Interviste

Ram Charan: “Grandi opportunità per le PMI italiane”

A margine del World Business Forum, abbiamo avuto l’occasione di incontrare il Professor Charan e di chiedere un commento su alcuni temi trattati nel suo speech, oltre che le impressioni ricevute negli incontri organizzati con alcuni imprenditori italiani. (clicca qui per leggere l’articolo tratto dallo speech di Ram Charan al World Business Forum)

Pubblicato il 01 Dic 2010

charan-160045-120906154507

Professor Charan, uno dei suoi suggerimenti è
“Right people in the right jobs“, ovvero le persone
giuste nei posti di lavoro più adatti. Ma identificare il
talento di una persona non è un compito facile: cosa suggerisce
come punto di partenza?


Due cose. In primo luogo dobbiamo considerare che ogni genitore
cerca il talento nel proprio figlio, così come ogni insegnante
nei propri alunni: è una competenza naturale, da esercitare. È
difficile, certo, ma si può migliorare. In secondo luogo,
bisogna essere onesti quando si osserva una persona per
valutarla. È questa la parte più difficile. Ma se si parla
mettendo in evidenza gli aspetti positivi, evitando invece quelli
negativi, le persone saranno oneste e si apriranno. Continuate a
lavorare su questo e vi differenzierete dagli altri.

In questo viaggio in Italia, un Paese di PMI, lei ha
potuto parlare con diversi manager. Che impressione ne ha
tratto?


Sono rimasto molto colpito dal grande desiderio dei manager
italiani di imparare e di fare cose. Ho notato una certa
frustrazione verso il governo e i sindacati. Ma una piccola
azienda italiana può muoversi e creare business, non ho dubbi su
questo. Gli italiani sono stati capaci di fare grandi cose in
molti settori, dal lusso alla ristorazione. L’Italia non
può essere equiparata all’America o alla Cina: è un Paese
neutrale, come la Svizzera o Singapore. Le piccole imprese, in
particolare, hanno una grande opportunità rispetto alle grandi,
quella di espandersi in India, Cina, Brasile senza che il governo
interferisca nelle loro attività.

Ha citato il suo Paese, l’India. Come vede la
crescita tumultuosa di questa grande nazione?


L’India sta crescendo molto e ha un enorme numero di
imprenditori, che si stanno espandendo in Asia e in Africa.
Stanno acquisendo compagnie americane e le stanno trasformando.
Ma l’inflazione è forte ed è necessario migliorare le
infrastrutture. Molti Executive di successo sono stati educati in
Europa e Stati Uniti, quindi il modo di fare business è simile,
ma conservano un aspetto peculiare degli indiani, culturale, che
è quello di dedicare parte dei guadagni in beneficienza.

Le tecnologie ICT sono una grande opportunità per
innovare il modo di condurre il business. Non a caso al WBF uno
dei principali sponsor è SAS, che fornisce ai manager preziosi
strumenti di intelligence. Nella sua esperienza di consulente,
quali sono le implicazioni dell’avvento delle nuove
tecnologie digitali?


Ci sono molti aspetti da considerare ed enormi implicazioni,
anche limitandoci al business. Le tecnologie ICT hanno
enormemente aumentato la velocità dell’Execution e al
contempo hanno accelerato la commodization. Un altro aspetto è
legato a Internet, che consente oggi di incrementare le
dimensioni del business molto rapidamente. Ciò porta, come
effetto opposto, alla morte rapida di tutti quelli che non lo
fanno. All’interno delle organizzazioni, poi, le tecnologie
aiutano a eliminare passaggi inutili, a prendere decisioni
velocemente e anche a correggere in fretta decisioni
sbagliate.

Lei sostiene che bisognerebbe liberarsi del Power Point.
È inoltre convinto che il valore delle persone sia nella
conversazione: dobbiamo liberarci anche delle email?


Comunicare è necessario, in vari modi, ma penso che oggi
circolino troppe mail e questo fenomeno vada controllato, anche
limitando la lunghezza dei testi. Lo stesso discorso vale per gli
SMS. Io dedico del tempo a ogni SMS, sono molto preciso, chiaro,
vado al punto con poche parole, senza abbreviazioni e usando
virgole e punti. Bisogna farlo sempre. Questa è una competenza
che va acquisita nel tempo. Dieci anni fa ho scritto il mio primo
articolo per Fortune, “Perchè i CEO falliscono”, e
mi hanno affiancato un bravissimo giornalista che ha eliminato
dal mio testo moltissime parole: ero davvero stupito, è stato un
grande insegnamento.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4