manifestazioni

VMware, 10mila persone all’evento europeo: tiene banco l’operazione Dell-EMC

«Per noi non cambia niente, continueremo a lavorare con Dell come con gli altri partner hardware». Il VMworld di Barcellona conferma la strategia “One Cloud, any app, any device” e l’approccio Unified Hybrid Cloud. Mostrata in demo la migrazione di una macchina virtuale in funzione da un private a un public cloud, e annunciata l’acquisizione di Boxer, che “affianca” AirWatch

Pubblicato il 21 Ott 2015

vmware-vmworld-2015-151021164107

È raro sentire un mormorio di stupore durante una sessione plenaria di un evento con diecimila iscritti, ma è ciò che è successo quando i top manager di VMware al VMworld 2015 di Barcellona, pochi giorni fa, hanno mostrato in demo vMotion “cross-Cloud”, una funzione per migrare una macchina virtuale in funzione da un Private Cloud con vSphere a vCloud Air (il Public Cloud di VMware) senza doverla disattivare.

«Il processo è reversibile, gli spostamenti sono semplici e veloci: nessun altro vendor permette di fare una cosa del genere», ha commentato Yanbing Li, VP e General Manager Storage and Availability di VMware, senza però precisare quando sarà pubblicamente disponibile questa funzionalità.

È stato forse il momento clou dell’edizione europea 2015 del VMworld, affollata come detto da 10mila persone: un segnale di salute per VMware, e una dimostrazione che l’evento europeo ha senso e convenienza economica sia per il vendor che per i partner e clienti al di qua dell’oceano, nonostante avvenga sempre a poche settimane dal VMworld americano, e quindi non comporti mai annunci di prodotto di primo piano.

Quest’anno però l’evento europeo si è preso la rivincita per le novità societarie, essendo cominciato proprio mentre veniva annunciata l’acquisizione di EMC – che è la casa madre di VMware, detenendone l’83% delle azioni – da parte di Dell, per l’enorme importo di 67 miliardi di dollari. Una transazione piuttosto complessa dal punto di vista finanziario, in cui comunque il valore di VMware – che subito prima dell’annuncio capitalizzava circa 33 miliardi – ha avuto un’influenza decisiva.

I possibili impatti dell’operazione su VMware, sui suoi partner e sui suoi clienti sono quindi stati il tema principale di discussione a Barcellona. È immediato pensare che Dell cercherà di “spingere” il suo hardware rispetto a quelli dei concorrenti nei contratti di VMware con i suoi clienti, magari non nei cicli di rinnovo dell’hardware in corso, ma in quelli dei prossimi anni.

La versione ufficiale dei top manager VMware a Barcellona però è che la società rimarrà indipendente dal punto di vista operativo. «Per noi non cambia niente, restiamo una public company, mentre Dell ed EMC sono private, e continueremo a lavorare con Dell come con tutti i nostri partner hardware», ha detto Carl Eschembach, presidente e COO di VMware, ripetendo ciò che il CEO Pat Gelsinger ha dichiarato agli analisti: «Non diventeremo un reseller di Dell».

In effetti anche molti analisti sono d’accordo con questa tesi, secondo cui a Dell (sia come società, sia come persona Michael Dell, che ne è principale azionista) conviene lasciare a VMware il suo approccio “agnostico” rispetto all’hardware, senza toccare gli oliati meccanismi di una società che quest’anno salirà in fatturato da 6 a 7 miliardi di dollari, che negli ultimi tre anni ha realizzato una media di profitti netti di 900 milioni l’anno, e che a fine 2014 aveva in cassa 7 miliardi.

Se quindi per l’immediato non sono probabili cambiamenti, è difficile capire cosa succederà a medio e lungo termine, anche perché Michael Dell ha espresso l’intenzione di acquistare ulteriori azioni VMware sul mercato: se arrivasse al 100% la possibilità che anche VMware venga privatizzata, come già successo a Dell, aprirebbe scenari imprevedibili.

Venendo alla strategia d’offerta di VMware, l’evento di Barcellona ha confermato la visione “One Cloud, any app, any device” che esprime l’impegno del vendor di ampliare la propria proposta oltre il dominio originario della virtualizzazione server.

Per quanto riguarda “One Cloud”, secondo VMware il punto di partenza è un data center “software-defined” (SDDC), cioè con tutti i componenti (server, storage, reti) virtualizzati e controllati via software. Le novità dei VMworld riguardano la parte storage – con la nuova versione 6.1 di Virtual SAN – e soprattutto NSX, la piattaforma di network virtualization, forse l’area su cui VMware sta investendo di più al momento, arrivata in un anno a 700 aziende utenti: «Con NSX – ha detto Martin Casado, Senior Vice President e General Manager Networking & Security di VMware – il tempo di provisioning delle reti scende da giorni a minuti, ma il vero valore aggiunto è la visibilità reale dell’intera rete, che permette di affrontare i classici problemi infrastrutturali – configurazione, troubleshooting, sicurezza – che emergono con il comportamento anomalo delle applicazioni».

Il software-defined data center poi si può concentrare in un solo sistema “iperconvergente”, concetto che in casa VMware si traduce nella linea EVO, e la novità qui è che nel 2016 sarà disponibile anche EVO SDDC, che appunto concentra un intero ambiente SDDC, includendo anche network, automazione cloud e management, oltre a server e storage, e che si “autoconfigura” in poche ore.

Questo software-defined data center, sede ideale del Private Cloud, può gestire applicazioni di tutti i tipi (“any App”), su qualsiasi dispositivo (“any Device”), ed estendere le proprie capacità verso altre Cloud, pubbliche e private (Unified Hybrid Cloud).

Riguardo al primo punto, VMware sta lavorando sulla capacità di gestire applicazioni di ultima generazione, “cloud-native”, che sempre più spesso vengono fatte girare nei container, ambienti a basso costo alternativi alle virtual machine. Le risposte a questa minaccia competitiva sono due: vSphere Integrated Container, più “conservativa”, gestisce i container direttamente nella piattaforma di virtualizzazione, «con tutti i pro di quest’ultima, per esempio in termini di visibilità», come sottolinea VMware. La seconda, più “rivoluzionaria”, si chiama piattaforma Photon, si basa su un OS Linux minimale, è stata sviluppata da zero «e pensata apposta per organizzazioni che lavorano con applicazioni cloud-native e software-as-a-service», ha detto Kit Colbert, VP & CTO Cloud-Native Apps di VMware.

Quanto all’any device, VMware sta sviluppando da un paio d’anni un’offerta di “end user computing”, con tappe importanti come l’acquisizione di AirWatch – leader di mercato nel software per il controllo di device e app aziendali (Enterprise Mobility Management). In quest’area a San Francisco è stata annunciata l’inedita collaborazione con Microsoft, sul progetto A2, che prevede l’erogazione e gestione – proprio attraverso AirWatch – di applicazioni di tutti i tipi (persino DOS-based) su dispositivi fisici basati sul nuovo Windows 10. Un classico esempio di accordo “win-win” tra due concorrenti storici Microsoft interessata a facilitare la diffusione di Windows 10 nelle aziende, VMware semplicemente a vendere più licenze nelle imprese utenti di Windows.

Altra novità importante in campo EUC è l’acquisizione di Boxer, questa annunciata proprio a Barcellona, che va letta come un completamento di AirWatch. Boxer infatti porta in dote una soluzione per la gestione sicura dell’email in grado di integrarsi con i servizi di personal cloud più usati (anche per lavoro), come Box, Dropbox, Outlook, Gmail. In pratica, l’obiettivo è di assicurare anche per l’email il livello di sicurezza enterprise che AirWatch garantisce per il resto delle App, dati e contenuti sui device usati in azienda.

Infine l’Unified Hybrid Cloud: il software-defined data center si può estendere verso cloud pubblici, prima di tutto quello della stessa VMware (vCloud Air, non ancora disponibile però in Italia) – che oltre al classico IaaS ora offre altri servizi come database as a service (anche di SQL Server), o disaster recovery in cloud – ma anche in prospettiva quelli dei principali operatori del settore, come Amazon Web Services, Microsoft Azure o Google Cloud. VMware sta cercando di contraddistinguersi nell’affollato panorama delle offerte cloud per lo strato di management, che è trasversale e “on top” a tutti i cloud utilizzati, e pensato per arrivare a spostare workload dal proprio data center al public cloud in modo dinamico e bidirezionale, anche per poche ore, come dimostra la funzione vMotion Cross-Cloud descritta in apertura.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4