intervista

Rantucci, Avanade: L’innovazione? «Un processo di co-creazione di nuovi modelli di business con la tecnologia»

Indirizzare le scelte tecnologiche dei clienti e costruire insieme a loro soluzioni di valore, grazie alla competenza unica sulle soluzioni Microsoft, in particolare Cloud e Intelligenza Artificiale. È l’approccio di Avanade Italy (+14% di fatturato e 300 assunzioni previste) per la Digital Transformation delle aziende del Paese: «Un ruolo che richiede grande responsabilità, perché spesso non è chiaro il punto di arrivo. Non siamo più esecutori di un capitolato», spiega il General Manager della società, Emiliano Rantucci

Pubblicato il 01 Apr 2019

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive

emiliano rantucci

Lo slancio impresso dalla leadership di Satya Nadella a Microsoft si è propagato anche su Avanade, la joint venture globale creata nel 2000 dalla casa di Redmond e Accenture per accompagnare e guidare la Digital Transformation delle aziende. In questi anni l’approccio al mercato è cambiato, perchè per innovare, oggi, le aziende cercano interlocutori non solo in grado di implementare le tecnologie, ovvero di eseguire al meglio il “classico” lavoro del system integrator, ma di immaginare e costruire insieme a loro nuovi modelli di business utilizzando le tecnologie più innovative. È con questo nuovo modello di “co-creation” che si propone ai clienti la filiale italiana di Avanade, con risultati molto positivi: ha messo a segno una crescita del 14%, del primo semestre dell’anno fiscale, rispetto all’anno scorso, con l’ingresso in organico di 120 nuovi dipendenti (per un totale di 900) nelle quattro sedi di Milano, Roma, Cagliari e Firenze. Ne abbiamo parlato con Emiliano Rantucci, nominato General Manager Avanade Italy lo scorso ottobre, che ha preso il posto di Mauro Meanti, salito a un incarico europeo dopo aver guidato la filiale italiana per tre anni.

Come è cambiata la strategia di Avanade in questi anni e qual è oggi il suo ruolo rispetto a Microsoft e Accenture?

Dalla nomina di Satya Nadella Microsoft ha cambiato pelle, puntando sul cloud e trasformando il modello di go-to-market, e questo di conseguenza ha portato sia Avanade sia Accenture a evolvere. Le aziende enterprise oggi vedono Microsoft come un interlocutore per l’envisioning, che le può aiutare cioè a capire come le tecnologie più moderne, attuali e future, possono aiutare a trasformare il business. Prima di Nadella questo non accadeva. È cambiata anche la strategia per gli sviluppatori: l’open source era il nemico numero uno, mentre oggi Microsoft è una delle aziende più attente a questo mondo, dopo l’acquisizione lo sorso anno di GitHub, il più grande repository di codice open source.

Il ruolo di Avanade è di essere “leading edge” sulle tecnologie, interpretare le tecnologie di Microsoft e calarle nei processi, con una focalizzazione sul cloud e sull’Intelligenza Artificiale, ambiti su cui abbiamo realizzato progetti interessanti. Non parlo solo di cloud infrastrutturale, ma soprattutto di piattaforme per il supporto alla digitalizzazione dei processi attraverso le soluzioni Microsoft, ovvero Office365, le Business Application e gli strumenti di sviluppo.

Rispetto ad Accenture, il nostro è un ruolo più operativo, mettiamo a terra le strategie. Ma non è un compito semplice, perché spesso non è chiaro il punto di arrivo dei progetti. Non siamo più esecutori di un capitolato, come accadeva in passato, oggi dobbiamo interpretare e indirizzare le scelte tecnologiche con la nostra esperienza, in un processo di co-creazione che richiede grande responsabilità. È la consulenza che i clienti si aspettano da Avanade, quali massimi conoscitori delle tecnologie Microsoft.

In pratica, come si realizza la co-creation delle soluzioni con i clienti?

In passato ricevevano una “request for proposal” su progetti creati da società di consulenza e dovevamo calarli sulla tecnologia. Oggi però le tecnologie evolvono così velocemente che si fa fatica a stare al passo. Per questo serve un percorso di co-creation: attraverso metodologie Agile e di Design thinking, e attraverso i nostri centri demo, con show case che aiutano i clienti a capire come possono migliorare il business con le tecnologie di innovazione, ad esempio a cosa, in concreto, può servire l’Intelligenza Artificiale. L’attività di system integration si innesca in un secondo momento. Negli ultimi due anni, i progetti di trasformazione più grandi sono nati così. La co-creation può portare enorme valore e grande vantaggio competitivo.

Cosa caratterizza i vostri clienti più innovativi?

Sono aziende il cui management ha compreso il valore della digitalizzazione e che vede nella tecnologia la chiave per la trasformazione dei modelli di business. Ad esempio, una grande assicurazione che non solo ha digitalizzato le agenzie, adottando un CRM e nuove applicazioni, ma ha rivisto il modello con cui le agenzie si rapportano con i clienti e con l’azienda. Un altro esempio, nel settore utility, è Sorgenia, che si è trasformata in una Digital Company con la migrazione totale delle infrastrutture IT sul Cloud. Oppure una nuova banca, una startup che lancerà il servizio a giugno, che punta sulla velocità con cui il cliente può aprire il conto, con soluzione come il riconoscimento facciale o l’invio di documenti via app, tutto grazie al cloud.

C’è una forte cross-contamination, le aziende cercano spunti nuovi guardando a come si stanno muovendo aziende di altre industry: le assicurazioni sono molto interessate a capire come le telco gesticono il churn del cliente, le banche innovano le filiali guardano a come i marchi della moda ingaggiano i clienti in negozi, e così via.

Il cloud è la vostra priorità. A che punto è l’Italia?

Tutti i ragionamenti con i clienti ormai partono dalla tecnologia in cloud, ma quando serve siamo in grado anche di installare le soluzioni anche on premise. Non è detto però che si riesca ad avere lo stesso livello di capacità elaborativa o di sicurezza che un data center può offrire. Il cloud, in un certo senso “democratizza” la tecnologia, ed è questo è il vero vantaggio, ma l’Italia è ancora molto indietro: la mancanza di connettività impedisce alle PMI di sfruttarlo come le grandi organizzazioni. Ci sono ancora distretti industriali molto importanti non collegati adeguatamente.

Assumete moltissimi giovani talenti. Come riuscite ad attirarli e trattenerli? Come agite per mantenere costantemente aggiornate competenze?

In Avanade c’è grandissima attenzione alle persone, facciamo tantissima formazione per l’upskilling e il reskilling, non solo per i giovani ma anche per chi ha un certo livello di seniority. L’età media è intorno ai 32 anni, e puntiamo a offrire a tutti un worklife balance adeguato: i progetti sono organizzati per team, da 2 a 50 persone, e c’è un grande lavoro di pianificazione per cercare di evitare troppi spostamenti. Abbiamo tantissime iniziative anche per attirare i talenti, in collaborazione con Università e altri operatori che fanno da trait d’union con le start up, oltre che iniziative di formazione e sensibilizzazione per le materie STEM sui giovanissimi e le donne in particolare. Continuare a rubarsi risorse fra competitor non è un processo sano.

Nei prossimi mesi abbiamo in programma 300 assunzioni, il 60% neolaureati. Prevalentemente si tratta di lauree STEM, ma vorrei inserire anche giovani con una formazione letteraria, perché credo che possano dare un contributo importante al pensiero laterale.

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