L’Intelligenza Artificiale (AI) sta ridefinendo i paradigmi della creazione di contenuti, anche in ambito pubblicitario. Ma una creatività generata da una macchina suscita le stesse emozioni di una pensata e realizzata da un essere umano?
B Side Neuromarketing Lab, in collaborazione con l’entertainment hub 2WATCH, ha provato a rispondere a questa domanda con il primo studio di neuromarketing su spot ad AI. I risultati rivelano il ruolo centrale dell’autenticità umana nel coinvolgere gli spettatori, e situazioni specifiche in cui l’AI apre nuove vie creative altrettanto performanti.
Indice degli argomenti
Neuromarketing e AI: istruzioni per l’uso
L’Intelligenza Artificiale fa sempre più parte delle nostre vite, ma siamo certi che riesca a rispondere alle aspettative dei consumatori?
Per imprenditori e manager conoscere le reali risposte del pubblico a contenuti AI non è una speculazione teorica, ma una questione strategica. L’Intelligenza Artificiale abbatte i costi di produzione, con un netto risparmio sui tempi e sui budget destinati alla comunicazione. Per contro, investire in pubblicità AI-genereted espone a rischi da non sottovalutare: infatti, un pubblico più generalista potrebbe accogliere con una certa resistenza creatività AI.
Ne è un esempio la recente campagna FW25 di United Colors of Benetton in collaborazione con l’artista digitale Rick Dick. Un casting giovane e inclusivo indossa capi in maglia rifiniti nei minimi dettagli, in immagini e video dall’atmosfera gioiosa. A lato, un piccolo flag segnala che si tratta di contenuti generati con l’Intelligenza Artificiale. Una scelta che ha elevato l’awareness di Benetton, raccogliendo da un lato curiosità ed entusiasmo, dall’altro critica e sospetto. Una scelta che ancora divide.
Quindi, come rendere l’intelligenza artificiale uno strumento creativo in grado di potenziare l’immaginario visivo del brand senza che si riveli un passo falso ai danni del business d’azienda?
Da qui nasce lo studio che B Side – laboratorio di neuromarketing – ha condotto in collaborazione l’enterteinement company 2WATCH per rendere le aziende più consapevoli delle potenzialità e dei potenziali minus legati all’utilizzo dell’IA nella comunicazione, offrendo dati utili per orientare le scelte strategiche.
Il test: obiettivi, campione e metodologie di analisi
Il progetto mira a comprendere la reazione più istintiva del pubblico di oggi alle pubblicità create con AI. Si tratta di uno studio di neuromarketing esplorativo che getta le basi per ulteriori indagini, in parallelo alla crescente familiarità dei consumatori a contenuti generati dall’AI e alla costante evoluzione tecnologica.
B Side ha analizzato tre spot pubblicitari di prodotti Food & Beverage destinati alla GDO, sia nella loro versione originale sia in una riproduzione in IA realizzata da 2WATCH.
Nel suo laboratorio a Bologna ha accolto 30 partecipanti, un campione molto ristretta se confrontato con le dimensioni utilizzate nelle tradizionali ricerche di mercato. Questo perché analisi basate su dati biometrici mostrano andamenti stabili già con 25-30 soggetti, per cui anche numeri contenuti generano risultati affidabili. Inoltre, una profilazione rigida permette di prevedere come una specifica nicchia di riferimento reagisce a un contenuto ancora prima del lancio.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi per misurare la reazione agli spot AI in diverse condizioni di aspettativa. Metà del campione veniva informato che avrebbe visto contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale; mentre metà non riceveva alcun avvertimento.
B Side ha combinato più metodologie di analisi per raccogliere informazioni da più fonti e ottenere dati più robusti e realmente rispondenti alla domanda iniziale. Con l’Elettroencefalografia (EEG) ha monitorato lo stato mentale degli spettatori mentre guardavano gli spot. Ha così misurato valenza emozionale e carico cognitivo, rispettivamente indici della tonalità positiva/negativa dell’emozione evocata e dello sforzo mentale richiesto per elaborare il contenuto audio-visivo. L’analisi della Conduttanza Cutanea (SC) consente invece di valutare l’intensità della risposta emotiva andando a rilevare l’attivazione fisiologica dell’organismo. Grazie all’Eye Tracking ha infine tracciato il comportamento visivo per definire dove e come si concentra il focus attentivo sullo schermo. Questa combinazione ha permesso di comprendere non solo cosa accade durante la visione delle pubblicità, ma anche come e perché.
I risultati
Sebbene si tratti di uno studio esplorativo, i dati raccolti offrono spunti chiri di sostegno alle imprese nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale per la propria comunicazione.
La prima risultanza emersa è legata al ruolo dell’aspettativa. Quando i partecipanti sanno star per vedere contenuti generati dall’AI la loro risposta emotiva risulta più positiva e intensa per tutti gli spot, sia reali che AI. Risulta inoltre un carico cognitivo maggiore, indice di un tentativo costante di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è.
Senza la consapevolezza di interagire con pubblicità AI, sono invece gli spot originali a coinvolgere maggiormente. In particolare, in storytelling più complessi l’intensità emotiva cresce progressivamente nel corso della visione. Complice il focus visivo sui volti reali, che suscita picchi emotivi funzionali alla narrazione. Quindi protagonisti con un’espressività spontanea suscitano maggiore empatia.
Queste evidenze suggeriscono che sebbene la semplice menzione dell’AI generi un hype di per sé capace di amplificare l’emozione, il cervello sembra riconoscere e preferire l’autenticità dell’elemento umano.
Ci sono però situazioni specifiche in cui l’AI ha dimostrato di essere un alleato efficace, capace di rispondere a obiettivi di comunicazione mirati. Nelle scene di consumo del prodotto, centrali nelF&B, entrambe le versioni degli spot hanno attivato il Sistema di Rispecchiamento, portando lo spettatore a immaginare di assaggiare il prodotto e quindi generando un’aspettativa positiva.
Conclusioni
I risultati dello studio evidenziano la superiorità delle emozioni umane autentiche nell’efficientare la narrazione, ancor prima della perfezione visiva. Tuttavia, la velocità con cui la tecnologia AI si evolve lascia intravedere la possibilità che in futuro le differenze emerse possano ridursi.
Per rispondere alla domanda iniziale, la scelta tra “umano o artificiale” dipenderà dall’obiettivo ultimo della comunicazione. Capire quando e come ricorrere all’Intelligenza Artificiale senza compromettere l’efficacia del contenuto aiuterà le aziende a esplorare nuovi linguaggi creativi, così come investire su produzioni reali restituirà valore a chi si rivolge a consumatori reali.

















