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Come cambiano le strategie di Content Marketing B2B nell’era della ricerca guidata dall’AI



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La GenAI sta sempre più trasformando il modo in cui i buyer cercano informazioni e prendono decisioni. Questo scenario impone ai marketer di ripensare linguaggi, formati e modalità di distribuzione dei contenuti, per restare visibili e rilevanti in un ecosistema sempre più dominato da strumenti conversazionali e modelli linguistici avanzati

Pubblicato il 30 apr 2025



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L’intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) sta trasformando in profondità il modo in cui i buyer B2B cercano informazioni e, di conseguenza, il modo in cui i marketer devono strutturare le proprie strategie di contenuto per restare rilevanti. In un contesto in cui nove acquirenti su dieci utilizzano strumenti basati su GenAI in quasi ogni fase del processo decisionale (fonte: Forrester), come possono i professionisti del marketing adattarsi a comportamenti di ricerca sempre più fluidi, distribuiti e opachi? Serve, in primis, ripensare la content strategy.

Cosa si intende per Content Strategy

La content strategy è l’attività di pianificazione, sviluppo e gestione dei contenuti con l’obiettivo di supportare esigenze di business specifiche e rispondere ai bisogni informativi dei clienti. Non si limita alla produzione di testi o materiali visivi, ma definisce il quadro complessivo entro cui ogni contenuto deve inserirsi: quali temi trattare, con quale tono di voce, su quali canali distribuirlo e come misurarne l’efficacia. Una strategia efficace si basa su una profonda comprensione del pubblico di riferimento, dei suoi percorsi decisionali e delle dinamiche di mercato.

Come cambia il panorama della scoperta dei contenuti

La diffusione della GenAI ha ridisegnato il concetto stesso di scoperta dei contenuti. Se fino a pochi anni fa le metriche di successo ruotavano attorno al posizionamento organico sui motori di ricerca e al traffico generato dai clic, oggi queste variabili non bastano più. Come spiega Lisa Gately, Principal Analyst di Forrester, in una delle puntate del podcast “What It Means”: «Gli acquirenti digitano query in linguaggio naturale su strumenti come ChatGPT, Perplexity o Claude, ricevendo risposte complete senza nemmeno dover visitare un sito web. Si entra così nel territorio dello zero-click content, una dinamica di cui si parla da tempo, ma che ora assume contorni più complessi e sfuggenti».

Per i marketer, questo scenario apre una serie di interrogativi difficili da gestire: come dimostrare la presenza del proprio brand all’interno dei modelli linguistici generativi? Quando e come un LLM menziona un’azienda? Non esistono strumenti standardizzati per tracciare queste presenze, né è possibile conoscere esattamente i dataset su cui si basano i modelli. Una perdita di controllo che può generare frustrazione, soprattutto per chi è abituato a dominare le logiche SEO tradizionali.

Tuttavia, come sottolinea Gately, è proprio in questo contesto di incertezza che il Content Marketing deve tornare alle proprie fondamenta: «Creare contenuti autorevoli, utili e adattabili a ogni touchpoint frequentato dagli acquirenti, che oggi si muovono tra social media, community online, eventi di settore e, appunto, piattaforme di AI Generativa».

Content Strategy: il ruolo centrale del sito web

Nonostante il proliferare di strumenti e canali, i dati raccolti da Forrester indicano chiaramente che i buyer B2B non hanno abbandonato del tutto i siti web dei vendor. Piuttosto, utilizzano la GenAI per integrare le ricerche tradizionali. Quando finalmente approdano su un sito aziendale, sono già informati, hanno alle spalle un percorso di apprendimento autonomo e pongono domande più articolate.

Presidiare il mid e late funnel

È qui che il contenuto di mid e late funnel assume un’importanza strategica. «Il sito deve essere pronto a rispondere a quesiti complessi, come il confronto tra soluzioni alternative o le implicazioni di specifiche scelte tecnologiche. Le query non sono più semplici parole chiave, ma frasi articolate, costruite in linguaggio naturale, che richiedono risposte approfondite e pertinenti. Per il marketer, questo significa ripensare la struttura e il linguaggio dei contenuti, privilegiando uno stile più vicino al modo in cui parlano gli acquirenti, abbandonando il gergo aziendale e adottando un tono più conversazionale e umano».

SEO, discoverability e partnership: una strategia multicanale e multilivello

Se la SEO classica non è più il solo faro a guidare le strategie di Content Marketing, non vuol dire che debba essere abbandonata. Al contrario, come evidenzia Gately, «il posizionamento organico rimane uno dei tanti strumenti a disposizione, ma va integrato in una visione più ampia di discoverability. I marketer devono imparare a ottimizzare i contenuti per diverse piattaforme e formati: dai video su YouTube, che possono emergere nei risultati di ricerca, alle conversazioni che si sviluppano nei forum di settore o negli eventi di networking».

Un ruolo decisivo sarà giocato dalle partnership con influencer, esperti del settore, e nella produzione di report co-branded o partecipazione a eventi online. Si tratta di collaborazioni che permettono di amplificare la portata dei contenuti, attingendo alla credibilità altrui per raggiungere buyer sempre più frammentati nei loro percorsi di ricerca.

La capacità di leggere i segnali di comportamento dei buyer, interpretare le loro intenzioni e adattare le tattiche, di conseguenza, diventa una competenza chiave.

L’adozione responsabile della GenAI nel Content Marketing

E mentre gli acquirenti si affidano sempre più all’AI per informarsi, anche i marketer si stanno attrezzando per integrare l’Intelligenza Artificiale nei propri processi. La promessa di maggiore produttività e velocità è allettante, ma non esente da rischi. Secondo Gately, l’adozione della GenAI deve essere guidata da tre principi cardine.

Il primo è la fedeltà alla content strategy e alla centralità del pubblico. Nessuna scorciatoia tecnologica può sostituire la comprensione profonda delle personas, dei loro ruoli nel gruppo di acquisto, dei loro bisogni e dei loro linguaggi. Ogni contenuto deve essere pensato per essere pertinente, personalizzato e utile in un preciso momento del percorso d’acquisto.

Il secondo pilastro è il rafforzamento dell’oversight umano. La generazione di contenuti tramite AI richiede un editing attento, fact-checking rigoroso e la collaborazione con esperti di settore per assicurare che ciò che viene pubblicato sia accurato, pertinente e di valore. La qualità, sottolinea Gately, non è negoziabile.

Infine, l’AI dovrebbe liberare tempo per permettere ai team di concentrarsi su ciò che la tecnologia non può fare: ricerca, networking, partnership. L’obiettivo è creare contenuti originali, arricchiti dall’esperienza vissuta e dalla conoscenza del settore, che rispondano meglio di qualsiasi altra fonte alle domande dei buyer.

Personalizzazione: il nuovo orizzonte

L’evoluzione delle strategie di Content Marketing B2B nell’era della GenAI rappresenta anche una grande opportunità per alzare il livello della personalizzazione. «Se l’automazione aveva già permesso di adattare i messaggi su base demografica o comportamentale, oggi l’obiettivo è creare esperienze ancora più su misura, capaci di rispondere in modo puntuale ai bisogni specifici dei singoli buyer, ai contesti di mercato e alle sfide di settore».

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