legislazione

Se il software usato si può rivendere

Le conseguenze della sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha stabilito che l’autore di un software non può più opporsi alla rivendita delle licenze acquistate con durata illimitata. Una novità importante che potrebbe stravolgere la strutturazione dei contratti di licenza d’uso.

Pubblicato il 31 Ott 2012

sviluppo-software-qualità-150323161708

Il 3 luglio 2012 la Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi in ultimo grado su un caso che ha riguardato la commercializzazione di licenze “usate” di software scaricato via internet e il connesso esaurimento del diritto di distribuzione (cioè l’impossibilità per il vendor di controllare la cessione da parte dell’acquirente).

In particolare Oracle ha contestato la condotta adottata da UsedSoft, attiva nella rivendita dei software Oracle originariamente commercializzati ai clienti tramite contratti di licenza d’uso di durata illimitata.

I clienti, non più interessati a usare tali prodotti, hanno quindi ceduto i software non riportati su dischi rigidi a UsedSoft che successivamente li ha posti in commercio.

UsedSoft, inoltre, ha offerto “promozioni speciali Oracle”, vendendo licenze “attuali”, accompagnate da contratti di manutenzione attivi con Oracle e pubblicizzando che la prima vendita risultava provata da un attestato notarile. I clienti della UsedSoft, una volta acquistata la licenza usata, potevano scaricare la copia tramite download dal sito internet della Oracle.

Secondo la software-house l’attività dell’azienda tedesca era da ritenersi in contrasto con le normative in vigore, in particolare con le direttive europee in materia di diritto d’autore.

La domanda di pronuncia pregiudiziale ha quindi avuto come oggetto l’interpretazione degli artt. 4, par. 2 e 5, par. 1, della direttiva europea n. 24 del Parlamento e del Consiglio del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore.

La causa è stata impostata su tre punti:

  • occorreva stabilire se la licenza Oracle con durata illimitata costituisse una vendita e in quanto tale trasferisse la proprietà del software a titolo definitivo;
  • se la vendita, laddove configurata, esaurisse il diritto esclusivo del produttore, il quale, una volta venduto il proprio software, perdeva il possesso sullo stesso e conseguentemente non poteva condizionarne la successiva circolazione;
  • se l’esaurimento del diritto di distribuzione si applicasse anche nei casi di circolazione “liquida” del software, vale a dire su internet ed in assenza di un supporto fisico che lo riproducesse.

L’art. 4, par 2, della suddetta direttiva, stabilisce che “la prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di distribuzione della copia all’interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l’ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso”.

Ebbene, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che quando il titolare del diritto d’autore mette a disposizione del proprio cliente una copia, sia essa tangibile o intangibile, e conclude contestualmente un contratto di licenza d’uso, dietro corrispettivo, mediante il quale concede al cliente il diritto di utilizzare la copia del programma per una durata illimitata, il titolare del diritto realizza una vendita della copia medesima, operazione in virtù della quale esaurisce il diritto esclusivo di distribuzione e cede il diritto di proprietà della copia.

Essenzialmente quindi la licenza illimitata della copia di software scaricata via internet deve intendersi alla stregua di una cessione di fatto, aprendo così il campo al principio dell’esaurimento dei diritti d’autore su tale copia. La Corte ha, infatti, qualificato l’accordo come vendita in base al fatto che si è in presenza di una cessione di un bene o di un servizio a tempo indeterminato a fronte del pagamento di un prezzo; conseguentemente, la distribuzione di un software implica, nel caso in questione, il trasferimento di un diritto analogo a quello di proprietà della singola copia.

Con riferimento alla questione relativa all’applicazione del principio dell’esaurimento del diritto di distribuzione a qualsivoglia copia, tangibile o intangibile, Oracle ha sostenuto di non porre in vendita i propri software in quanto scaricabili gratuitamente tramite download ma solamente di concederli in licenza. La Corte ha stabilito, tuttavia, che in ragione dell’applicazione della tutela del software a qualsiasi forma di programma per elaboratore, anche se incorporati nell’hardware”, la vendita di un programma su supporto fisico è equiparabile a quella operata tramite download. Di conseguenza, quindi, deve intendersi lecita la successiva cessione dei software acquistati via internet purché, sottolinea la Corte, l’acquirente iniziale di una copia tangibile o intangibile di un programma per la quale il diritto di distribuzione del titolare sia esaurito, renda, al momento della rivendita, inutilizzabile la copia scaricata sul proprio computer.

Le conseguenze della sentenza

La Corte di Giustizia Europea, in definitiva, ha assunto posizione favorevole rispetto alla problematica riguardante la commercializzazione di licenze usate relative a programmi per elaboratore scaricati via internet. In particolare, in virtù dell’esaurimento del diritto di distribuzione è legittimo l’acquisto di software usato da parte di terzi. Quindi, l’autore di un software non può opporsi alla rivendita delle proprie licenze usate che permettono di utilizzare i suoi programmi scaricati via internet.

È bene, inoltre, specificare che qualora la licenza acquisita dal primo acquirente preveda un numero di utenti che vada al di là delle sue esigenze, questi non è autorizzato a scindere la licenza e a rivenderla parzialmente. La cessione deve riguardare infatti la licenza in toto.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea è di significativa importanza e fortemente attuale per la tematica che prende in considerazione in quanto potrebbe stravolgere la strutturazione dei contratti di licenza d’uso: anche se il contratto vieta una successiva cessione, infatti, il titolare del diritto non può opporsi alla rivendita della copia. Quindi, la clausola riguardante il divieto di cessione a terzi del contratto, qualora ancora esistente, dovrà intendersi nulla.

Probabile è anche che le software house corrano ai ripari cercando strade alternative e più vantaggiose.

La Corte, infatti, ha precisato che si è in presenza di vendita nel caso in cui si ottenga il diritto di utilizzare la copia “senza limitazioni di durata” e ha distinto tra servizio on-line e offerta di software on-line tramite download. Pertanto, le aziende potrebbero indirizzarsi verso la realizzazione di licenze con durata temporale limitata e fornire software solo in modalità as-a-service e non più tramite download.

Gabriele Faggioli, legale, Partner ISL – MIP-Politecnico di Milano 

Chiara Calafiore, laureata in Economia e gestione delle imprese – Tesi sui diritti sul software

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 3