Osservatori

Polimi: il Cloud italiano sale del 25% a 1,5 miliardi. «Vincente il mix pubblico-privato»

La componente Public Cloud cresce del 35% toccando i 460 milioni di euro, mentre gli investimenti di Cloud Enabling Infrastructure aumentano del 21% superando il miliardo. Forte incremento (70%) della spesa delle PMI, che ora rappresenta il 10% del segmento Public Cloud. Tutte le principali conclusioni del nuovo Osservatorio Cloud & ICT as a Service del Politecnico di Milano

Pubblicato il 01 Lug 2015

cloud-2015-150701094137

Se per il Cloud italiano il 2014 è stato l’anno della definitiva consacrazione, il 2015 è quello della conferma di una tendenza ormai consolidata, ma ancora con forti tassi di crescita, su due strade per certi versi parallele e complementari: il Public Cloud, e la creazione di una infrastruttura interna aziendale “Cloud Enabling”. Il risultato è un mercato che sommando queste due componenti arriverà a valere 1,51 miliardi di euro a fine 2015, con un incremento del 25% rispetto al consuntivo 2014 che è stato di 1,21 miliardi.

Con questi dati ieri l’Osservatorio Cloud & ICT as a Service del Politecnico di Milano ha aperto la presentazione del suo nuovo report annuale, il quinto della sua storia. Un report come di consueto molto ampio, basato su indagini sulle aziende utenti (570), casi di studio, interviste con i player di settore e analisi dell’offerta disponibile sul mercato sia italiano che internazionale.

Alessandro Piva, Osservatori Digital Innovation, Politecnico di Milano

Il concetto principale dell’edizione 2014 («per gran parte dei CIO italiani non vi sono più dubbi sul Cloud: il punto è come adottare queste soluzioni») si conferma e si precisa quest’anno nelle parole di Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio: «È stato compreso che esistono due approcci – il Public Cloud, e il percorso interno di Cloud Enabling Infrastructure – che sono molto diversi: il primo rapido e dirompente, il secondo più lungo e complesso, scandito da varie fasi di investimenti ed evoluzioni del patrimonio infrastrutturale e applicativo esistente, per arrivare a integrare servizi pubblici e servizi interni nel modo più omogeneo e coerente con le strategie di evoluzione del sistema informativo aziendale».

Tornando ai numeri, il valore complessivo di 1,51 miliardi del mercato è legato per due terzi proprio a quest’ultima componente di investimenti nella Cloud Enabling Infrastructure (1,05 miliardi, in crescita del 21%), e per un terzo ai servizi di Public Cloud, che hanno segnato un incremento ancora più forte (35%) arrivando al valore di 460 miliardi.

Servizi Public Cloud: il 45% sono applicativi, il 44% infrastrutturali

Scomponendo la parte Public, il 45% è fatturato da servizi applicativi (Software as a Service, SaaS), il 44% nasce da servizi infrastrutturali (IaaS) e l’11% da servizi di piattaforma (PaaS, Platform as a Service). Tra i servizi SaaS, il 46%, è attribuibile a servizi di Office Automation, Email, Enterprise Social Collaboration & Intranet, il 21% a CRM, Supply Chain Management ed ERP, il 20% ad amministrazione, finanza e controllo, risorse umane, ed eLearning, il 13% a portali Web B2C ed eCommerce, Business Intelligence e Web Analytics.

Dal punto di vista delle dimensioni delle aziende utenti, l’Osservatorio ha anche approfondito l’interesse verso il Public Cloud sia della grandi aziende che delle PMI. Nel primo caso la motivazione principale è la possibilità di rispondere alle richieste del business in tempi rapidi, e una grande azienda su quattro (25%) è in una fase di maturità che i ricercatori definiscono “Cloud first”, in cui la sperimentazione sul cloud è ormai conclusa, ed è stato scelto l’approccio Public Cloud come preferibile in alcuni ambiti progettuali (soprattutto office automation, email, HR, eLearning e CRM).

Per il resto, il 29% ha adottato almeno un servizio Public Cloud, un altro 29% sta valutando, e il 17% non è interessato. Tra coloro che stanno valutando, gli ambiti più attraenti sono disaster recovery/business continuity, office automation ed email, e virtualizzazione e storage. Le motivazioni invece del 17% che non è interessato sono, con poche sorprese, sicurezza e privacy (67%), inadeguatezza dell’offerta disponibile, soprattutto in ambiti specifici (40%), e scarsa convinzione del top management (20%), senza dimenticare la scarsa affidabilità della connessione internet (13%), un problema che in Italia purtroppo è ancora molto serio soprattutto fuori dalle grandi città.

Le PMI finalmente investono: merito anche dell’evoluzione dell’offerta

Quanto all’interesse delle PMI verso il Public Cloud, la spesa sta crescendo a un tasso più che doppio rispetto alla media di mercato (+70%), e rappresenta ormai il 10% appunto della componente Public del Cloud italiano, cioè 46 milioni di euro. Il 30% utilizza già questi servizi, il 25% li sta valutando, il 43% sa di cosa si tratta ma non è interessato, e il 2% non li conosce, con motivazioni (di utilizzo e di non interesse) molto simili alle grandi aziende.

Tra i servizi più adottati vi sono le soluzioni di Office Automation ed eMail (13%), i sistemi ERP e CRM (11%), le soluzioni di amministrazione finanza e controllo o per la gestione HR (8%), Enterprise Social Collaboration & Intranet (7%) e Business Intelligence (5%). Tra gli ambiti infrastrutturali, l’8% utilizza macchine virtuali e storage e il 5% servizi di Business Continuity e Disaster Recovery. I ricercatori attribuiscono la forte crescita della spesa delle PMI all’avanzamento dei progetti di chi era in fase sperimentale, e sul lato offerta alla forte evoluzione della filiera, e soprattutto del canale, in termini di volontà di proporre servizi cloud, soluzioni, e competenze disponibili.

Quell’8% di imprese che ha saputo essere lungimirante

Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico Osservatorio Cloud & ICT as a Service del Politecnico di Milano

Quanto agli investimenti di Cloud Enabling Infrastructure, come accennato l’obiettivo è creare un Sistema Informativo Ibrido, che unisce e fa lavorare insieme sistemi interni e servizi di Public Cloud, valorizzando caratteristiche e opportunità di entrambi i modelli. Per arrivare a questo però occorre affrontare in modo evoluto il tema dell’integrazione.

«Nonostante l’approccio al Cloud, la Cloud Journey, sia diverso azienda per azienda – ha detto Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service – CIO e player di settore concordano sul fatto che il punto di arrivo sia il Cloud Ibrido, paradigma che permette di beneficiare delle caratteristiche peculiari sia del Cloud Pubblico sia del patrimonio informatico aziendale tradizionale. Solo le aziende capaci di integrare i sistemi in modo evoluto, a oggi circa l’8% del totale, hanno potuto godere dei benefici di innovazione e flessibilità dei servizi Cloud, innestandoli in modo coerente sul proprio Sistema Informativo tradizionale, grazie alla lungimiranza e agli investimenti operati negli anni. Ma con l’aumento di consapevolezza dei CIO e la spinta dell’offerta è ragionevole prevedere un’accelerazione nell’adozione di modelli di Cloud Ibrido».

Molti altri sono gli approfondimenti interessanti del nuovo Osservatorio Cloud, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei progetti Cloud nelle imprese, i forti impatti sulla funzione ICT interna, e l’evoluzione della filiera dell’offerta di questi servizi in Italia: ne parleremo con altri articoli dedicati nelle prossime settimane.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4