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Pubblicità online, cambiano i criteri per misurare la visibilità dei video

Nuova trasformazione importante nel mercato dell’advertising online, che segue i mutati comportamenti sui social degli utenti: il colosso GroupM (WPP), che acquista advertising online per conto dei più grandi brand mondiali, ha annunciato le nuove metriche con cui misura la Viewability sui siti. Cresce nel mercato italiano la richiesta di semplificazione

Pubblicato il 22 Ago 2017

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Nel mondo dell’Internet Advertising le abitudini e le tecnologie cambiano in fretta, l’industria cerca di tenere il passo ed è sempre più complesso per i marketer orientare gli investimenti e valutarne il reale impatto. L’ultima conferma arriva dalla recente decisione del più grande buyer di adv online, GroupM, di cambiare i criteri di misurazione che definiscono la viewability dei video nei social, utilizzati cioè per stabilire se una pubblicità online è realmente vista dai consumatori. Una decisione che può apparire tecnica ma che è molto importante per il mercato, considerato che il gigante di proprietà del gruppo WPP acquista advertising per oltre 100 miliardi di dollari l’anno per conto di colossi come Unilever, Ford e L’Oreal.

Nel dettaglio, i criteri sono stati allentati: ad esempio, rispetto al passato (le precedenti regole risalgono al 2014, prima di Snapchat), ora un video si considera visto se il 100% dei suoi pixel è in view per almeno un secondo (prima serviva il 50% del tempo), anche se parte da solo (autoplay, mentre prima era solo se attivato dall’utente), e anche se non ha l’audio. Sono cambiamenti che rispondono, secondo la società, alle mutate abitudini del pubblico, in particolare alla fruizione da Mobile, e dei social network (su Facebook e Twitter infatti ora i video sono di default senza audio). Sono in via di definizione accordi con le principali società di misurazione.

Le sfide per il futuro del mercato

In un recente convegno gli esperti degli osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano avevano sottolineato la forte esigenza di semplificazione in un mercato che sta diventando eccessivamente complicato agli occhi degli investitori come conseguenza della rapida evoluzione tecnologica. In gioco ci sono gli interessi di molti attori del sistema pubblicitario. In particolare, i ricercatori individuano cinque nodi da sciogliere per arrivare a un sistema di misurazione online attendibile e oggettivo.

La prima – e forse la più importante – è l’identificazione di una unità di misura unica, un sistema di currency riconosciuto e condiviso che consenta sia la creazione di benchmark tra le diverse iniziative pubblicitarie online, sia un confronto con gli investimenti e le performance sugli altri mezzi e al contempo una pianificazione integrata tra online e offline.

La seconda fa riferimento alla Media Transparency: gli investitori richiedono garanzie sul posizionamento del proprio brand (la cosiddetta brand safety), sulla capacità di misurare correttamente le visualizzazioni (anche rivedendo eventualmente gli attuali criteri di viewability), sulla protezione dalle frodi (ad fraud), sui target raggiunti, sulla certificazione dei risultati da parte di attori terzi e, infine, sulla suddivisione della fee lungo la filiera.

Un terzo grande problema da affrontare è la concorrenza ad armi impari con gli Over the Top (OTT). Questi ultimi non solo hanno economie di scala non confrontabili con quelli delle imprese italiane, ma non sono nemmeno certificati da enti terzi accreditati.

La quarta sfida riguarda le aziende investitrici che devono implementare strategie evolute di misurazione delle performance per valutare l’impatto dei diversi touchpoint sui risultati di business. Vision, tecnologia e competenze nell’utilizzo di grandi moli di dati sono gli ingredienti fondamentali per cogliere tale obiettivo.

Infine, appare necessario rafforzare le modalità con cui si valuta l’efficacia degli investimenti di comunicazione con obiettivi di branding, in un panorama in cui diviene sempre più importante discernere i meccanismi profondi alla base delle scelte degli individui. In questo senso la possibilità di disporre di insight che derivano da modalità avanzate di rilevazione (come ad esempio le informazioni ricavabili dai biosegnali ottenuti tramite tecniche di bio-marketing) può rappresentare per le imprese una fonte di forte vantaggio competitivo.

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