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Industria 4.0, Calenda: bene gli incentivi, nel 2018 si continua. E ora focus sulle competenze

«D’ora in poi parleremo di Piano Impresa 4.0». Il bilancio del Ministro a un anno dall’annuncio del Piano: investimenti in beni strumentali saliti del 9%, sui macchinari crescita degli ordini del 10% (meglio della Germania), dati positivi anche sulla spesa in ricerca e innovazione. Ma il Venture Capital delude e i Competence Center sono ancora al palo. In vista un Credito di imposta per la Formazione 4.0

Pubblicato il 20 Set 2017

Piano Impresa 4.0 2018 Carlo Calenda

A un anno dalla presentazione del Piano Nazionale Industria 4.0, ben quattro ministri – Calenda, Fedeli, Padoan e Poletti – hanno fatto ieri il punto della situazione: il bilancio è in buona parte positivo, gli incentivi fiscali del Piano – iper e super ammortamento, credito di imposta e fondo di garanziacontinueranno nel 2018, allargando il campo d’azione al di là dell’industria (per questo si parla di “Piano Impresa 4.0”. «Anche se, in funzione delle risorse, dovremo riconsiderare gli ambiti di applicazione e la misura», ha detto Carlo Calenda, fin dall’inizio promotore principale e coordinatore dell’iniziativa.

Nel 2018 inoltre il focus sarà allargato al mondo delle competenze digitali, «dove siamo rimasti indietro»: scuola, istituti tecnici professionali, università, formazione, lavoro. In effetti molti commentatori hanno sottolineato che nel primo anno il Piano è stato fortemente focalizzato sulla ripartenza degli investimenti in beni strumentali, mentre quelli in “asset intangibili” (le competenze) non sono stati altrettanto incentivati.

In quest’ottica è interessante una nuova misura prevista nel 2018, il “Credito di imposta su Formazione 4.0”, a disposizione delle imprese che effettueranno una spesa incrementale (cioè superiore alla media degli ultimi 3 anni) in formazione per il personale focalizzata su almeno una tecnologia Industria 4.0, ossia – specifica il Ministero – vendite e marketing, informatica, tecniche e tecnologie di produzione.

«D’ora in poi si chiama Piano Impresa 4.0, l’impegno si allarga ai servizi»

Ma scendiamo nel dettaglio delle parole dei Ministri, limitandoci agli interventi di Calenda e Fedeli, quelli più incentrati sul bilancio del Piano. «D’ora in poi parleremo di Piano Impresa 4.0 e non più di Piano Industria 4.0, l’impegno si allarga dalla sola manifattura a comprendere anche il mondo dei servizi», ha detto Calenda.

«Nel primo anno, gli effetti di iperammortamento, superammortamento e Nuova Sabatini sono stati positivi e in linea con gli obiettivi. Nel gennaio-giugno 2017 rispetto al 2016 c’è stato un aumento degli ordini interni (investimenti fissi lordi) del 9%, con andamenti molto diversi, per esempio le apparecchiature elettriche ed elettroniche sono cresciute del 10,7%, i macchinari in generale dell’11,6%, i macchinari per le produzioni ceramiche addirittura del 60%. Nei primi 8 mesi del 2017 le aspettative sugli ordinativi sono sui livelli massimi dal 2010, e rispetto alla Germania vantiamo 10 punti di crescita in più sui macchinari, mentre per l’elettronica siamo sugli stessi livelli». Coerente con questi dati tra l’altro c’è anche l’aumento del 25% degli investimenti sulle sei tecnologie digitali che abilitano Industria 4.0. calcolato dall’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di MIlano.

Veniamo alla spesa in ricerca, sviluppo e innovazione (d’ora in poi per comodita RS&I), che nel Piano sono stati incentivati con misure come credito di imposta RS&I e Patent Box. «Su un campione 68mila imprese che abbiamo sondato, 24mila investono in RS&I, 11.300 hanno aumentato queste spese, in media del 10-15%, e l’80% definisce utili o molto utili gli incentivi».

Deludente invece il fronte Venture Capital, che nel Piano era incoraggiato con misure di incentivi agli investimenti in capitale di rischio, cessione perdite startup, equity crowdfunding: «Non stiamo andando bene sugli investimenti early stage: la crescita del 2% è troppo bassa, c’è una distanza siderale con il resto d’Europa. La CE ha autorizzato il potenziamento degli incentivi su investimenti in equity di startup innovative, ma definanzieremo le misure che non hanno funzionato».

Calenda ha poi parlato di ulteriori 3,5 miliardi di investimenti pubblici per la banda ultralarga, dell’aumento nell’anno dell’8,9% del finanziamento al Fondo di garanzia, e dei Contratti di Sviluppo finanziati – oltre 102, di cui 88 al Sud, con investimenti totali di 3,6 miliardi (settori prevalenti: alimentare, automotive, meccanica) e oltre 53mila posti di lavoro salvati o creati.

Solo il 29% delle competenze digitali italiane è di alto livello

«Quanto al lavoro della rete nazionale di promozione del Piano, l’anno scorso al momento della presentazione solo il 10% delle imprese conosceva il concetto di Industria 4.0, oggi direi che solo il 10% non lo conosce (l’8% per la precisione, secondo l’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, ndr): degli imprenditori con cui parlo nessuno lo ignora, il lavoro delle associazioni ha funzionato, sono stati aperti i PID (punti di impresa digitale, ndr) i Digital Hub, abbiamo fatto roadshow sul territorio, ci siamo spesi tanto per spiegare alle imprese. I Competence Center invece non sono ancora partiti, sono poli che riuniscono industrie e università, ma i bandi in Italia sono un meccanismo lentissimo, che non funziona, potremo farlo solo a novembre 2017. Sarà comunque il lavoro più difficile, perché l’obiettivo è costruire qualcosa di simile alla rete Fraunhofer».

Insomma abbiamo dati positivi sugli investimenti in beni strumentali e sulla ricerca in ricerca, sviluppo e innovazione, mentre il venture capital richiede azioni correttive, e i competence center sono in ritardo. «Quella che emerge come l’area più difficile è però quella delle competenze digitali e della loro formazione: qui deve agire direttamente lo Stato, promuovere “Lavoro 4.0” e “Competenze 4.0”. Solo dopo aver fatto questo potremo dire di aver fatto in Italia dopo tanti anni un piano di politica industriale moderno».

La Ministra Valeria Fedeli ha iniziato il suo intervento mostrando un grafico secondo cui solo il 29% delle competenze digitali nella forza lavoro italiana sono di alto livello, contro il 39% della Germania o il 50% del Regno Unito. Poi ha ricordato gli sforzi in corso su Scuola, Educazione Terziaria Professionale, Università e Ricerca, citando dati e risultati su cui torneremo con un articolo ad hoc.

In particolare Fedeli ha detto di voler cambiare l’organizzazione degli ITS (Istituti Tecnici Statali), «i cui iscritti in aree specialistiche legate a Industria 4.0 (tecnologie Made in Italy, mobilità sostenibile, efficienza energetica, tecnologie dell’informazione e comunicazione, ecc.), sono poco più di 7600: in Germania sono 760mila, in Francia 530mila».

In estrema sintesi comunque le principali azioni per “formazione 4.0” per ora sono: per chi studia apprendistato duale (è in corso una sperimentazione a livello nazionale con percorsi complementari formazione-lavoro verso qualifiche e diplomi per circa 50mila giovani), per i NEET (giovani che non studiano nè lavorano) “Garanzia Giovani” e “Crescere in Digitale” (in collaborazione con Google e Unioncamere), per chi lavora formazione continua, politiche attive del lavoro, incentivi in formazione su temi Industria 4.0 (come il credito di imposta spiegato all’inizio dell’articolo).

Taisch (Osservatorio Industria 4.0): le nuove misure sono il giusto completamento

«Le nuove misure annunciate dal Governo su Industria 4.0 sono molto positive: dopo i buoni risultati del primo anno del Piano, vanno nella direzione richiesta dal sistema economico-industriale per offrire nuove opportunità di investimento alle imprese. E con azioni significative di sostegno alle competenze 4.0 si allarga il campo del Piano, che è preso a modello da altri Paesi in Europa», ha commentato Marco Taisch, co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano.

«In particolare è importante l’intenzione di rinnovare i bonus di iper e superammortamento, che hanno riscosso notevole successo tra le imprese, anche se alcune non hanno potuto beneficiarne appieno perché il piano è stato annunciato quando i budget 2017 erano oramai stati decisi: se i bonus saranno rinnovati, molte imprese potranno cogliere l’opportunità nel 2018».

La ripresa di competitività del sistema industriale italiano dipende dagli investimenti in tecnologia, ma anche dalla disponibilità di competenze da acquisire attraverso una formazione dedicata, sottolinea Taisch: «In questo momento l’Italia sconta un paradossale skill gap, con un’alta disoccupazione giovanile e imprese che faticano a trovare le persone giuste. L’Osservatorio Industria 4.0 ha individuato oltre 100 skill tecniche necessarie per la quarta rivoluzione industriale italiana. Oltre a macchinari di ultima generazione, in fabbrica occorre personale qualificato in grado di saperli usare. Per questo è un’ottima notizia l’annunciata riforma degli ITS, e altrettanto giusta è la misura del credito di imposta sulla formazione: un incentivo per lo sviluppo di competenze completa il Piano Nazionale, dopo gli incentivi agli investimenti tecnologici».

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