Nuove opportunità

Contratti di rete, ricerca e Pmi. Il caso Emilia Romagna

Grazie ai contratti di rete le piccole e micro imprese possono investire in ricerca e innovazione, e riescono così ad aumentare il fatturato e la redditività sugli investimenti creando nuova occupazione. Il caso emiliano

Pubblicato il 13 Feb 2014

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E’ il risultato dell’iniziativa regionale “Distretti 2” dell’Emilia-Romagna che ha coinvolto 281 imprese che hanno costituito 93 reti sviluppando altrettanti progetti di innovazione per l’avanzamento tecnologico di 16 distretti regionali e hanno assunto 297 giovani ricercatori supportati da tutor scientifici e manager dedicati. Per la realizzazione di queste reti e a supporto dell’innovazione organizzativa dei distretti coinvolti, nove soggetti attuatori hanno pubblicato bandi specifici e organizzato oltre settanta workshop informativi, per migliorare la gestione della conoscenza in impresa.

“Dati alla mano – ha commentato Paolo Bonaretti direttore generale di Aster, la società consortile tra la Regione, Università, Cnr, Enea, Associazioni di categoria e Unioncamere che promuove l’innovazione del sistema produttivo,– abbiamo verificato come lo strumento del contratto di rete si sia rivelato validissimo per tutte quelle imprese che non hanno la forza di investire in ricerca autonomamente. Accanto agli enti pubblici anche gli istituti di credito sono chiamati a svolgere un ruolo importante per garantire la continuità e la sostenibilità di queste reti”.

L’iniziativa “Dai distretti produttivi ai distretti tecnologici” è stata avviata nel 2011 dalla Regione con un finanziamento di 12,5 milioni di euro (7,9 milioni di euro contributi regionali e 4,5 milioni del ministero dello Sviluppo Economico). L’obiettivo: migliorare l’efficienza dei processi innovativi aziendali e promuovere una domanda di ricerca industriale, più qualificata e organizzata, da parte delle Pmi verso i laboratori della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna.

La Regione Emilia-Romagna ha identificato 16 distretti produttivi distintivi di ciascun territorio e ha affidato la gestione dell’iniziativa e l’erogazione dei fondi disponibili a 9 Soggetti Attuatori, scelti fra le strutture di ricerca industriale e trasferimento tecnologico accreditate nella Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna. La Regione ha poi creato una cabina di regia, con compiti di coordinamento e monitoraggio composta da Regione, Unioncamere e Aster.

Le imprese regionali, dopo aver ricondotto la loro attività a uno dei distretti produttivi identificati, si sono candidate, in risposta a bandi pubblici dedicati, per partecipare a raggruppamenti di impresa con finalità di ricerca. Sulla base della mappa dei distretti sono nate novanta reti di impresa e tre consorzi che hanno avviato 93 progetti di ricerca su 77 temi di interesse strategico per un totale di 281 imprese coinvolte.

Il settore più rappresentato è quello manifatturiero (80%) specialmente nel segmento della meccanica. Un ruolo rilevante hanno anche le aziende biomedicali/meccanica di precisione (10%).

La provincia col maggior numero di imprese coinvolte è Modena che rappresenta il 30% del totale con 85 casi su 281.

Con un totale di 285 contratti di rete, secondo le rilevazioni al 1° dicembre 2013, l’Emilia-Romagna è la seconda regione italiana dietro la Lombardia che ha realizzato 438 contratti. IN totale i contratti sono 1.298 conclusi soprattutto fra tre o più imprese. 6.385 sono i soggetti coinvolti di cui 6.360 sono imprese e il resto Fondazioni e associazioni.

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