supply chain management

Multicanalità e logistica in Italia, 4 modelli per produttori e retailer

L’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano ha approfondito con un’indagine i modi in cui le imprese italiane conciliano la distribuzione dei prodotti venduti con l’eCommerce e di quelli per i canali fisici. Emergono approcci diversi, dalla netta separazione alle crescenti attività e fasi in comune

Pubblicato il 13 Set 2016

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Con la diffusione dell’eCommerce, ll termine “multicanalità” ricorre ormai spesso: il canale di vendita online porta alle aziende molti benefici, ma anche notevoli criticità di gestione e integrazione con i canali tradizionali.

In particolare, nel suo più recente rapporto, l’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano ha approfondito gli impatti della multicanalità sulla logistica aziendale, con studi di caso e un’indagine su 85 Direttori Supply chain, Logistica, Vendita e Acquisti di imprese già impegnate in progetti di questo tipo. Si tratta di realtà “tradizionali” – produttori con network logistico consolidato e retailer con rete di punti vendita – che operano in diversi settori, fra cui grocery, abbigliamento, arredamento, beauty & personal care, no-food. i retailer puramente online non sono stati inclusi nell’analisi.

A fianco di aziende (38% produttori; 47% retailer) per cui l’iniziativa eCommerce B2c rappresenta ancora un primo tentativo, esistono sempre più casi (18% dei produttori e 16% dei retailer) in cui l’online apporta già più del 4% del fatturato. Oltre il 70% vede nella multicanalità una leva per migliorare la relazione con il consumatore, più che per ridurre i costi. Ad esempio molti produttori ritengono utile l’eCommerce B2c per coprire anche le aree geografiche non raggiunte con canali tradizionali, per promuovere il proprio brand e sviluppare un contatto diretto con il cliente. Inoltre sempre più spesso l’online è un canale per fornire prodotti / servizi “speciali” non disponibili su quelli tradizionali.

I 4 modelli dei produttori: dalla rete logistica per l’eCommerce a quella di depositi locali

L’approccio più classico dei produttori si basa su un deposito centrale (di seguito Dc) che viene rifornito dagli stabilimenti e serve il mercato direttamente o attraverso depositi di secondo livello (depositi periferici con scorta o transit Point). Il Dc è generalmente caratterizzato da un’area di stoccaggio significativa, picking a collo e un limitato numero di ordini al giorno, anche se in alcuni settori anche nel Dc avviene il prelievo di pezzi (tessile-abbigliamento, Beauty & Personal care). In alcuni casi vengono poi creati Picking Warehouse (PW) con quantità minima di stock, capacità di picking a pezzo, e alta capacità di confezionamento, all’interno del Dc o in una struttura separata.

In questo quadro, dall’indagine emergono 4 diversi approcci dei produttori per distribuire i prodotti venduti via eCommerce: 1) una rete logistica dedicata all’ecommerce B2c, che serve i clienti tipicamente tramite corriere; 2) un PW all’interno del Dc, sempre con consegna tramite corriere; 3) una rete di PW, con eventualmente alcuni servizi di consegna ad hoc; 4) una rete di depositi locali (con o senza scorte), sfruttando anche le sinergie in fase di trasporto della rete tradizionale verso l’area di consegna al cliente.

il modello 1) garantisce autonomia nello sviluppo del canale online, assenza di conflitti col canale tradizionale, e alti livelli di servizio ai clienti online. Però ha costi alti, legati all’investimento in strutture logistiche dedicate e all’assenza di sinergie con il canale tradizionale nelle fasi di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione.

Sinergie che invece si generano introducendo una PW all’interno del Dc (modello 2) o una rete di PW (modello 3). La condivisione riguarda l’attività di approvvigionamento e lo stoccaggio intensivo. il picking è tipicamente eseguito in un’area dedicata nel deposito (PW nel Dc) o in un edificio separato (rete di PW). Nei settori in cui il magazzino è già predisposto per il picking di pezzi (ad esempio Beauty & Personal care), anche l’attività di allestimento ordini può essere gestita congiuntamente al canale tradizionale.

il modello 3), rispetto al 2), comporta maggiori costi legati all’investimento in strutture dedicate e all’attività di rifornimento delle PW dal Dc. Di contro, permette di avvicinarsi al mercato, se il numero di PW è maggiore di 1, e di sviluppare soluzioni multi-produttore.

Infine il modello 4) prevede l’utilizzo della rete di depositi locali (depositi con scorta o transit point) per evadere gli ordini online. Una soluzione che non richiede investimenti in strutture dedicate e facilita le sinergie, oltre che in approvvigionamento e stoccaggio, nell’attività di distribuzione, cioè nel costo necessario per raggiungere l’area geografica del cliente. Ma richiede la riorganizzazione di flussi e attività e lo sviluppo di una capacità di consegna locale al consumatore finale.

La soluzione oggi più in uso (66% dei casi) è la PW interna al Dc o in una struttura separata. In prospettiva invece l’interesse sembra convergere verso l’uso di una rete logistica condivisa (39% dei casi), modificando i processi esistenti nei canali tradizionali e cercando di ottenere sinergie fra questi e l’online.

Per i retailer 3 modelli simili, ma uno sfrutta direttamente i punti vendita

Nel contesto base definito dall’Osservatorio per i retailer, i centri distributivi (di seguito ceDi) vengono riforniti dai fornitori e servono i punti vendita, spesso con consegne dirette e in taluni casi passando per depositi di secondo livello (depositi periferici con scorta o transit point).

Anche per i retailer si può parlare di Rete logistica dedicata, PW nel ceDi, Rete di PW, con alcune differenze nelle caratteristiche dei ceDi. Esiste poi un quarto modello in cui la consegna al cliente avviene attraverso il punto vendita, creando delle ovvie sinergie con la rete di vendita. Questa soluzione non richiede investimenti in strutture logistiche dedicate e garantisce sinergie in fase di distribuzione con trasporto a carico completo verso l’area geografica del cliente.

Nessuno dei 4 modelli è nettamente prevalente: il primo è adottato dal 21%, il secondo dal 35%, il terzo dal 21% e il quarto dal 41% dei casi. Come si evince, alcuni retailer utilizzano più modelli logistici contemporaneamente. Ad esempio alcuni distributori di beni di largo consumo operano con PW nelle aree ad alta penetrazione delle vendite online, mentre nelle altre sfruttano in prevalenza la rete di negozi.

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