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Il customer engagement è sempre più visual, social e smart

Alla kermesse organizzata dallo specialista di eCommerce Demandware a Berlino presenti numerosi nomi del panorama retail internazionale, che hanno testimoniato come sono riusciti a migliorare le proprie performance di vendita riducendo il numero e l’ampiezza dei negozi e sfruttando sempre più i canali social e gli smartphone, per garantire un’esperienza d’acquisto unica

Pubblicato il 17 Giu 2016

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L’analista Gartner stima che il mercato degli acquisti al dettaglio sfiorerà i 28 trilioni di dollari nel 2020. Lo stesso, poi, in una ricerca pubblicata lo scorso mese ipotizza che la spesa globale in soluzioni di e-commerce crescerà del 14% nei prossimi quattro anni, raggiungendo gli 8,5 miliardi di dollari in valore nel 2020. Trend che non sfuggono al gigante del CRM nel cloud Salesforce, che il 1° giugno ha acquisito – con un’operazione del valore di 2,8 miliardi di dollari – lo specialista di soluzioni di e-commerce as a service Demandware. Lacoste, Adidas, Puma, GoPro, L’Oréal, New Balance e Timberland nel mondo; OVS e Vibram in Italia, sono solo alcuni dei 300 noti retailer che utilizzano Demandware, con 1.300 siti web gestiti in oltre 40 Paesi del mondo, 100.000 punti vendita e 200 milioni di consumatori finali.

Nove le release di prodotto rilasciate nel corso del 2015 per la sua Unified Commerce Platform, con novità legate soprattutto al supporto di social e video, strumenti sempre più utilizzati in particolare nel fast fashion – la moda di Zara e H&M, per intenderci – per migliorare l’esperienza d’acquisto e garantire quello storytelling che crea un legame empatico immediato tra il visitatore del sito e il prodotto che sta valutando.

Le tante vie dell’innovazione nel retail

I retailer stanno rivedendo le politiche di ingaggio, includendovi i social e il supporto delle tecnologie “push” sui dispositivi mobili. La sfida è far in modo che il

cliente, oltre a visitare lo store online, acquisti e, soprattutto, torni a comprare in seguito. Il valore dell’immagine e dei video per migliorare la customer experience anche all’interno del punto vendita è sotto gli occhi di tutti: il nuovo concept store OVS di Milano, i display in store costantemente collegati alle pagine social di Victoria’s Secret, i camerini “smart” di Ralph Lauren sono solo l’inizio. Ottimizzare l’esperienza di acquisto su smartphone come ha fatto Rituals, con le video gift card personalizzate, o come Jimmy Choo, che ha creato una serie di applicazioni smartphone based che supportano i clienti nella visita allo store, permette di migliorare le perfomance di vendita. Il portale specializzato nei prodotti per il giardinaggio Gardeners.com, ad esempio, grazie all’integrazione con il social visuale Pinterest tanto amato dalle donne, ha aumentato la propria clientela del 50% nel corso dell’ultimo anno e ora è uno dei testimonial più convincenti delle soluzioni Demandware.

Il punto vendita si rimpicciolisce

L’azienda ha sfruttato la cornice privilegiata dell’evento XChange’16, che ha chiuso i battenti ieri a Berlino, per rendere noti i risultati di uno studio condotto su 300 dirigenti di aziende retail dalla Economist Intelligence Unit (EIU) della prestigiosa rivista The Economist. Globalizzazione crescente, consumatori sempre più volubili, mercati online competitivi a livello mondiale: in questo scenario di cambiamenti senza precedenti, la ricerca indica che i top manager del mondo delle vendite al dettaglio stanno cercando nuovi modi per differenziare la propria offerta. Tra le caratteristiche che considerano più importanti per competere, il 60% ha indicato un “prodotto d’eccellenza”, mentre il 53% ha menzionato il “servizio senza soluzione di continuità” (seamless) che assicuri un’esperienza unificata attraverso i canali fisici e digitali. Una tendenza, quella che premia l’esperienza phygital, che ha ripercussioni evidenti sul conto economico delle aziende del comparto, sugli spazi commerciali e sull’immobilizzazione di capitale a questi collegata.

Le testimonianze che si alternano sul palco della kermesse confermano la generale riduzione del numero di punti vendita fisici, così come dell’ampiezza dello spazio occupato. Walmart ha annunciato a gennaio la chiusura di 269 negozi negli Stati Uniti, mentre Tesco si prepara a serrarne definitivamente una quarantina nel Regno Unito per focalizzarsi sulla crescita internazionale e sui canali dello shopping online. E il panorama competitivo mondiale sta cambiando: negli USA, i nuovi pure player dell’online fashion come Bonobos aprono dei (piccoli) negozi fisici. L’integrazione seamless tra off e online porta anche a creare punti vendita dai formati innovativi. È, questa, l’esperienza di Lands’ End, il cui successo è legato al nuovo corso promosso dall’AD italiana Federica Marchionni: i flagship store si trasformano o, meglio, si rimpiccioliscono (anche perché gli spazi commerciali nei centri storici delle metropoli costano) per ospitare solo una selezione ristrettissima di prodotti all’interno di un punto vendita che non supera la dozzina di metri quadrati. Anche il noto marchio di abbigliamento casual PeakPerformance ha ridotto la superficie calpestabile dei suoi negozi sfruttando la piattaforma Demandware. Attraverso una gestione personalizzata delle promozioni inviate agli smartphone dei clienti, infatti, è stato possibile diversificare e razionalizzare i flussi in ingresso, proponendo a studenti, pensionati e liberi professionisti scontistiche speciali se si presentano in negozio durante gli orari di morbida – quelli normalmente a minor traffico -, decongestionando il punto vendita durante gli orari di picco in cui, invece, è già molto frequentato.

L’esperienza d’acquisto è circolare


La tendenza del comparto delle vendite al dettaglio a costruire un’esperienza d’acquisto sempre più integrata, circolare, che non distingue tra on e offline, ha

Tom Ebling, Presidente e CEO di Demandware

subìto un’accelerazione negli ultimi anni anche grazie alla creazione di servizi in store abilitati dalla diffusione pervasiva di smartphone e App, analytics, tecnologie Beacon, Wi-Fi, Bluetooth e geolocalizzazione. Nel 2015, come sottolineato dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management Politecnico di Milano, la quota ordini relativa allo smartphone è passata dal 17 al 24%, in crescita del 41% rispetto all’anno prima. Il perché è presto detto: si tratta, infatti, del più personale di tutti i dispositivi che utilizziamo oggi, quello che è sempre con noi in qualsiasi occasione e quello che ci assicura l’esperienza di acquisto più intima. Grazie allo smartphone è possibile accedere in ogni istante e in ogni luogo alle informazioni ricercate, sfogliare cataloghi, creare una “lista dei desideri” dei prodotti preferiti, suggerirne altri, pagare e condividere l’esperienza di acquisto con i propri amici sui social. «Lo smartphone è, oggi, il veicolo digitale che consente il passaggio da Internet allo store senza soluzione di continuità, il tutto con un semplice touch», spiega Tom Ebling, Presidente e CEO di Demandware. Una spinta ulteriore agli acquisti da smartphone arriverà, secondo il manager, dall’estensione dei servizi Apple Pay anche al di fuori di USA, UK, Australia e Canada. Il sistema di pagamento su device mobili creato dalla casa della mela morsicata permette di saldare gli acquisti in tutta sicurezza usando il proprio iPhone, iPad o Apple Watch e sarà utilizzabile a partire da settembre nei maggiori Paesi di Europa e America.

Il marketing one-to-one diventa possibile

Il mercato del fashion, tradizionalmente molto conservativo, sta crescendo moltissimo per quel che riguarda le vendite su Internet. E per il futuro? «La nostra piattaforma – conclude Ebling – integra già tecnologie di ultima generazione come machine learning e analisi predittive, che permettono di operare in automatico sulle abitudini di consumo e le preferenze del cliente per indirizzare al meglio le vendite. Ma il fronte di innovazione più promettente nell’e-commerce è legato ai wearable. Si tratta di una rivoluzione è già iniziata e che, da quel che vedo, sarà sempre più nel segno di una collaborazione crescente tra le diverse catene retail, che si scambieranno i dati sulle abitudini e le preferenze del consumatore per ottimizzare le strategie di cross selling senza infastidirlo. Ovviamente, rimangono da superare gli ostacoli legislativi legati alla tutela della privacy, ma il cliente che capisce come questo gli permetterà di migliorare l’esperienza d’acquisto non potrà non abbracciare i nuovi orizzonti del marketing personalizzato».

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