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Istat, flussi documentali digitali e sempre più automatizzati. Le tappe del percorso di innovazione

L’Istituto di ricerca statistica sta realizzando, passo dopo passo, un ambizioso progetto evolutivo che dalla dematerializzazione dei processi documentali porterà gradualmente all’automazione delle procedure. A supportarlo, dal 2016, c’è Siav, lo specialista del document management. Parlano per Istat Concetta Ferruzzi Dirigente del Servizio Trasformazione digitale e analisi del rischio e Daniela Carbone Responsabile IT dell’area sistemi gestionali

Pubblicato il 07 Feb 2022

Immagine di PopTika da Shutterstock

Per un’organizzazione come Istat, che si occupa di analisi dei dati dal 1926, la digitalizzazione dei processi rappresenta un’evoluzione imprescindibile nell’ottica di affrontare con maggiore rapidità, efficienza e accuratezza una missione estremamente delicata: scattare una serie di fotografie complete e imparziali di una società, quella italiana, che cambia a ritmi incessanti.

Dematerializzazione e gestione intelligente dei flussi documentali assumono quindi un ruolo strategico nella creazione di un ambiente collaborativo e automatizzato, all’interno del quale le risorse umane possano gradualmente liberarsi dalle incombenze burocratiche e procedurali per dedicarsi alla produzione di insight sempre più accurati e di qualità. Del resto, sono molteplici le aree scandagliate dall’ente pubblico di ricerca: dai censimenti generali della popolazione, dei servizi, dell’industria e dell’agricoltura, passando per le indagini campionarie sulle famiglie per arrivare alle rilevazioni economiche generali, il lavoro dei dipendenti di Istat non conosce sosta e non ammette imprecisione.

L’evoluzione digitale di Istat

Se dal punto di vista delle funzioni svolte l’Istituto non ha bisogno di ulteriori presentazioni, per comprendere la portata del percorso – ma sarebbe meglio dire “dei percorsi” – di trasformazione della gestione documentale che Istat ha intrapreso, è bene citare qualche dato: con 25 sedi in Italia (sei a Roma più una per ciascuno dei capoluoghi delle altre regioni) e circa 2mila dipendenti, Istat ha generato in quattro anni 7,5 Terabyte di documenti. Nel solo mese di dicembre 2020, per la gestione del censimento generale dell’agricoltura, sono state smistate circa 800mila Pec. Sono numeri che aiutano a dare un’idea della complessità che l’Ente gestisce quotidianamente.

La nuova piattaforma digitale di document management si inserisce nell’ambito di un ambizioso progetto di digital transformation. Ad affiancare i team tecnici nella realizzazione del piano c’è Siav, gruppo specializzato nelle soluzioni avanzate di dematerializzazione, gestione e conservazione documentale, con focus sulle applicazioni e sui servizi che aiutano imprese e pubbliche amministrazioni a snellire i workflow grazie all’adozione di tecnologie digitali.

«Il piano è stato avviato nel 2016, con un programma strategico di digitalizzazione che ha preso le mosse dalle componenti amministrative», spiega Concetta Ferruzzi, Responsabile del Servizio Trasformazione Digitale e analisi del rischio di Istat.

«Il roll out della piattaforma ha innescato un circolo virtuoso che ha avuto notevoli ricadute su diversi ambiti, coinvolgendo anche i sistemi relativi ai concorsi e, più di recente, generando un impatto positivo sugli accordi per il lavoro agile. Al momento ci stiamo concentrando su nuove componenti di integrazione».

Daniela Carbone, Responsabile IT della piattaforma documentale per Istat, condivide le premesse e gli orizzonti di un piano che la manager non esita a descrivere come «ben definito, ampio, vario. Prima di ogni altra cosa», spiega Carbone, «volevamo accelerare il passo sul percorso di digitalizzazione dell’istituto, con l’obiettivo di inserire strumenti di firma elettronica a norma all’interno dei flussi approvativi, e migliorare al tempo stesso l’efficacia dei processi attraverso l’introduzione di nuovi meccanismi di monitoraggio. In seconda battuta, intendevamo muoverci verso l’interfacciamento con i vari gestionali, Sap in primis, per accrescere l’integrazione dei dati e diminuire di conseguenza la replica degli archivi digitali nell’utilizzo delle varie applicazioni. Ci siamo fin da subito imposti una regola: dovevamo mettere il sistema documentale al centro, e far girare i processi intorno a questa nuvola per evitare di generare operazioni ridondanti».

Ferruzzi e Carbone ricordano come prima del 2016 il funzionamento dei workflow fosse drasticamente diverso. «Esistevano diversi protocolli, e tutto veniva gestito manualmente su supporti prevalentemente cartacei, con l’invio e la ricezione di raccomandate postali per qualsiasi tipo di comunicazione e pec non integrate nel sistema documentale. Oggi invece disponiamo di un sistema di supporto in grado di automatizzare un numero sempre maggiore di operazioni. In aggiunta a questo, tutti gli elementi documentali vengono convogliati in un unico repository e sono per questo facilmente rintracciabili. La piattaforma, inoltre, si rivelerà strategica quando a gennaio 2022 entrerà in produzione il nuovo sistema amministrativo – contabile, basato su un archivio digitale che consentirà un approccio più strutturato anche alla gestione del ciclo attivo e passivo».

L’apporto della piattaforma Archiflow di Siav

Più nel dettaglio, Istat ha implementato Archiflow, la piattaforma di document management di Siav in grado di digitalizzare i processi di firma attraverso un motore di workflow che abilita la redazione, la gestione, la condivisione, l’approvazione tramite firma (digitale tramite Otp da mobile) di documenti di varia natura. Ogni file, al termine del processo, viene protocollato automaticamente dal sistema, archiviato e posto in conservazione. La documentazione in uscita, inoltre può essere condivisa via Pec (standard o massiva). Nel caso di Istat, queste prerogative si sono dimostrate vincenti in tre applicazioni specifiche.

Rispetto alle attività legate alla gestione informatizzata dei flussi di comunicazione delle principali Rilevazioni Istituzionali , Archiflow ha semplificato notevolmente le procedure inizialmente cartacee, attraverso l’utilizzo della PEC con invii massivi e l’implementazione di nuovi workflow che hanno dato vita ad una gestione dematerializzata della documentazione grazie alla creazione del fascicolo digitale di indagine

D’altra parte, l’integrazione con la piattafoma Sol (Selezioni On Line), che gestisce le domande di partecipazione e concorsi interni ed esterni, ha permesso di reperire modelli documentali da Archiflow ed esporli tramite il portale, protocollando e classificando in automatico nel sistema tutte le domande di partecipazione ai concorsi inserite tramite il sito Internet.

Attraverso la piattaforma documentale Archiflow e i cruscotti integrati su Sap, infine, la gestione del ciclo attivo e passivo, grazie alla digitalizzazione, risulta più efficiente: attraverso il Sap Link, connettore certificato, il sistema documentale diventa il content repository principale per la gestione dei documenti contabili. L’interfaccia con il Sistema di Interscambio permette di inviare e ricevere le fatture elettroniche di clienti e fornitori integrandole all’interno dell’Erp, facendo leva su una serie di strumenti in grado di semplificare l’operatività degli utenti e snellire i processi di emissione e registrazione delle fatture.

«Non dimentichiamo che Archiflow è stato fondamentale anche per agevolare il lavoro da remoto durante l’emergenza sanitaria», dice Concetta Ferruzzi. «L’avere già in esercizio da due anni il sistema di gestione documentale con gli iter di approvazione digitalizzati ci ha garantito la continuità operativa anche nelle prime fasi della pandemia: di fatto, nel 2020 lo switch c’era già stato, e l’introduzione dello smart working non è stato per nulla traumatico, visto che, grazie all’integrazione online, implicava sostanzialmente le stesse modalità di utilizzo di strumenti ormai noti».

Processi sempre più snelli e automatizzati

Ma all’atto pratico, in che modo il processo di dematerializzazione ha influito sulla quotidianità di chi lavora in Istat? «Dal 2018 tutto l’iter approvativo degli atti ufficiali è automatizzato», spiega Concetta Ferruzzi. «Nel momento in cui si ha la necessità di predisporre una delibera, il sistema identifica gli atti e i flussi di distribuzione e istituisce un percorso – scelto tra un numero limitato di fattispecie standard – con tappe precise che vengono monitorate costantemente». Se in passato ogni volta che veniva inoltrata una richiesta di aggiornamento partiva una lunga e complessa ricerca per capire dove fosse arrivata la pratica, chi se ne stesse occupando e per quale motivo non fosse tornata indietro, oggi è sufficiente aprire la cartella condivisa e individuare quale tratto del processo stanno attraversando i documenti. Merito anche di un linguaggio finalmente uniformato, grazie al quale è possibile intendersi senza fraintendimenti sugli atti in arrivo e quelli in partenza, superando i limiti della singola prospettiva di ciascun utente.

L’automazione degli iter di approvazione e firma ha avuto un impatto significativo anche sul fronte organizzativo, azzerando i tempi di trasmissione tra una sede e l’altra e rivoluzionando il lavoro di protocollazione nelle segreterie, che ora sono principalmente impegnate nell’analisi preliminare e istruttoria della competenza dei contenuti di ciascun atto. «Stiamo dando vita a un nuovo piano di classificazione della documentazione, sanando un vuoto che esisteva da 60 anni», aggiunge Ferruzzi, «integrando nuove skill oltre che nuovi strumenti. All’inizio, infatti, la piattaforma veniva vissuta più come un social che come un gestionale. Ma è importante capire che anche se il digitale semplifica moltissimo l’operatività, bisogna utilizzare determinate cautele per far sì che ciascun documento arrivi puntualmente sulla scrivania giusta».

Il valore della partnership con Siav e le prospettive future

Le competenze digitali in Istat sono maturate attraverso oltre 400 ore di formazione in aula erogate nel corso di due anni. A queste si sono aggiunti, man mano che la piattaforma si arricchiva di nuove funzioni, webinar su topic specifici e programmi di training e formazione supportati da aule virtuali. «Anche da questo punto di vista, Siav è stato un punto di riferimento lungo il percorso di cambiamento», commenta Daniela Carbone. «Molto più di un semplice fornitore, Siav è un partner che continua ad affiancarci offrendoci soluzioni che si traducono in innovazione sul piano tecnico e organizzativo, aiutandoci a tradurre le nostre esigenze in risposte concrete attraverso il match tra i bisogni di ciascun ufficio e le opportunità offerte dalla tecnologia. Grazie a un supporto H24, Siav riesce a essere puntale non solo rispetto a interventi pianificati, ma anche quando si tratta di affrontare situazioni repentine, che non sono rare in Istat», confessa Carbone.

«Con Siav abbiamo costruito un vero e proprio team integrato», aggiunge Ferruzzi. «Pur nel rispetto dei rispettivi ruoli, che è fondamentale per avere sempre riscontro sugli obblighi del contratto, si è creato un gruppo di lavoro coeso che affronta insieme questioni di varia natura e individua di volta in volta soluzioni in grado di generare il risultato migliore possibile, senza mai venir meno alle necessità e agli equilibri dell’organizzazione».

Forte di questa partnership, Istat punta ora a perfezionare la trasformazione del vecchio faldone cartaceo in un fascicolo digitale organizzato e classificato a norma. «Il progetto non è ancora operativo al 100%, ma è in crescendo», dice Carbone. «In questo senso, la stella cometa per noi è la creazione del Fascicolo digitale del personale. Un pezzo fondamentale per la quadratura del cerchio rispetto al tema della dematerializzazione dei processi: vogliamo dare vita a un fascicolo che non sia solo il luogo di conservazione della documentazione relativa ai collaboratori, ma che sia in grado anche di esprimere l’evoluzione del rapporto che le risorse umane sviluppano con Istat nel tempo».

E il cloud? «Non ancora è il momento di parlarne», chiosa Ferruzzi. «Lavoriamo all’interno di un’organizzazione molto grande e complessa, e ogni cambiamento necessita di passaggi burocratici e step approvativi. Preferiamo procedere per gradi anche perché siamo consapevoli dell’impatto che ciascuna trasformazione può avere all’interno dell’istituto. La meta è chiara, e lo è anche il percorso da fare per raggiungerla. Ma ci muoviamo in maniera cauta, con piccoli, costanti progressi – che vanno comunque a generare grandissimi risultati».

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