La crescente importanza del formato video nei piani media è ormai un dato consolidato, sia sul fronte della spesa pubblicitaria che delle potenzialità comunicative.
Tuttavia, come ha evidenziato Valentina Palummeri, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Internet Media, durante il convegno, “Video Everywhere: la strategia pubblicitaria oltre lo schermo”, organizzato dell’dell’Osservatorio Internet Media del PoliMi, esiste un netto scarto tra le intenzioni strategiche dichiarate e le pratiche effettivamente adottate. In molti casi, la video marketing strategy si riduce a un’estensione dei piani televisivi lineari, mancando di quella visione integrata che dovrebbe essere alla base di un ecosistema omnicanale. Vediamo quali sono le principali cause.
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Governance assente, processi frammentati
Tra i principali ostacoli all’adozione di una strategia video integrata, Palummeri individua la mancanza di una governance formalizzata. Nella maggior parte delle organizzazioni analizzate attraverso interviste e tavoli di lavoro con advertiser top spender, la gestione della TV 2.0 avviene ancora in logiche a silos, con competenze divise tra team online e offline e budget rigidamente attribuiti alla TV tradizionale.
Questa separazione non è solo organizzativa, ma culturale: la TV connessa viene spesso considerata una semplice evoluzione del mezzo lineare, più che un canale autonomo, con caratteristiche e potenzialità specifiche. L’assenza di una “regia” condivisa per la pianificazione video trasversale su piattaforme differenti impedisce di sviluppare approcci realmente strategici e cross-media.
Una video strategy solo nominale
L’analisi presentata evidenzia come molti brand dichiarino di avere una video marketing strategy, ma in realtà mantengano un approccio per mezzi, dove la TV rimane centrale e gli altri canali – digitali, social, OTT – sono utilizzati con la sola logica di reach incrementale.
Solo una minoranza di advertiser ha adottato approcci coordinati come la “Total Video Strategy” o la “Video 360”, modelli in cui la pianificazione è realmente integrata tra piattaforme e touchpoint, con contenuti adattati non solo nei formati, ma anche nei linguaggi e nei KPI di riferimento.
La creatività video è ancora schiava dei modelli lineari
Anche sul piano creativo, le evidenze raccolte dall’Osservatorio Internet Media mettono in luce una frammentazione profonda. Le campagne video vengono spesso declinate per i diversi canali in modo reattivo, con minimi adattamenti. Le logiche creative sono ancora ancorate a modelli nati per la TV lineare oppure, all’opposto, completamente digitali, rendendo difficile costruire narrazioni coerenti tra i vari ambienti.
L’assenza di uno standard creativo condiviso per la TV 2.0 si traduce in un basso utilizzo dei formati interattivi e personalizzati, che pure offrono un potenziale elevato in termini di engagement e misurabilità. Il risultato è una creatività che spesso non sfrutta appieno le opportunità offerte dai nuovi formati video.
Dalla reach all’engagement: il potenziale inespresso
La TV 2.0 viene riconosciuta per la sua capacità di accompagnare l’utente lungo tutto il funnel di comunicazione. I formati interattivi, come gli overlay con call to action, consentono di attivare l’utente, raccogliere dati e costruire percorsi di engagement personalizzati. Tuttavia, queste possibilità vengono ancora sottoutilizzate, sia per limiti organizzativi che per una mancanza di cultura sperimentale.
La piena valorizzazione di questi formati presuppone un’integrazione con strumenti propri dell’ecosistema digitale, come il retargeting, l’Email Marketing e il Display Advertising. Senza una visione unificata e senza processi condivisi, però, la TV 2.0 rischia di rimanere confinata a una funzione ancillare rispetto alla TV tradizionale.
Standard, cultura e sperimentazione: le leve della trasformazione
Per far evolvere davvero il ruolo strategico del video servono azioni concrete. In primo luogo è necessario sperimentare, anche con budget ridotti, purché accompagnata da obiettivi chiari e misurabili. Serve poi mettere a terra una solida collaborazione tra brand e operatori, in un’ottica di co-progettazione. Infine, si rende indispensabile la proattività dell’intera filiera, chiamata a portare esempi e soluzioni pronte al test.
In assenza di questi passaggi, la video marketing strategy rischia di restare una dichiarazione d’intenti, senza reale impatto sulla qualità della pianificazione e sulla performance delle campagne.












