Ricerche

Digital disruption: la minaccia delle startup ora fa paura. Una ricerca Vanson Bourne su 4000 business leader

Un’azienda su 2 teme che nuove realtà nate nell’era digitale renderanno il proprio business obsoleto nell’arco di 3-5 anni. La difficoltà di convertire architetture tradizionali preoccupa quelle organizzazioni che nel recente passato non sono state abbastanza reattive. Ma c’è anche chi fa delle startup un alleato, e segue la via dell’open innovation

Pubblicato il 10 Ott 2016

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Anche nelle aziende più aperte all’innovazione, tradurre in pratica idee e progetti non è sempre facile. È necessario convertire organizzazioni e processi in uso da anni e cambiare abitudini consolidate nel tempo. Una startup può invece sfruttare al meglio le potenzialità dell’era digitale, per costruire rapidamente una nuova infrastruttura partendo da zero. Per tanti, una vera e propria minaccia alla propria posizione di mercato, ovvero il rischio di disruption, come emerge da una ricerca commissionata da Dell e condotta da Vanson Bourne su 4.000 dirigenti aziendali in 16 Paesi. Il 78% delle aziende nel mondo considera infatti le startup una minaccia e quasi la metà (45%) teme di poter diventare obsoleta nei prossimi 3-5 anni.

Alcune società intervistate sono consapevoli di essere danneggiate da questo radicale processo di cambiamento. Più della metà (52%) ha accusato esperienza di stravolgimenti significativi nei propri settori di riferimento nel corso degli ultimi tre anni a causa delle tecnologie digitali e di Internet of Everything, mentre il 48% non si sente in grado di prevedere l’evoluzione del proprio mercato.

Alle radici della situazione attuale, anche un colpevole ritardo nell’avviare la trasformazione digitale. In molti hanno adottato un approccio graduale e solo una minoranza può dire di aver completato il passaggio. La stragrande maggioranza (73%) ammette che la trasformazione digitale potrebbe essere più diffusa all’interno dell’organizzazione.

Circa sei aziende su dieci non sono in grado di soddisfare alcune tra le principali richieste dei clienti, come un maggiore livello di sicurezza e

un accesso più veloce a servizi e informazioni in modalità 24/7. Quasi 2/3 (64%) confessa di non fare intelligence in real-time.

Di fronte a tali minacce, le aziende cominciano a cercare alcune soluzioni da mettere in atto. Il 73% concorda sul bisogno di dare priorità a una strategia tecnologica centralizzata, mentre il 66% sta pianificando investimenti in infrastrutture IT e l’acquisizione di competenze in ambito digitale. Infine, il 72% sta espandendo le proprie capacità di sviluppo software. In ordine di priorità, gli investimenti per i prossimi tre anni riguarderanno nel’ordine, converged infrastructure, ultra-high performance technology, analytic, big data ed elaborazione dati e tecnologie di internet of things.

Da notare che più di un terzo ha avviato una partnership con le startup al fine di adottare un modello di open innovation (35%), ovvero di accelerare il percorso di innovazione collaborando con chi ha sviluppato un’idea innovativa e vicina al proprio business: una strada sempre più percorsa dalle grandi aziende affamate di innovazione.

Infine, solo il 17% misura il successo secondo il numero di brevetti registrati e circa la metà (46%) sta integrando obiettivi digitali con quelli di tutti i dipartimenti e dello staff.

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