L’attuale assetto del sistema bancario e finanziario
italiano è frutto di un complesso processo che ne ha in pochi
anni trasformato la struttura, con l’obiettivo di una
maggiore integrazione nel mercato europeo. Le tappe principali di
questo percorso, iniziato nei primi anni 90, sono la riforma
della normativa di settore, culminata con l’adozione dei
due Testi unici della Banca e della Finanza, che stabiliscono le
finalità dell’attività di vigilanza, le privatizzazioni –
avviate alla fine del 1993, con la trasformazione in società per
azioni delle Banche pubbliche -, un forte consolidamento e la
progressiva apertura all’estero del sistema.
In questo contesto, si è innestata dal 2008 una delle crisi
finanziarie più violente della storia moderna che, a partire dai
mercati finanziari, ha investito i sistemi bancari mondiali e in
cascata gli altri settori dell’economia. Sebbene il settore
finanziario ne stia scontando ancora gli effetti in termini di
prestazioni economiche, la congiuntura creditizia in Italia ha
mostrato nei primi mesi del 2010 evidenti
segnali di miglioramento: il credito al settore privato
ha ad esempio registrato una crescita annua
dell’1,3% con chiari segni di accelerazione.
Anche il settore delle Assicurazioni ha subito a livello europeo
una pesante caduta della produzione, ma sembra aver avviato un
lento percorso di miglioramento: già nel 2009 la raccolta premi
nel nostro Paese ha fatto registrare una inversione di tendenza,
con un segno di crescita positivo che ha portato
l’ammontare complessivo della raccolta premi a oltre 118
miliardi di euro (+28% rispetto al 2008).
Il settore Finance, rappresenta da sempre una voce di
spesa importante del mercato ICT italiano, con le grandi
Banche tra i primi investitori in nuove tecnologie nel nostro
Paese. Nello specifico, il settore Finance ha rappresentato nel
2009 in Italia il 24% della spesa ICT complessiva.
Gli Osservatori ICT & Management del Politecnico di Milano
(www.osservatori.net)
dedicano da tempo al settore Finance un’attenzione forte e
crescente attraverso specifiche Ricerche; in particolare,
l’Osservatorio ICT Strategic Sourcing ha realizzato nel
2010 una Ricerca verticale con un panel di 30 tra le principali
Banche e Assicurazioni operanti in Italia, mentre
l’Osservatorio Intranet Banche – giunto alla sua
settima edizione e svolto in collaborazione con ABI Lab –
si è focalizzato sull’impatto dei sistemi web
sull’organizzazione e sui processi delle Banche
coinvolgendo CIO, Intranet Manager e Responsabili
dell’Organizzazione di 27 Banche italiane.
Le Ricerche confermano il ruolo trainante del settore Finance per
l’ammodernamento del Paese, con l’ICT che rappresenta
una leva di innovazione dei prodotti/ servizi e dei modelli di
business nei due terzi del panel di Ricerca, rivestendo un ruolo
centrale nei processi correnti nella metà delle realtà
analizzate. A fronte della crisi di un certo modello finanziario
e del conseguente bisogno di ritrovare redditività, rendendo
più efficienti e innovativi i servizi bancari e assicurativi,
l’ICT sembra destinata ad assumere un ruolo ancora più
importante di leva strategica di innovazione e miglioramento. Ne
è solo un esempio ciò che sta avvenendo per effetto
dell’evoluzione tecnologica e di Internet, cioè
l’affermarsi di un modello organizzativo di
“Banca/Assicurazione virtuale”, per il quale le
tecnologie entrano in modo preponderante
nell’organizzazione, innovando i contenuti
dell’offerta e le modalità di relazione con i mercati.
Se negli ultimi due anni l’attenzione si è focalizzata sul
taglio dei costi, nel rinnovato sforzo di ricostruire valore e
redditività, l’ICT può essere oggi considerata a pieno
titolo una variabile strategica per il settore Finance, sia in
quanto leva di razionalizzazione e innovazione dei
processi sia come canale per ripensare i servizi
e le relazioni con i clienti. Rigidità organizzative e
ritardi strategici nelle decisioni, tuttavia, fanno sì che le
opportunità potenziali di innovazione e miglioramento
dell’efficienza, derivanti da un utilizzo coerente
dell’ICT nel settore, siano in gran parte ancora non colte.
L’evoluzione del budget ICT e le priorità di
investimento
L’impatto sull’ICT dello tsunami finanziario che ha
innescato la crisi è stato immediato, con una riduzione generale
e diffusa degli investimenti e, soprattutto, con un netto
cambiamento delle priorità ed esigenze a cui l’ICT ha
dovuto far fronte. In particolare, l’enfasi è stata posta
con vigore sul riportare l’attenzione al breve termine, con
richieste pressanti di efficienza e di giustificazione degli
investimenti e una attenzione spasmodica al tema della
liquidità. Nel contempo tuttavia, proprio per recuperare
redditività, è emersa sempre più forte l’esigenza che
l’ICT supporti processi di cambiamento e razionalizzazione
del business. Le Direzioni ICT si sentono così pressate da
richieste potenzialmente contrastanti di riduzione dei costi e di
proattività e miglioramento dei tempi di risposta al business.
Ciononostante, rispetto ad alcune previsioni 2009, il quadro che
emerge dalle stime di chiusura relative al 2010 e dai trend
previsti per i prossimi tre anni lascia prevedere un progressivo
miglioramento: sebbene non si possa ancora parlare di crescita
dei budget ICT, è in atto un’inversione di tendenza con
una stabilità del budget, in oltre il 40% dei casi analizzati
dalla Ricerca ICT Sourcing nel Finance 2010. Ciò sottende il
fatto che le aziende puntano a finanziare un aumento degli
investimenti (CAPEX) attraverso una riduzione dei costi operativi
(OPEX). Molte Banche e Assicurazioni stanno dunque
investendo in progetti di innovazione ICT che prevedono
importanti impegni. Tali investimenti permetteranno, in
alcuni casi, di migliorare i processi di erogazione del servizi,
aumentando l’efficienza e riducendo in tal modo anche i
costi operativi, come nel caso dell’uso del canale diretto,
con la possibilità da parte dei clienti di svolgere tutte le
operazioni direttamente via web, riducendo l’impegno di
risorse dell’azienda solitamente impiegate in tale
attività.
Analizzando in modo congiunto i dati relativi al trend di CAPEX e
OPEX, la Ricerca ha messo in luce come siano le Banche di grandi
dimensioni ad investire maggiormente e a ridurre i costi
operativi: questo a riprova del fatto che, in questi casi, gli
investimenti ICT rappresentano una delle leve utilizzate per il
rilancio, permettendo di innovare il business e di ottenere un
aumento dell’efficienza dei processi che vengono sempre
più automatizzati, con conseguente riduzione degli OPEX.
Analizzando le destinazione del budget ICT, nel settore Finance
in Italia, emerge che gli investimenti ICT sono pesantemente
condizionati dall’esigenza di adeguamento dei sistemi per
la compliance alle normative.
In particolare, il settore bancario continua ad attraversare un
processo di evoluzione normativa senza precedenti, iniziato nel
1990, con il varo di importanti provvedimenti legislativi (la
Legge 287, a Legge 218 Amato-Carli, “Patti Chiari”,
Single Euro Area of Payments – SEPA, Payment Services
Directive – PS DMiFid, Basilea 2, Basilea 3, ecc.). In ambito
assicurativo la principale direttiva che negli ultimi anni ha
condizionato fortemente le scelte aziendali è Solvency 2, con lo
scopo di estendere la normativa di Basilea 2 al settore
assicurativo. Sebbene un atteggiamento proattivo e innovativo
nell’affrontare le esigenze di compliance potrebbe divenire
un’occasione di innovazione e generare vantaggi
competitivi, la realtà è che per lo più si tratta di
“investimenti” dovuti che sottraggono tempo e risorse
ad altre aree di sviluppo. Questo è particolarmente vero per le
Banche e Assicurazioni di piccole dimensione per le quali gli
obblighi di compliance assorbono la grande parte delle risorse ed
energie disponibili. Altrettanto importanti, per quasi il 90% dei
rispondenti, risultano gli investimenti rivolti
all’automazione dei processi interni (back office) poichè
permettono di ottenere vantaggi elevati in termini di efficienza
e riduzione dei costi operativi. Un’elevata priorità di
investimento è data anche alla creazione di nuovi canali, area
molto rilevante per oltre il 60% dei casi analizzati, e di
soluzioni di supporto alle attività di sportello e di relazione
con il cliente (front office). A questa categoria afferiscono le
iniziative di sportello self-service e i nuovi canali web che
permettono al cliente l’autogestione dei conti o delle
polizze, offrendo non solo una riduzione dei costi operativi, ma
anche la personalizzazione a basso costo del servizio e quindi
un’attrazione e fidelizzazione di nuovi possibili target ed
un aumento dei ricavi. Risultano molto rilevanti anche le
soluzioni di supporto alle decisioni e al risk management, spesso
supportate da strumenti di business intelligence. Altre aree di
investimento considerate importanti, seppur meno prioritarie
rispetto a quelle finora citate, sono quelle relative allo
sviluppo e miglioramento delle infrastrutture ICT e al supporto
alla collaborazione e comunicazione interna.
Il ruolo dei partner tecnologici
Dalla Ricerca ICT Sourcing nel Finance emerge che in quasi la
metà delle aziende censite non esistono figure e/o unità
organizzative esplicitamente dedicate all’innovazione ICT,
malgrado l’importanza di questi investimenti. La domanda di
innovazione viene invece generata dal Management e dalle
Direzioni di Line e trova in questi e nella Direzione ICT i
principali sponsor. L’apporto di innovazione da parte dei
fornitori risulta invece sensibilmente inferiore al livello
desiderato. Secondo le aziende analizzate, sono le società di
consulenza, spesso coinvolte in progetti di innovazione, a
fornire il contributo maggiore (ma anche System Integrator,
Outsourcer Specializzati Nazionali e Università/ Centri di
Ricerca), mentre altre tipologie di fornitori, a cui spesso sono
richiesti solo obiettivi di efficienza, rimangono vincolati da
gabbie contrattuali che inibiscono la genesi di innovazione
(Fornitori as a Service, Joint Venture e Consorzi e Outsourcer
Internazionali).
In questo quadro, secondo la Ricerca ICT Sourcing nel Finance
2010, la quota del budget complessivo ICT destinata
all’acquisto di servizi esterni è già oggi tra il 25% e
il 50%, e quasi il 40% delle aziende analizzate nel 2010 ne
prevede un aumento nei prossimi tre anni. Non mancano, tuttavia,
alcuni casi nei quali si prevede di riportare all’interno
alcune attività ICT. Si tratta in particolare di Banche di
grande dimensioni, che, anche a fronte di un aumento del budget
ICT, ridurranno la percentuale di budget dedicata
all’acquisto di servizi per la necessità di gestire gli
esuberi emersi a seguito dei processi di fusione e acquisizione.
Le aziende di medie/piccole dimensioni risultano invece
maggiormente orientate al ricorso all’outsourcing. In essa
sono presenti casi di netto aumento del budget ed anche del trend
della quota destinata agli acquisti: la scelta di esternalizzare,
in questi casi, non è stata quindi una leva utilizzata per
ridurre i costi ICT.
In termini di relazione, tuttavia, dalla Ricerca emerge come il
rapporto tra cliente e fornitore sia nel settore ancora molto
tradizionale e, in sostanza, negoziale: oltre il 70% dei
rispondenti dichiara la presenza di revisioni periodiche del
contratto, che spesso prevedono benchmarking sulle tariffe
concordati tra le parti (per circa il 50% dei casi del panel).
Per più delle metà delle aziende, inoltre, i contratti hanno
durata che non supera l’anno, consentendo di rivedere
frequentemente le condizioni contrattuali, anche come elemento di
stimolo alla propositività dei fornitori. Tali trend risultano
in linea con il periodo di grande cambiamento in cui molte
aziende bancarie e assicurative si trovano a operare:
necessitando di elevata flessibilità al cambiamento e avversione
verso fenomeni di “lock-in” da parte dei fornitori.
Risultano purtroppo molto meno diffusi meccanismi per spingere
verso rapporti evoluti di partnership cliente-fornitore, come
comitati misti per l’innovazione, meccanismi di gain
sharing, bonus di sovra-performance.
In tale contesto, appaiono attrattive le nuove formule on demand
che, almeno sulla carta, permettono di “accendere e
spegnere” un servizio a seconda delle reali necessità
dell’azienda, con evidenti benefici sulla scalabilità, i
costi di avviamento, la conversione dei costi fissi in variabili
e un’indubbia apertura all’innovazione, spesso insita
nei servizi (come ad esempio Software as a service e
Infrastructure as a service). Quasi la totalità delle aziende
analizzate ritiene infatti che in futuro si svilupperanno in modo
rilevante questi nuovi modelli di offerta, in cui la fruizione on
demand basata sul Cloud Computing lascia disporre di risorse
scalabili e flessibili con il pagamento di un canone basato sul
consumo effettivo, senza che l’utente debba acquisire gli
asset.
La sfida è innovare assieme
In questo scenario, la domanda di innovazione nei confronti dei
fornitori è modesta e il contributo spontaneo proattivo da parte
dei fornitori è limitato dal mancato sviluppo di relazioni
basate su logiche di collaborazione e condivisione di obiettivi,
anche di lungo termine. La mancanza di apertura e propositività
e la carenza di figure o unità organizzative dedicate
all’innovazione fa sì che anche la relazione con il
business risulti poco efficace, ingenerando così una sorta di
doppio circolo vizioso in cui sia l’innovazione esterna da
parte dei fornitori, sia quella interna stimolata dal business
(demanddriven) risultano via via meno efficaci. La chiave per
uscirne può essere soltanto una sorta di alleanza a tre fra
responsabili ICT, Business e sistema dei fornitori. Non si
tratta, tuttavia, di un percorso facile né naturale: se da un
lato le best practice analizzate confermano che innovare assieme
è possibile e conveniente, dall’altro l’analisi
empirica mette in luce l’esistenza di fortissime inerzie:
la rigidità dei modelli organizzativi, la presenza di elevati
“legacy” a livello di tecnologie e competenze,
nonché la difficoltà a far fronte agli eventuali esuberi che i
nuovi modelli organizzativi potrebbero far emergere, fanno sì
che molte aziende scelgano di non affrontare o di posticipare il
cambiamento.
Superando a fatica tradizioni e pregiudizi, nel lungo periodo, la
Ricerca lascia prevedere un trend strutturale verso un modello di
ICT più aperto, in cui la Direzione ICT si apre verso
l’esterno e diventa “agente di innovazione” e
“laboratorio aperto” che integra le migliori
competenze esistenti sul mercato delle tecnologie in ciascuno
specifico ambito. Il vantaggio competitivo nei prossimi anni
dipenderà da quanto la singola azienda saprà interpretare e
cogliere proattivamente questo trend bilanciando l’esigenza
di rinnovamento con quella di corretta valorizzazione delle
risorse interne e gestione del cambiamento. Anche ai fornitori
sarà richiesto di fare la propria parte, sia a coloro che già
oggi sono considerati partner per l’innovazione che ad
altri che oggi vengono considerati scarsamente propositivi. Sarà
richiesto di mettersi in discussione e coinvestire per migliorare
la qualità e l’integrazione del loro apporto di
competenze. Probabilmente questo scenario richiederà un
cambiamento strutturale forte, quasi generazionale, ma nessuno
può più pensare, per sopravvivere, di innovare da solo.
Caso di studio: ICT motore di innovazione in
Credem
Credem, Gruppo bancario presente in 19 regioni italiane, opera
sul territorio nazionale, sia sul mercato retail sia su quello
corporate, con 605 unità tra filiali e centri imprese, 53 negozi
finanziari e una rete di circa 1.000 promotori finanziari. Il
Gruppo è composto da società specializzate nei settori del
banking, dell’investment banking, dell’asset
management e della bancassurance. I principali fattori critici di
successo sono la continua innovazione di prodotto e
l’eccellenza del servizio; in questo scenario l’ICT
ha un ruolo da protagonista, il cui compito primario è di motore
per l’innovazione, sia in termini di prodotto sia di
processo. In particolare, l’ICT supporta principalmente
l’area del risparmio – con strumenti che permettono
di fare l’assessment del rischio degli investimenti
finanziari – e l’area commerciale, per rispondere al
meglio alle esigenze di propositività delle reti di vendita e di
compliance. In quest’area si focalizzano maggiormente gli
investimenti ICT, con progetti di innovazione per i sistemi di
sportello e di Internet banking. Elevati investimenti ICT sono
inoltre indirizzati all’aumento dell’efficienza, con
lo snellimento dei processi e la dematerializzazione dei
documenti. Se da un lato, quindi, il budget ICT per investimenti
è in aumento, la Banca cerca di ridurre le spese correnti per
finanziare l’evoluzione del sistema.
Per quanto riguarda le politiche di ICT Sourcing, Credem si
affida da molti anni a un gruppo di fornitori selezionati in una
logica di outsourcing governato. In particolare Credem ha
instaurato un rapporto di partnership per lo sviluppo del sistema
di gestione dello sportello, condividendo con il fornitore
l’intero investimento e collaborando per il mantenimento e
l’evoluzione del sistema. In particolare, questa soluzione
ha permesso di creare un centro di competenza in cui sono
presenti sia le risorse della Direzione ICT sia quelle del
fornitore, e all’interno del quale è stato possibile
condividere idee ed esigenze. In particolare, le risorse interne
si sono specializzate sull’esplicitazione dei requisiti
funzionali, mentre quelle esterne nella realizzazione della
soluzione. Per quanto riguarda i nuovi modelli di offerta, Credem
utilizza una soluzione di posta elettronica secondo il modello di
“Software as a Service”, con un pagamento basato sul
numero di caselle postali attivate in logica “pay per
use”.
Caso di studio: La strategia di ICT outsourcing di
UniCredit
UniCredit Group è uno dei principali gruppi finanziari Europei
con una forte presenza in 22 paesi e uffici di rappresentanza in
altri 27 mercati, circa 9.578 sportelli e oltre 162.000
dipendenti. UniCredit opera attraverso la più estesa rete di
banche nell’area dell’Europa centro-orientale con
circa 4.000 filiali e sportelli. UniCredit Global Information
Services (UGIS) è la Global ICT Company del Gruppo, con quasi
4.200 dipendenti, distribuiti in 19 siti presenti in otto paesi
europei. In UniCredit, l’ICT è ormai da tempo considerato
una leva abilitante delle strategie di business e negli ultimi
due anni tale convinzione si è rafforzata ancor di più nel Top
Management del Gruppo. L’ICT poi, oltre che strumento per
lo sviluppo del business, costituisce una delle opportunità per
ottenere maggior efficienza all’interno delle aziende a
livello di costi generali.
aree. Ciò che sta maggiormente evolvendo nelle politiche di ICT
Sourcing è da un lato un processo di vendor consolidation,
dall’altro l’approccio nei confronti dei fornitori,
che rappresenta l’elemento di maggior innovazione. Infatti,
da una logica basata su contratti “Time &
Material” ci si sta spostando verso un approccio
maggiormente focalizzato sulle responsabilità specifiche dei
fornitori, che sono quindi chiamati a lavorare per obiettivi e a
rispondere dei risultati in modo maggiormente proattivo. Il
governo delle attività oggetto di sourcing esterno viene
comunque mantenuto internamente. I fornitori a cui UGIS si
rivolge maggiormente sono partner di dimensione internazionale, a
cui viene richiesto un apporto rilevante, per gestire al meglio
la crescita del business del Gruppo, crescita alla quale
l’ICT sarà sempre più chiamato a contribuire. Per
aumentare la propria capacità di rispondere alle esigenze del
business UGIS potrà così anche contare sulle sinergie con i
partner tecnologici.