Reportage

Funzione Finance al bivio: gestire il “Data Capital” aziendale, o diventare marginale?

Gli spunti di un’indagine CIMA-Oracle su 744 senior manager Finance, e il punto di vista di Andrea Dossi, Docente Senior SDA Bocconi. Nell’era digitale il valore delle imprese è sempre più legato ad asset intangibili. E quella del CFO è l’area più indicata per misurarlo, supportando le business line. A patto di andare oltre l’ottica “contabile”

Pubblicato il 06 Set 2016

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La rivoluzione digitale sta cambiando profondamente le determinanti del valore delle aziende: asset intangibili come marchio, customer satisfaction, o la stessa capacità di sfruttare i dati, sono ormai preponderanti rispetto a quelli fisici. Occorre un’area aziendale capace di “interpretare” questa nuova situazione, dando alle business line le migliori informazioni per decidere. La funzione Finance, guidata dal Chief Financial Officer (CFO) è la più indicata, per il suo storico presidio sui dati e la sua visione trasversale sulle scelte strategiche. Ma per assumere questo ruolo deve andare oltre l’ottica “contabile” di consuntivo, concentrandosi sui veri driver del valore aziendale.

Questi in sintesi i temi del workshop “Digital Finance Imperative: quale nuovo ruolo per il CFO?”, organizzato da SDA Bocconi con Oracle, che ha visto la presentazione di una ricerca del CIMA (Chartered Institute of Management Accountants) su 744 senior manager in area Finance in tutto il mondo, di cui circa 50 italiani; un intervento di scenario di Andrea Dossi, Docente senior dell’Area Amministrazione e Controllo di SDA Bocconi; e una tavola rotonda tra i CFO di quattro primarie aziende italiane: Chiesi Farmaceutici, Fiat Chrysler Automobiles, Gruppo Ferrovie dello Stato e Gruppo Prada. In questo articolo ci concentreremo sui primi due momenti, mentre alla tavola rotonda ne dedicheremo un altro nei prossimi giorni.

I principali responsi dell’indagine “The Digital Finance Imperative: Measure And Manage What Matters Next” , commissionata a CIMA da Oracle, sono stati raccontati da Andrea Cravero, EPM Sales Consulting Senior Director, Western Europe di Oracle.

Oggi ogni area si misura i suoi KPI

«Dalla ricerca emerge che oggi i principali driver del valore di un’azienda sono cinque – customer satisfaction, qualità dei processi di business, relazioni con i clienti, qualità delle risorse umane, e brand reputation – ma la soddisfazione sulla capacità dell’azienda di misurare questi driver è piuttosto bassa: tra l’11% e il 16% degli intervistati, in funzione dei vari driver». Dei 9 KPI più diffusamente misurati, però, ben 7 – qualità dei dati, produttività del personale, coinvolgimento del personale, customer satisfaction, customer retention, talent sourcing e brand awareness – sono correlati con i cinque driver. Ma chi misura questi KPI in azienda? Nessuna sorpresa: l’indagine evidenzia che la funzione “proprietaria” di un certo tipo di dati è quella responsabile di fornire le relative misure.

«Anche in un quadro “a silos” del genere, comunque il CFO è l’unico che può contribuire alla misura di tutti i cinque value driver, e può avere un ruolo crescente di “information broker”, di mediatore del passaggio tra dato grezzo e dato raccontato agli altri “C-level”».

Questo però, come si diceva, a patto di fare un deciso “salto culturale”. La funzione Finance è stata per decenni pioniera dell’innovazione IT in azienda, introducendo per esempio l’Univac per la gestione delle paghe, e il foglio elettronico per il budgeting. Gli stessi sistemi ERP sono nati dal nucleo finanza-amministrazione, ma poi lo slancio si è affievolito, e oggi secondo varie indagini la metà delle informazioni fornite dal Finance al business non vengono usate, anche perché sono a volte sono incomplete, intempestive o irrilevanti. Uno scenario problematico, ha concluso Cravero, a cui l’offerta di soluzioni Cloud per il Finance di Oracle può dare molte risposte.

«Se tutto questo non lo fa il Finance, lo farà qualche altra funzione»

Andrea Dossi di SDA Bocconi ha poi preso la parola spiegando la sua interpretazione della ricerca: «Il messaggio chiave è che c’è il rischio forte che l’evoluzione digitale renda il Finance una funzione “marginale”, confinata a produrre “statutory reporting”, esaltando invece altre funzioni se queste sono capaci di fornire informazioni utili al processo decisionale del management».

Per non fare questa “fine”, il Finance deve fare 4 cose: capire quali sono i value driver, sviluppare o condividere un sistema di KPI capace di misurarli, assumersi la responsabilità della qualità di dati e informazioni, e sviluppare con il business rapporti di vera e propria partnership per influenzare le decisioni manageriali critiche. «Se tutto questo non lo fa il Finance, lo farà qualche altra funzione».

C’è un movimento sempre più vasto, continua Dossi, che chiede alle aziende di andare oltre il brevissimo termine del report trimestrale. Lo scorso febbraio il CEO di BlackRock, il più grande fondo d’investimento del mondo (4600 miliardi di dollari amministrati), ha scritto a tutti i CEO delle società S&P 500 chiedendo di superare la politica dei buyback e dei dividendi e di mostrare agli investitori le loro strategie per creare valore nel lungo termine.

«Oggi il segno di salute più importante di un’azienda non sono gli earning, è il valore degli asset, gran parte dei quali però sono intangibili, e quindi difficilmente misurabili dai sistemi di controllo di gestione. Il brand Prada, per esempio, non è valutato nel bilancio del gruppo. La valutazione contabile del Group Net Equity è di 3,1 miliardi di euro, ma secondo Interbrand il marchio Prada vale oltre 5,5 miliardi».

“Data Capital”: non una nuova voce di bilancio, ma un nuovo modo di usare i dati

Eppure, sottolinea Dossi, il manager più indicato per promuovere la nuova visione di lungo termine è proprio il CFO.

«Anche la capacità di estrarre “valore decisionale” dai dati è un asset aziendale, e anche questo non è facilmente esprimibile a bilancio, ma apre prospettive importanti per il Finance, che ha fatto del trattamento dei dati la sua storia. Il Finance deve rendere “capitale aziendale” tutti i dati, interni ed esterni, strutturati e non, elaborando modelli predittivi per migliorare le decisioni. Possiamo parlare di Data Capital, non tanto come nuova valutazione di bilancio, ma come nuova prospettiva d’uso dei dati aziendali da parte del Finance». Obiettivo quindi sulla creazione di valore, in particolare di valore “intangibile”. Ma come procedere concretamente? Con le azioni già citate, risponde Dossi, costruendo un sistema di KPI coerente con i value driver, e assumendosi la responsabilità della qualità dei dati, il tutto in stretta collaborazione con le business line.

«Occorre investire meno sul controllo e più su planning e budgeting, le fasi dove vengono prese le decisioni, e poi concentrarsi sull’efficienza di impiego e sviluppo degli asset, e sulla relativa accountability manageriale. Un tema decisivo in particolare è la qualità dei dati, tenendo conto che nell’era del digitale occorre usare anche i dati esterni, per elaborazioni e simulazioni anche in area prettamente Finance. E che anche il concetto stesso di “qualità del dato” cambia: non deve essere quella amministrativa tradizionale, persino eccessiva, ma una qualità “sostanziale”, che esprime l’allineamento del dato e del KPI con la generazione di valore».

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