“L’indagine sulla gestione dei progetti di innovazione industriale ha dato conto di un’attuazione assai limitata, tale da far dubitare della funzionalità dello strumento ai fini prefissati di accrescimento della competitività del sistema imprenditoriale nazionale”.
Così, con linguaggio freddo e burocratico, la Corte dei Conti certifica il fallimento di Industria 2015, una storia che testimonia il difficile rapporto italiano con il mondo dell’innovazione. Era il 2008 quando l’allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani lanciò Industria 2015, un programma che avrebbe dovuto finanziare con ottocento milioni di euro i progetti innovativi delle imprese italiane.
Vennero presentati 303 progetti, ma a oltre sei anni di distanza si scopre che solo tre sono arrivati alla fine dell’iter ricevendo i finanziamenti promessi.
“Le somme complessivamente erogate – pari a 23.287.903,95 euro – ammontano al 3% di quelle impegnate, 663.239.227,45 euro risultano andati in perenzione (in pratica non sono stati utilizzati, ndr). Nessuna attuazione è stata data alle Azioni connesse ai Progetti” è la conclusione della corte.
Secondo i giudici le criticità più significative hanno riguardato i tempi molto lunghi necessari per giungere all’emanazione dei decreti di concessione (23-25 mesi in media), la poca stabilità dei programmi, soggetti a frequenti variazioni – anche prima del decreto di concessione – e proroghe oltre alla scarsità delle erogazioni richieste. Scarsa tempestività è stata anche riscontrata nel processo di nomina dei technical officer, le figure che avrebbero avuto il compito di dare una valutazione tecnico scientifica sui progetti.
Altri fattori che hanno complicato la vita del progetto sono da addebitare alla crisi economica e “all’incertezza che ha caratterizzato l’assetto istituzionale degli organismi demandati dell’attuazione dei Progetti – Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione mai divenuta effettivamente operativa nell’esercizio dei compiti di supporto e di istruttoria tecnico-scientifica per la valutazione dei Progetti, Istituto per la promozione industriale – titolare della funzione di supporto al Mise per la definizione e implementazione dei Progetti, soppresso a due anni dall’introduzione dello strumento – con la conseguente necessità dell’adozione di strumenti sostitutivi non sempre adeguati e comunque comportanti maggiori costi”.
In più, la collaborazione con Invitalia – incaricata di supportare l’Amministrazione “sono stati caratterizzati da incertezze negli schemi collaborativi, oggetto di recenti modificazioni i cui effetti dovranno essere puntualmente verificati”.
Poi è arrivato il governo successivo che a Industria 2015 ci credeva molto poco e infine la spending review che ha cancellato duecento milioni dei 663 in teoria ancora a disposizione. Il resto è stato congelato.
Uno dei progetti in ballo era Easy Rider, un’iniziativa che avrebbe dovuto rivoluzionare le strade italiane a colpi di veicoli e infrastrutture intelligenti. Come racconta l’Espresso, era un progetto da 31 milioni di euro che coinvolgeva trenta aziende, sei centri di ricerca, cinque università e otto centri pubblici. Un’iniziativa di sistema mai decollata perché le trenta società coinvolte dovevano presentare il Durc (documento unico di regolarità contributiva, è l’attestazione dell’assolvimento, da parte dell’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di Inps, Inail e Cassa Edile). Ma i tempi di raccolta erano così lunghi che una volta ottenuti tutti i documenti questi erano già scaduti. E così ripartivano le richieste.