Interviste

L’Italia? È pronta alla rivoluzione Software Defined, ma serve un approccio olistico

La ricetta NetApp: la tecnologia Flash ha raggiunto la massa critica per essere accessibile, e il Data Fabric è la chiave per massimizzare le potenzialità dell’Hybrid Cloud, liberando nuove applicazioni e opportunità. «Il mercato ha bisogno di un cambiamento, è il momento giusto per crescere». Parla il Senior Vice President & General Manager EMEA Alexander Wallner

Pubblicato il 23 Gen 2017

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Alexander Wallner, Senior Vice President & General Manager EMEA di Netapp

Le condizioni migliori per aggredire il mercato? Un’economia sotto pressione e una nuova generazione di soluzioni tecnologiche che finalmente ha raggiunto la massa critica per essere offerta a prezzi accessibili. È il punto di vista di Alexander Wallner, da poco appuntato Senior Vice President & General Manager EMEA di NetApp, e non a caso rispecchia la situazione che il manager deve affrontare ora che, oltre a seguire i Paesi dell’Europa centrale, deve anche stimolare la crescita del business nell’area mediterranea.

«L’obiettivo è riuscire a muoverci indipendentemente dai fondamentali economici e dal nostro tasso di penetrazione attuale, guadagnando market share primariamente attraverso la tecnologia Flash», spiega Wallner. Basta pensare alle (scarse) risorse investite in ICT nella Penisola (65 miliardi di euro nel 2015, +1% rispetto all’anno precedente secondo Assinform) per rendersi conto che i margini di miglioramento ci sono eccome. E considerando che le voci trainanti per il prossimo triennio sono soprattutto Cloud, Iot e Big Data in uno scenario caratterizzato da un parco tecnologico in molti casi obsoleto, le premesse per ottenere buoni risultati non mancano. «Del resto, nel corso della sua storia Netapp è sempre cresciuta nei momenti più difficili. Quando le cose vanno bene, i clienti non hanno stimoli per cambiare».

Flash e Data Fabric sono le vostre parole d’ordine da anni. Come le declinate ora che il mercato sembra averle recepite?

È vero: le piattaforme di Data management in Cloud stanno diventando una realtà e la tecnologia Flash ha raggiunto costi per Gb finalmente accessibili. La crescita è enorme e sul piano delle prestazioni parleremo nel giro un anno e mezzo di capacità da 200 Tb come di uno standard. È quindi arrivato il momento di parlare anche dei benefici tangibili offerti da Flash, dal minor consumo di energia elettrica all’abbattimento dei costi per la climatizzazione, per esempio. Rispetto al concetto di Data fabric, la nostra value proposition non è cambiata. Imporre uno standard non porta da nessuna parte, perché ogni organizzazione ha le proprie regole, senza contare che molti dei nostri clienti ancora non hanno implementato una vera strategia Cloud.

Parla di integrazione tra Public e Private?

Esatto. Lo sa che non più di sei mesi fa molti dei miei interlocutori mi garantivano che non avrebbero mai usato i servizi di AWS? Non lo faremo mai, mi ripetevano, ed ecco che dopo sei mesi è cambiato tutto. E in questo senso, il Data Fabric dà l’opportunità di rendere disponibili i dati ovunque, indipendentemente dall’hardware, pur mantenendoli su layer solidi e affidabili. Ai valori dell’IT vecchia scuola, che sono efficienza, prevedibilità e disponibilità si aggiungono due ulteriori opportunità: la facoltà di creare nuove applicazioni e e di integrarle con i dati, a prescindere da dove sono conservato. Ecco il vero plus delle architetture di ultima generazione.

Il mercato italiano è pronto a recepire un’offerta basata su soluzioni Software Defined?

Non c’è un modo univoco per definire l’approccio Software Defined. Dal nostro punto di vista si tratta di tecnologie di storage che sono state completamente virtualizzate, grazie alle quali è possibile rilasciare servizi a prescindere dalle piattaforme in uso e dai vendor a cui ci si è affidati. Il vero discrimine, oggi, sta nella domanda “cosa vuole ottenere un’organizzazione?”, e in effetti quel che manca davvero è la discussione all’interno dell’impresa, la disponibilità ad affrontare il tema del Bimodal IT, che è poi la ricerca di un equilibrio tra innovazione continua e manutenzione dei sistemi già in uso. Ora che l’offerta è enterprise-ready, il nostro lavoro – e quello dei partner – consiste anche nell’innescare questa discussione per fare chiarezza sull’agenda che ciascun cliente intende tracciare.

A proposito di partner, chi vi guiderà maggiormente verso i clienti italiani: reseller, system integrator, telco?

È lo sforzo di un intero ecosistema, non ci sono più ruoli predefiniti. Quando di parlava di mainframe e virtualization si partiva dalla prospettiva e dall’offerta dei vendor, ora viviamo la prima trasformazione del settore guidata interamente dalle esigenze dei clienti. L’aspetto più interessante è che, proprio perché nessuno può porsi come tuttologo, si rende necessario un approccio olistico. Quindi aziende che sono nostre concorrenti su altre aree possono collaborare con noi su progetti specifici, mentre si creano nuove opportunità per i partner locali, anche di piccole dimensioni, che dimostrano buona focalizzazione e conoscenza del territorio. Serve però un cambio di marcia rispetto alla logica dei reseller puri, che a mio avviso devono puntare maggiormente sulle attività consulenziali. L’appetito dei clienti nei confronti della tecnologia fine a se stessa è diminuito drasticamente, le imprese si aspettano risposte ai loro problemi di business. Le priorità sono sempre più diversificate, e vanno dalla massimizzazione dell’efficienza dei processi attraverso piattaforme Internet of Things a processi di digitization dell’organizzazione, fino all’estrazione del valore dai dati per dare vita a insight e strategie. In uno scenario così radicalmente cambiato a volte vinceremo noi, altre volte avranno la meglio i concorrenti. L’importante è che, specialmente quando si parla di Hybrid Cloud, si apra un dialogo sulle reali esigenze dei clienti, in modo da costruire su tecnologie sempre più standardizzate soluzioni sempre più personalizzate.

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