L’universo televisivo cambia: sempre più investimenti pubblicitari si dirigono verso ambienti digitali veicolati attraverso il televisore, ma che esulano dal perimetro tradizionale della TV lineare. È il caso della TV 2.0, definizione con cui si indicano l’insieme delle esperienze pubblicitarie erogate tramite tecnologie e ambienti digitali sul grande schermo: dalle app per connected TV alla addressable TV, fino ai formati nativi offerti dai produttori di dispositivi.
Secondo i dati presentati da Denise Ronconi, Direttrice dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, durante il convegno “Video Everywhere: la strategia pubblicitaria oltre lo schermo”, la raccolta pubblicitaria sul device televisivo raggiungerà nel 2025 i 4,6 miliardi di euro, pari al 39% del totale mercato italiano. Di questi, 702 milioni di euro sono attribuibili proprio alla componente TV 2.0, che mostra una crescita stimata del 22% rispetto al 2024.
Indice degli argomenti
Un nuovo perimetro per la pubblicità televisiva
L’analisi proposta dall’Osservatorio sposta l’attenzione dal mezzo alla logica di fruizione. Se da una parte la TV tradizionale — ovvero la trasmissione lineare — continua a rappresentare una fetta consistente della raccolta (il 34% nel 2025), è l’estensione digitale dell’esperienza televisiva a mostrare il tasso di crescita più dinamico.
Il passaggio dalla TV tradizionale alla TV 2.0 non si misura solo sul piano tecnologico, ma anche in termini di pianificazione e allocazione dei budget pubblicitari. L’offerta si espande su nuovi canali e ambienti, includendo applicazioni video fruite direttamente da smart TV, formati interattivi e targeting basato su dati. Questo ampliamento del perimetro apre a nuove opportunità di reach e coinvolgimento, in particolare verso target giovani e digitali, meno intercettabili tramite i canali lineari.
La crescita delle app per connected TV
Una componente fondamentale della TV 2.0 è rappresentata dalle app su connected TV, come Netflix, RaiPlay, Mediaset Infinity, Pluto TV o YouTube. Ronconi ha indicato che questa categoria contribuirà in modo significativo alla crescita del comparto, con tassi stimati tra il 22% e il 23% nel solo 2025.
Le app consentono agli utenti di accedere a contenuti on demand direttamente dal televisore, portando con sé ambienti pubblicitari più flessibili e, in molti casi, misurabili. Per i brand, questi ambienti rappresentano spazi di qualità editoriale, spesso percepiti come premium, e per questo associati a CPM più elevati. Anche la possibilità di utilizzare formati interattivi, oltre a modalità di targeting più evolute, rende le app un canale sempre più considerato nella costruzione delle strategie video.
Addressable TV e formati nativi: un’offerta che si amplia
Un altro segmento in rapida espansione è quello della addressable TV, ovvero la pubblicità personalizzata su base geografica, comportamentale o demografica, erogata su TV lineari o HbbTV. Secondo l’Osservatorio, nel 2025 questa componente crescerà intorno al 9%, confermando il suo ruolo come anello di congiunzione tra la televisione tradizionale e la logica del digital advertising.
Altra voce in forte espansione è quella legata ai formati nativi offerti direttamente dai produttori di dispositivi. Si tratta di spazi pubblicitari integrati nei menu di navigazione delle smart TV, ad esempio nei caroselli di app o nelle schermate iniziali. Secondo Ronconi, la crescita attesa per questa tipologia di inventory nel 2025 è nell’ordine del 30%, spinta sia dalla maggiore disponibilità di spazi da parte dei device manufacturer sia dall’interesse crescente dei brand per punti di contatto alternativi.
La sfida della governance e della frammentazione
La trasformazione del mezzo televisivo pone però interrogativi organizzativi importanti. Denise Ronconi, nel suo intervento, ha evidenziato che la governance della TV 2.0 è ancora poco formalizzata in molte aziende. I processi decisionali restano in larga parte legati alla struttura della TV tradizionale, con budget separati tra online e offline e una gestione che spesso risente della logica a silos.
Questa frammentazione rende difficile integrare pienamente la TV 2.0 nelle strategie media. L’assenza di interlocutori chiari lungo la filiera, la scarsa collaborazione tra i team digital e quelli televisivi, e la difficoltà nel definire modelli di misurazione comuni, rappresentano criticità strutturali che limitano il potenziale di un mezzo in rapida evoluzione.
Sebbene le opportunità in termini di copertura, precisione del targeting e varietà di formati siano ormai consolidate, permane una discontinuità operativa che impedisce a molte aziende di sfruttare appieno le potenzialità della TV 2.0.
Una trasformazione in corso, non ancora consolidata
La crescita della TV 2.0 nei dati dell’Osservatorio è evidente, ma non ancora del tutto assorbita dai modelli di pianificazione tradizionali. Si tratta di una transizione in corso, che richiede adattamenti sia tecnologici che culturali.I 702 milioni di euro previsti per il 2025 — che rappresentano il 15% della raccolta sul device TV, contro il 13% del 2024 — confermano la direzione di marcia. Ma l’evoluzione della TV in ambiente digitale dipende da nuove competenze, infrastrutture interoperabili e soprattutto da una revisione dell’approccio strategico, in cui la TV non sia più vista come un canale a sé, ma come parte integrante dell’ecosistema video digitale.














