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Ancora poca Ict negli studi dei commercialisti

Solo il 25% si è attrezzato e il 50% prevede di farlo, ma nel frattempo si continua a usare la carta e a lavorare a mano. Passa anche da qui l’innovazione delle nostre imprese. Le analisi dell’Osservatorio ICT&Commercialisti

Pubblicato il 24 Giu 2013

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L’Agenda Digitale, europea e italiana, gli obiettivi di Horizon 2020 puntano decisamente sull’uso delle ICT per creare benessere e sviluppo diffuso. Il paradigma è ormai condiviso: aziende, PA e cittadini, saranno chiamati, da qui a qualche anno, a una progressiva informatizzazione. L’alfabetizzazione informatica diventa un tema che coinvolgerà tutti, compresi i professionisti. Proprio da qui nasce l’idea dell’Osservatorio ICT&Commercialisti della School of Management del Politecnico di Milano, che ha visto anche la partecipazione del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e del suo Istituto di Ricerca, l’IRDCEC.

Ne parliamo con Paolo Catti e Claudio Rorato, che hanno coordinato i lavori dell’Osservatorio.

Perché un Osservatorio proprio sui Commercialisti?

Paolo Catti, School of Management, Politecnico di Milano

Paolo Catti: La risposta, pur nella sua semplicità, è articolata. La spina dorsale della nostra economia è costituita in prevalenza da micro e piccole imprese, con una spiccata vocazione all’innovazione di prodotto e, un po’ meno, alla gestione dei processi lavorativi. La piccola azienda soffre per la scarsità di risorse, da quelle finanziarie a quelle umane. Le competenze specialistiche – al di fuori di quelle legate al core business – tra cui quelle contabili e fiscali, spesso non possono essere svolte internamente, proprio perché il costo non sarebbe sopportabile. Arrivano, allora, in aiuto i professionisti e, tra questi, i Commercialisti, una community di circa 113 mila persone. Sono loro a sedere nei CdA, nei collegi sindacali, a gestire le contabilità aziendali, a occuparsi degli aspetti fiscali e ad affiancare l’imprenditore nella valutazione delle alternative strategiche, senza trascurare che si occupano anche di revisione dei conti e, a volte, della gestione dei patrimoni privati dei titolari d’azienda.

Come si può, quindi, trascurare questa categoria e non dedicargli un Osservatorio, per capire se, anche attraverso di loro, non si possa far crescere l’uso delle tecnologie dentro le aziende? Per sintetizzare direi: se parliamo di Commercialisti, in realtà, parliamo di imprese!

È tutto molto chiaro. Prima, però, di parlare del legame con le imprese, vediamo qual è il grado di diffusione delle tecnologie informatiche negli studi dei Commercialisti.
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: Ci sono luci e ombre. Dalla ricerca emerge che almeno l’80% dei Commercialisti è focalizzato sulle attività “storiche”: gestione delle contabilità e dei dichiarativi che, mediamente, assorbono oltre il 60% del tempo lavorativo dello Studio. Due attività a elevata intensità manuale e consumo di carta. Quest’ultimo aspetto è ancor più evidente perché il 62% dei Commercialisti dichiara di avere problemi con gli archivi cartacei, ormai saturi o prossimi alla saturazione. Sarebbe lecito attendersi, allora, un ampio uso di strumenti in grado di far risparmiare, da una parte, la carta e il materiale di consumo legato a stampanti, fax e manutenzioni e, dall’altra, di migliorare la produttività, comprimendo il tempo di alcune attività ancora “labour intensive”. Purtroppo non è così. La conservazione digitale, per lo meno dei documenti con obbligo di custodia da parte degli studi, raggiunge a mala pena il 12%; i software per la gestione documentale, che facilitano l’archiviazione, la ricerca e la condivisione dei documenti, sono adoperati dal 14% dei Commercialisti; i portali e le extranet, canale telematico per la trasmissione di documenti in formato elettronico, “toccano” il 22%. I software diffusi sono, ovviamente, quelli per la gestione della contabilità e quelli che, per legge, abilitano i Commercialisti al dialogo con l’Agenzia delle Entrate e la PA in genere. Pochi i casi eccellenti, se consideriamo l’universo dei Commercialisti ed Esperti Contabili iscritti agli ordini.

Il quadro non è dei più confortanti. Anzi, sembra addirittura che ci sia ben poco da fare. Ma è proprio vero?

Claudio Rorato, School of Management Politecnico di Milano

Claudio Rorato: Sicuramente il ricambio generazionale aiuterà, naturalmente, a diffondere le tecnologie informatiche e, in particolare, quelle legate alla dematerializzazione. Esiste, però, nella categoria l’oggettiva difficoltà a percepire il valore che la tecnologia è in grado di produrre, quasi fosse un corpo estraneo al processo lavorativo. Le ombre, per ritornare alle già citate immagini, sono rappresentate da quel 25% di Commercialisti disinteressati alla tecnologia anche per i prossimi due anni. Le luci, invece, sono il 50% di coloro che ritengono probabile l’investimento nelle ICT, aggiungendosi al 25% già attrezzato in tal senso. La vera sfida, quindi, per i singoli ordini territoriali, per le istituzioni e per i vendor, è quella di “catturare” la quota più ampia possibile di professionisti “potenzialmente sensibili” all’informatica e, in particolare, alla digitalizzazione dei documenti. Anche la maggiore consapevolezza sui risparmi legati alla dematerializzazione incoraggerà qualcuno a “fare il passo”. I dati delle nostre ricerche parlano chiaro: la sola conservazione digitale delle fatture attive comporta risparmi da 1 a 3 euro a documento. Registrarle automaticamente, senza digitare manualmente i dati, aggiunge altri 2 euro di risparmio a documento. Ciascuno sa, ovviamente, quanti documenti “lavora” in un anno, compresi registri e dichiarativi che, per legge, il Commercialista deve conservare.

La categoria, allora, deve informatizzarsi di più. C’è dell’altro?
CR: La tecnologia adottata consapevolmente può fare davvero tanto. Tuttavia non sono da trascurare alcuni fattori, che consigliano l’adozione di nuovi modelli di servizio rivolti al cliente. A differenza di diversi anni fa, la categoria sta soffrendo per la concorrenza esterna, prima assai limitata. Oggi i Commercialisti, per la gestione della contabilità e dei dichiarativi, sentono la presenza dei CAF, delle associazioni di categoria, delle società di consulenza, del personale uscito dalle aziende ma con esperienze, anche significative, nell’ambito della gestione amministrativa e finanziaria. Per evitare la “price competition”, pericolosa e non sempre sostenibile da parte della categoria, è necessario che la fidelizzazione del Cliente passi attraverso nuovi approcci al mercato, come pure la ricerca di nuova clientela. Non basta più aspettare che sia il cliente o il “prospect” a manifestare il proprio bisogno. Occorre anticipare la domanda, ampliare il portafoglio servizi, magari stringendo alleanze con altre figure professionali, per coprire esigenze trasversali. Oppure con operatori tecnologici, coniugando la competenza tecnico-giuridica con quella informatica. Attività che il professionista potrà aggiungere a quelle già svolte, se ridurrà il tempo dedicato a quelle a minor valore aggiunto. Il Commercialista può, allora, diventare un canale per diffondere l’uso delle tecnologie informatiche e, in particolare, della dematerializzazione presso le imprese. La propensione a consigliare ai clienti la dematerializzazione dei documenti è, infatti, tre volte superiore tra i Commercialisti che già la adottano, rispetto a coloro che non la usano. Elevando l’alfabetizzazione informatica e digitale della categoria, il beneficio verso le imprese appare, quindi, come una diretta conseguenza.

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