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«Industria 4.0? È complessa, ma c’è tempo per assimilarla»

Giovanni Miragliotta, Direttore Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano: «Questa quarta rivoluzione industrialen richiede di adottare e coordinare diverse tecnologie dirompenti, e non una sola. La buona notizia è che passerà molto tempo prima che le ’best practice’ vengano individuate e si affermino». Una grande spinta potrà venire dal Piano Nazionale presentato a settembre

Pubblicato il 25 Ott 2016

«Industria 4.0? Non si può fare la quarta rivoluzione industriale se prima non si è fatta la terza». Un’espressione sintetica ed eloquente, usata a più riprese da Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Industria 4.0/Smart Manufacturing alla School of Management del Politecnico di Milano, per ricordare alle organizzazioni protese verso la trasformazione digitale che, senza processi di base consolidati, senza una cultura digitale del dato, senza altri essenziali strumenti IT che funzionino con fluidità, l’innovazione dirompente abilitata dalle nuove tecnologie non può compiersi.

Il tema è appunto Industria 4.0, alias Smart Manufacturing, ossia quell’insieme di tecnologie che, facendo leva sul collegamento tra mondo IT e sistemi OT (operational technology) dell’ambiente di fabbrica, abilitano ulteriori funzionalità ed efficienze, aprendo per ogni impresa industriale un percorso molto profondo di trasformazione del business.

Un’occasione di approfondimento è stato il quarto Workshop Manufacturing & Supply Chain Finance della Digital Transformation Academy 2016. Quest’ultima, come progetto culturale rivolto alla community dell’innovazione digitale, intende porsi come punto di riferimento e laboratorio aperto per lo sviluppo di conoscenza e metodologie originali, capaci di stimolare, accompagnare la trasformazione digitale delle imprese, e sviluppare la loro competitività.

Di Industria 4.0 si sente parlare sempre più spesso, dice Miragliotta, «ma questa trasformazione ha una differenza sostanziale rispetto alle precedenti, perché è dannatamente più complessa». Nelle prime tre infatti è bastata una sola tecnologia – per esempio il motore elettrico – per rivoluzionare i modelli di produzione. Per Industria 4.0 invece non basta gestire una sola tecnologia dirompente: occorre assimilarne diverseCloud manufacturing, industrial analytics, industrial IoT, advanced HMI, advanced automation, additive manufacturing – in modo coordinato, e all’interno di vari processi di business (smart lifecycle, smart supply chain, smart factory).

È un mercato, lo Smart Manufacturing, che in Italia nel 2015 ha raggiunto un valore di circa 1,2 miliardi di euro, considerando tecnologie hardware, software, attività di system integration e servizi. La buona notizia, rassicura Miragliotta, è che passerà molto tempo, prima che le ’best practice’ di questa trasformazione vengano individuate e assimilate. E ciò creerà una ragionevole inerzia competitiva, che consentirà alle aziende di mettere a fuoco il problema, e comprendere dove e come agire, senza trovarsi estromesse a breve dal mercato.

La partenza però è in salita. Una survey dell’Osservatorio, condotta nel 2016 su 307 aziende manifatturiere italiane, indica che c’è ancora molto da fare: oltre un terzo dei rispondenti – CIO, IT manager, COO e direttori di produzione di grandi imprese e PMI in svariati settori (automotive, fashion, chimico/farmaceutico, aerospazio/difesa, metallurgia, alimentare) – non conosce nemmeno il tema Industria 4.0/Smart Manufacturing. Fortunatamente, dopo paesi come Stati Uniti, Francia e Germania, lo scorso settembre anche il Governo italiano ha presentato un Piano Nazionale Industria 4.0, con molte misure e iniziative economiche e strategiche per favorire la diffusione di tecnologie e competenze.

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