Approfondimenti

Editoriale – Cina e Stati Uniti, il confronto è aperto

Sul tema Cina Paul Krugman (Nobel 2008 per l’economia) non appare nella sua intervista particolarmente preoccupato: convinto com’è della possibilità della stessa di convertirsi a un modello di crescita più basato sulla domanda interna

Pubblicato il 20 Ott 2010

Economia

Sul tema Cina Paul Krugman (Nobel 2008 per l’economia) non appare nella sua intervista particolarmente preoccupato: convinto com’è della possibilità della stessa di convertirsi a un modello di crescita più basato sulla domanda interna. Giuliano Noci, che tratta il tema molto più estensivamente nella cover story, pone l’accento non solo sui successi (la Cina sta conquistando la seconda posizione per PIL alle spalle degli Stati Uniti) ma anche sugli squilibri interni e i problemi (tra cui quello ambientale) che la velocissima crescita ha provocato nel paese e sulle sfide che dovranno essere affrontare per portare a livelli di vita più accettabili quelle centinaia di milioni di persone che sono rimaste sinora ai margini del miracolo. Nel frattempo molte cose si stanno muovendo. La maggiore sensazione di forza – derivante anche dalla crescente influenza politica in diverse aree del mondo – e la nascita di un nuovo nazionalismo spingono il governo a comportamenti potenzialmente generatori di conflitti. Aumenta la tensione con i paesi asiatici circostanti, in primo luogo con il Giappone, per i diritti territoriali che la Cina si è arrogata unilateralmente su un insieme molto esteso di piccolissime isole che la circondano: con l’effetto paradossale ad esempio di riavvicinare il Vietnam agli Stati Uniti.

Aumenta la preoccupazione delle multinazionali che hanno investito in Cina, per una politica che sembra volta a privilegiare le imprese cinesi, e quelle a partecipazione pubblica in particolare, e a pretendere la cessione di tecnologie di punta (il dibattito più recente riguarda le auto elettriche e ibride) in cambio dell’accesso sostanziale al mercato interno. Aumenta la tensione sui mercati delle materie prime: nel petrolio, ove la Cina deve assicurarsi i quantitativi necessari per la crescita; ma anche ad esempio nelle terre rare (indispensabili per alcuni dei settori tecnologicamente più innovativi), ove la Cina – che ne ha le maggiori riserve – ha deciso di razionare selettivamente l’export. È soprattutto sempre più tangibile l’atmosfera di confronto con gli Stati Uniti, che presumibilmente rappresenterà il leit-motiv dei prossimi decenni se gli squilibri interni non porteranno a brusche frenate: un confronto che al momento si focalizza su tematiche quali quella del tasso di cambio, che ha portato ad esempio la Camera quasi all’unanimità a concedere a Obama il potere di tassare l’import dei prodotti cinesi, ma che trova radici molto più profonde nel timore del sorpasso e del ridimensionamento della leadership globale statunitense.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4