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L’azienda bionica, l’ultima frontiera della rivoluzione digitale. Parola di BCG

10% di algoritmi, 20% di tecnologia e informatica, 70% di attività industriale e capitale umano è il giusto mix che rende un’azienda bionica, secondo il nuovo studio realizzato da Boston Consulting Group. Solo le realtà che attuano investimenti coraggiosi in tecnologia, che sfruttano le potenzialità dell’analisi dei dati e dell’AI, che riqualificano la forza lavoro e attraggono i migliori talenti digitali possono essere capaci di superare le crisi

Pubblicato il 03 Dic 2020

azienda bionica

In grado di intrecciare perfettamente le nuove tecnologie con le capacità umane dando vita a organizzazioni più efficienti e produttive, l’azienda bionica rappresenta la nuova frontiera della rivoluzione digitale ed è in grado di sviluppare un vantaggio competitivo tale da assicurarle la sopravvivenza anche durante le crisi come quella generata dalla diffusione del Coronavirus. Ad affermarlo è lo studio pubblicato da Boston Consulting Group (Bcg) dal titolo How Bionic Companies Translate Digital Maturity into Performance.

Cos’è un’azienda bionica e cosa la distingue dalle aziende tradizionali

La ricerca Bcg trae le sue conclusioni basandosi sui risultati della nuova edizione dell’Indice di Accelerazione Digitale (Digital Acceleration Index – DAI). Il DAI, realizzato interpellando 2.296 imprese di 28 Paesi tra Asia, Europa e Stati Uniti, punta a stimare il livello di digitalizzazione delle aziende attribuendo un punteggio che va da 1 a 4 in 36 categorie differenti. I risultati vengono poi aggregati per restituire un valore compreso in una scala da 1 a 100. Secondo questo indice le aziende con un DAI da 0 a 43 sono classificate come ‘ritardatarie’, mentre le aziende con un punteggio da 67 a 100 sono ‘campioni digitali’. Un’azienda bionica è dunque un’azienda che ha raggiunto un punteggio molto alto e quindi digitalmente matura.

Come evidenziano i ricercatori, la pratica standard nelle aziende tradizionali è quella di assegnare persone per eseguire processi, ma l’azienda bionica assegna persone per innovare e progettare processi che grazie alle nuove tecnologie digitali è possibile gestire in modo più efficiente e produttivo. Arrivare a questo punto richiede investimenti sostanziali in riqualificazione della forza lavoro interna, capacità di attrarre e trattenere il migliore talento digitale e sviluppo di una nuova leadership abilitante. Significa anche attuare investimenti coraggiosi nella tecnologia, integrare e potenziare le capacità delle persone in particolare con l’analisi dei dati e l’Intelligenza Artificiale.

Il vantaggio competitivo di un’azienda bionica nell’era del Covid

Il 10% di algoritmi, il 20% di tecnologia e informatica, il 70% di attività industriale e capitale umano. Questa è la ricetta per un’azienda bionica, secondo Boston Consulting Group (Bcg). Essere un’azienda bionica significa dunque mettere in campo le giuste tecnologie e sviluppare la creatività umana nella sua massima estensione per sfruttare ogni opportunità, allontanarsi da compiti monotoni e lavorare in team agili per progettare processi e percorsi per i clienti che sono davvero diversi.

Anche prima dell’attuale crisi, ci si aspettava che l’ascesa delle aziende bioniche si verificasse in tutti i settori e guidasse le aziende in nuove direzioni. Ma, secondo i ricercatori, l’imperativo per diventare bionici ora è più urgente che mai. Lo studio dimostra infatti che le aziende focalizzate sul diventare bioniche hanno una base chiara sulla quale potersi trasformare, innovare e vincere a medio termine. Negli ultimi tre anni le aziende bioniche hanno aumentato il loro ebitda a un tasso 1,8 volte superiore ai ritardatari, speso 1,5 volte di più in ricerca e sviluppo e quindi accresciuto la propria valutazione a un ritmo più che doppio. I risultati sono figli di una precisa strategia di investimento. Circa metà delle aziende bioniche dedica oltre il 15% delle spese operative al digitale, in particolare a tecnologie, dati e sicurezza informatica, e assegna ai professionisti specializzati in questi ambiti una quota simile di dipendenti formati per acquisire competenze innovative e per sperimentare modalità agili di organizzazione del lavoro. Sono così riuscite a trasformare digitalmente almeno il 25% dei loro processi di produzione e a tagliare del 5% i costi operativi, contro il 14% e l’1% rispettivamente ottenuto dai ritardatari. In questo modo le aziende bioniche hanno liberato risorse per aggredire nuovi settori: il 61% genera un decimo o più del proprio fatturato da business adiacenti a quello caratteristico. Fonti di ricavi molto preziose in caso di interruzioni improvvise delle attività, come accaduto durante la pandemia.

L’Asia è il Paese delle aziende super-bioniche che puntano sull’IA

Lo studio ha rilevato la presenza di aziende bioniche in tutti i settori e in tutti e tre i continenti presi in esame. Ma se in Europa, pur avendo compiuto dei progressi soprattutto nell’ambito delle telecomunicazioni, si registra un forte ritardo digitale all’interno della pubblica amministrazione e stagnanti si rivelano i risultati degli Stati Uniti dove una forte digitalizzazione si concentra attorno ai grandi gruppi tecnologici lasciando indietro le altre realtà minori, è l’Asia che spicca per capacità innovativa portata all’ennesima potenza. La spinta delle tigri tecnologiche cinesi sta trascinando nell’era bionica tutti i comparti industriali del Paese: dalla finanza alla sanità, dalla manifattura alle assicurazioni, ed è in Asia che troviamo la maggiore concentrazione di aziende super-bioniche col 7% delle imprese che hanno raggiunto questo status (rispetto solo al 2% delle aziende europee e statunitensi).

Ma cos’è un’azienda super-bionica? Potremmo definire le aziende super-bioniche come l’ultimo gradino dell’evoluzione digitale di un’impresa oggi. Ciò che fa la differenza tra azienda bionica a azienda super-bionica è il livello di integrazione dell’intelligenza artificiale all’interno dei processi produttivi e modelli organizzativi. Le tre caratteristiche che accomunano queste realtà sono secondo i ricercatori: il conferire priorità alla crescita dei ricavi e all’innovazione rispetto alla riduzione dei costi; il considerare l’intelligenza artificiale come una parte fondamentale della trasformazione aziendale; l’impegno costante nell’investire nel talento.

Come dimostra lo studio, i ritorni del processo innovativo sono chiari: le compagnie super-bioniche, ovvero quelle che dedicano all’AI oltre il 15% della forza-lavoro digitale, hanno ottime chance di ottenere un risultato operativo superiore al 10% e di mantenerlo anche in caso di crisi profonde quale quella pandemica. Merito in parte del controllo in tempo reale della catena di fornitori, in parte delle soluzioni innovative adottate per mantenere la relazione con i clienti, in parte della capacità di riservare al capitale umano solo le attività ad alto valore aggiunto. Tutto ciò è reso possibile dall’Intelligenza Artificiale, indispensabile per trasformare i processi produttivi, liberare la manodopera dai compiti ripetitivi ed estrarre il meglio dai dati industriali raccolti. Non a caso, il 37% delle compagnie super-bioniche intende educare a questa tecnologia oltre un quarto della forza-lavoro entro l’anno prossimo.

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