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Censimento delle imprese Istat. «Siamo in un Paese di aziende “conservatrici”»

Le aziende italiane sono soprattutto “conservatrici”. Così le definisce l’Istat che nel 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi, spiega che di questo gruppo fanno parte quasi il 64% delle imprese. Tutti i dati e trend

Pubblicato il 05 Dic 2013

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Un Paese di aziende “conservatrici”. Così le definisce l’Istat che nel 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi, spiega che di questo gruppo fanno parte quasi il 64% delle aziende.

Relativamente più presenti nei servizi diversi dal commercio e delle costruzioni, hanno un profilo strategico semplice (poche strategie e per lo più difensive), con bassa propensione all’innovazione (innova circa il 20% delle imprese) e sono rivolte soprattutto ai mercati locali (circa il 67%). Forte la presenza delle imprese meridionali e, in misura inferiore del Centro.

Quattro sono le altre tipologie che spiegano l’universo delle imprese italiane. Le “dinamiche tascabili”: sono poco meno del 20% delle imprese. Hanno un profilo strategico articolato che punta su diversificazione produttiva e nuovi prodotti, esprimono un’elevata propensione innovativa (52%), ma sono ancora prevalentemente legate al mercato locale (55,8%).

Le “aperte” sono il poco più del 7% delle imprese, hanno una presenza piuttosto elevata di imprese industriali (il 42,7%), elevata internazionalizzazione (quasi il 70% opera sul mercato estero), apertura verso nuovi mercati (circa una su due) e capacità di attivare relazioni con altre imprese (100%). Inoltre vantano una forte propensione innovativa (59,1%).

Il terzo gruppo è quello delle “innovative” che vale il 7% delle imprese. Questo gruppo presenta un profilo settoriale abbastanza simile a quello medio. Dominano comportamenti innovativi, e forte propensione alle relazioni di collaborazione. Queste imprese hanno un forte orientamento al mercato domestico, alla competitività di prezzo e alla qualità del prodotto.

Infine, le “internazionalizzate spinte”, il 2,6% delle imprese. Una su due fa parte dell’industria, hanno un’apertura massima verso l’estero, così come la capacità di attivare relazioni (100%). Molto elevata anche la propensione ad innovare (68,9%). Flessibilità produttiva e diversificazione i più rilevanti fattori competitivi. Le strategie di queste imprese puntano maggiormente all’aumento della gamma di prodotti e all’accesso a nuovi mercati.

Nel censimento l’Istat traccia a anche un bilancio degli ultimi dieci anni che definisce come “Un decennio perduto di crescita della produttività del lavoro”. Con una crescita complessiva dell’1,6% in termini reali , la dinamica del Pil italiano è stata la più lenta tra tutte quelle dei paesi europei.

Tra il 2008 e il 2012, in particolare, è stato perso oltre l’80% della crescita realizzata dal 2000 al 2007. I dati più recenti mostrano timidi segnali di ripresa nel settore industriale, mentre nei servizi sembra persistere un quadro recessivo.

Sempre nello stesso periodo il sistema delle imprese ha mantenuto una connotazione fortemente incentrata sulla piccola dimensione aziendale: nel 2011 risultano attive circa 4,4 milioni di imprese, con 16,4 milioni di addetti.

L’utilizzo di Internet è lacunoso nel mondo delle microimprese. Il 77% delle imprese tra i 3 e 9 addetti dispone di una connessione. Il 65,7% utilizza un collegamento in banda larga ed il 16,5% una connessione mobile.

Tuttavia, il 42,2% delle microimprese reputa internet non necessario o inutile per l’attività che svolge. Le microimprese utilizzano internet soprattutto per i servizi bancari e finanziari (62,8%) o per ottenere informazioni (42,1%), ma anche per svolgere procedure amministrative interamente per via elettronica (26,9%). Un terzo delle microimprese utilizza un sito web o pagine internet.

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