Strategic Deployer.
Dati integrati e partnership: la via alla maturità
Secondo Zagaria, gli elementi che contraddistinguono le imprese più mature nella customer experience B2B sono due: la valorizzazione dei dati, in termini di qualità, raccolta e integrazione, e la capacità di costruire partnership strutturate e basate sulla fiducia. «Serve attivare sempre di più delle collaborazioni con attori di fiducia, elevandoli al ruolo di partner per costruire relazioni di successo», ha concluso la direttrice dell’Osservatorio.
In un contesto in cui la relazione con il cliente B2B diventa un ecosistema condiviso, la maturità digitale non si misura più solo sulla base degli strumenti tecnologici adottati, ma sulla capacità delle aziende di trasformare i dati in conoscenza e la conoscenza in collaborazione. Una sfida ancora aperta, ma sempre più centrale nella competitività delle imprese italiane.
















