Editoriale

Imprese transnazionali e sovranismo: i dissidi fra Stati scuotono i mercati

I due clamorosi arresti di Meng Wanzhou, CFO di Huawei, e Carlos Ghosn, CEO di Renault, sembrano non essere fatti isolati. Il lungo processo di globalizzazione iniziato negli anni ottanta è a un punto di svolta

Pubblicato il 13 Dic 2018

sovranismo

Meng Wanzhou, CFO di Huawei e figlia del fondatore, è rimasta in prigione a Vancouver per 12 giorni ed è ora [12 dicembre] agli arresti domiciliari, in attesa che la magistratura canadese decida se estradarla negli Stati Uniti, che ne avevano richiesto l’arresto con l’accusa di aver attivato in modo fraudolento (attraverso una controllata) rapporti con l’Iran: accusa che, almeno sulla carta, le potrebbe costare una condanna sino a 30 anni di carcere. Huawei – 92,5 miliardi di $ di ricavi nel 2017, 7,3 di utile netto e 13,8 di investimenti in R&D – è la prima società del mondo, davanti al leader storico Ericsson, negli apparati per telecomunicazioni e la seconda alle spalle di Samsung, dopo avere di recente superato Apple, per numero di smartphone venduti.

Carlos Ghosn, uno dei personaggi più famosi del mondo dell’auto, CEO di Renault e Chairman di Nissan dopo averla salvata ed esserne stato per molti anni il CEO, è detenuto dal 19 novembre nelle carceri giapponesi (per tre settimane senza poter nemmeno consultare il suo avvocato come la legge locale permette), con l’accusa di aver nascosto – nelle comunicazioni sociali e al fisco giapponese – parte delle remunerazioni ricevute da Nissan. L’alleanza strategica Renault-Nissan-Mitsubishi, messa in piedi da Ghosn, è leader mondiale per numero di auto vendute davanti a Volkswagen e Toyota: Renault (con il 43,4 % delle azioni) è il maggior azionista di Nissan, che possiede a sua volta il 15% delle azioni di Renault ed è diventato di recente il primo azionista (con il 34%) di Mitsubishi.

Perché mettere insieme questi due casi, relativi a settori diversi e ad accuse anch’esse molto differenti fra loro? Perché, al di là della colpevolezza (su cui ovviamente non sono in grado di esprimermi), mi colpisce l’uso brutale della carcerazione preventiva, assolutamente inconsueto per personaggi di questo livello quando cittadini di altri Paesi. Ma mi colpisce soprattutto il fatto che dietro a questi arresti ci siano profondi dissidi fra Stati: fra il governo statunitense e quello cinese, nel caso di Meng Wanzhou; fra il governo giapponese e quello francese, nel caso di Carlos Ghosn. Che dietro a questi due casi sia ben visibile la deriva in atto a livello mondiale verso – usando un termine abusato – il sovranismo, come reazione al lungo processo di globalizzazione iniziato negli anni ottanta con Ronald Reagan e Margaret Thatcher e alla connessa crescita, nella dimensione e nel potere, delle imprese transnazionali.

Huawei è al centro del forte scontro in atto, fra Stati Uniti e Cina, sul riequilibrio dei flussi commerciali ma ancor più sul dominio strategico delle tecnologie digitali: l’attacco personale a uno dei suoi top manager di punta fa seguito alla spinta esercitata verso i governi dei Paesi amici a mettere al bando Huawei stessa, per il rischio che i suoi impianti rappresentino uno strumento di spionaggio a favore della Cina.

Il dominio di Renault su Nissan è vissuto con forte fastidio dal governo giapponese soprattutto da quando, nel 2015, il governo francese (con Macron ministro dell’economia) tentò di assumere il controllo diretto di Renault – attraverso l’acquisto di azioni che lo portarono dal 15 (la stessa quota detenuta da Nissan) al 19,7% del capitale e il raddoppio del peso in assemblea sulla base di una legge volta a favorire gli azionisti di lungo termine – ma fu poi costretto a congelare tale raddoppio dalla vigorosa reazione del governo giapponese stesso. Un fastidio che nasce anche dalle cifre: la controllante Renault “vale” 16,34 miliardi di €, poco più della partecipazione detenuta in Nissan (che ne vale 30). L’arresto di Ghosn è funzionale alla sua defenestrazione e alla probabile rottura dell’alleanza strategica, con un riassestamento delle quote azionarie.

Huawei e Nissan non sono casi isolati. Proprio in questi giorni un tribunale cinese ha deciso a sorpresa, nell’ambito del contenzioso fra Apple e Qualcomm, di inibire la vendita in Cina dei modelli di smartphone della Apple stessa oggetto delle accuse. E non passa giorno in cui la commissaria UE alla concorrenza Margrethe Vestager non pensi – innervosita dall’assenza di grandi imprese europee in grado di competere nell’ambito digitale – a qualche nuova possibile accusa da rivolgere alle big tech statunitensi, Alphabet-Google e Facebook in primo luogo: qualche volta a ragione, ma spesso più (a mio avviso) per mera volontà distruttiva.

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