Management

Big Bang Disruption: imparate a sfidare l’innovazione devastante

«Gli innovatori Big Bang attaccano i mercati in modo totale, offrendo prodotti o servizi migliori, più economici e più personalizzati: sono concorrenti non soggetti ai vostri vincoli, che forse non intendono neanche competere con voi». Paul Nunes, co-autore di “Big Bang Disruption”, ha presentato la versione italiana del libro al Politecnico di Milano. «Per reagire occorre capire le 4 fasi del nuovo ciclo di vita dell’innovazione: Singularity, Big Bang, Big Crunch, Entropy»

Pubblicato il 10 Ott 2014

Nel mondo del business l’innovazione “disruptive” (dirompente) c’è sempre stata, con interi mercati rivoluzionati da tecnologie migliori, meno costose, o in grado di soddisfare bisogni nuovi. Rivoluzioni che però spesso duravano anni o decenni. Oggi tutto è cambiato, e questo tipo di innovazione può avere effetti praticamente istantanei, demolendo e ricostruendo da zero interi settori in pochi mesi, o addirittura settimane o giorni.

Paul Nunes e Larry Downes, rispettivamente Global Managing Director e Research Fellow dell’Accenture Institute for High Performance, hanno studiato profondamente questo fenomeno, analizzando oltre cento case study in 30 settori. Le loro conclusioni sono raccolte in un libro di cui Egea ha recentemente pubblicato la traduzione italiana – “Big Bang Disruption, l’era dell’innovazione devastante” -, con prefazione di Umberto Bertelè, ordinario di Strategia e Sistemi di Pianificazione al Politecnico di Milano.

«Molti degli esempi più sensazionali provengono dagli innovatori tecnologici più apprezzati del nuovo secolo, come Google, Apple, Samsung, Sony e Microsoft, altri da start-up di cui fino a poco tempo fa non avevate sentito parlare, come Airbnb, Uber, Kickstarter e Udacity – scrivono Nunes e Downes -. Altri ancora vengono da incumbent, cioè imprese tradizionali che hanno creato nuovi prodotti e servizi fenomenali con asset e capacità che avevano già. Altri ancora infine non sono neanche aziende: sono accademici, artisti e liceali che hanno creato, magari per caso, innovazioni devastanti che hanno scombussolato le strategie di grandi società quotate in borsa».

Cosa ha fatto sparire i flipper?

Nei giorni scorsi Paul Nunes è stato protagonista di un incontro organizzato a Milano dal Politecnico, in cui ha approfondito i temi del libro. «Pensiamo per esempio a cosa ha fatto sparire i flipper: molti incolpano i videogame tipo Pac-Man o Space Invaders delle “Arcade”, le sale giochi degli anni ’80 – ha esordito Nunes -. Invece no: la produzione dei flipper ha segnato un record nel 1993, ma poi nel 1994 Sony ha presentato la Playstation. L’Home Gaming è stato la Big Bang Disruption del flipper, l’ha ucciso in pochissimi anni per tre motivi: è meno costoso, supporta centinaia di giochi diversi e di qualità superiore, ed è personalizzato, nel senso che si possono memorizzare le partite».

Ma il miglior esempio di Big Bang Disruption è lo Smartphone con il suo ecosistema di App, perché ha soppiantato tanti prodotti stand-alone: fotocamere digitali, calcolatrici, organizer, sveglie, in parte anche gaming console, videocamere e lettori e-book, e soprattutto i navigatori GPS, i cui difetti sono stati cancellati da Google Maps, che è gratuita, continuamente aggiornata e integrata sullo stesso device (lo smartphone appunto) con email, contatti, internet e altre App. «Nei 18 mesi dopo il rilascio di Google Maps Navigation, i principali produttori di navigatori GPS hanno perso mediamente l’85% della capitalizzazione di mercato».

Da sempre – ha continuato Nunes – le innovazioni dirompenti appaiono attraverso tecnologie e prodotti migliori e meno costosi allo stesso tempo. Alcuni fattori però negli ultimi tempi le possono rendere “Big Bang”: per esempio la diffusione del Mobile, la “combinatorial innovation” che nasce dal mettere insieme in modo nuovo componenti (in particolare software) che già esistono, o la trasparenza della Supply Chain: «Pochi giorni fa mi sono messo su internet per cercare un pezzo di ricambio per la lavastoviglie, l’ho ordinato e me lo sono fatto consegnare a casa, senza uscire, e spendendo molto meno tempo e denaro di quanto sarebbe stato necessario qualche anno fa».

Potreste essere un “danno collaterale” sulla strada degli innovatori

La Big Bang Disruption può provenire da settori completamente diversi. «Potete trovarvi improvvisamente di fronte dei concorrenti non soggetti ai vostri vincoli, che non seguono le “regole” del vostro settore e forse non intendono neanche competere con voi: potreste semplicemente essere un danno collaterale nel loro sforzo frenetico di trovare nuovi mercati e accaparrarsi più clienti possibili. L’immediatezza con cui la Big Bang Disruption può verificarsi spazza via in un istante piani strategici “alla Michael Porter” preparati meticolosamente».

È lo stesso modo di “fare innovazione” che è cambiato. «Siamo entrati nella quarta fase dell’innovazione disruptive: nella prima gli innovatori creavano beni differenziati, mirati a clienti che potevano permettersi di pagare di più ed erano disposti a farlo; nella seconda, definita da Clayton Christensen “Innovator Dilemma”, le tecnologie dirompenti nascono “dal basso”, sottoforma di prodotti sostitutivi di bassa qualità che entrano nel mercato accaparrandosi i clienti meno redditizi e poi, man mano che la tecnologia migliora, risalgono fino a competere con i leader di mercato; nella terza, definita innovazione “Blue Ocean” da Chan Kim e Mauborgne, gli innovatori fanno leva su bisogni nuovi e non soddisfatti di categorie esistenti, combinando in modo nuovo le caratteristiche di diversi prodotti e servizi, come ha fatto per esempio il Cirque du Soleil nel mondo del circo».

Nella quarta fase, invece, gli innovatori Big Bang attaccano i mercati esistenti in modo totale (Nunes e Downes parlano di “undisciplined strategy”), offrendo prodotti o servizi che possono essere nello stesso tempo migliori, più economici e più personalizzati non a un solo gruppo di utenti, ma a tutti (o quasi) i potenziali clienti, contraddicendo qualsiasi strategia competitiva precedente.

Possono permettersi di sperimentare molti nuovi prodotti o servizi con bassissimi rischi, abbandonando i prototipi che non funzionano senza rimetterci, e sapendo che basta che ne funzioni uno solo (“unencumbered development”). E infine puntano su una curva d’adozione dei prodotti/servizi che “collassa” le classiche cinque fasi (innovator, early adopter, early majority, late majority e laggard) in due sole – trial user, e tutti gli altri – passando dalla tradizionale forma a “campana” a una sorta di “pinna di squalo”.

Cosa insegnano il Kindle di Amazon e le creme anti età di Fujifilm

«Per sopravvivere alle Big Bang Disruption, e perché no, per sfruttarle, occorre capire le nuove regole della strategia e della competizione, e in particolare il nuovo ciclo di vita dell’innovazione, che per noi si articola in quattro fasi: Singularity, Big Bang, Big Crunch, ed Entropy».

La Singularity si basa sulla sperimentazione a basso costo e rischio di moltissime combinazioni di tecnologie (spesso già esistenti), fino a trovare la combinazione giusta. Il Kindle di Amazon per esempio ha sfondato dopo anni di tentativi falliti di molti vendor di lanciare un e-book reader, perché è uscito nel momento giusto con il giusto modello di business. Spesso l’individuazione della combinazione giusta si deve ai “truth tellers”, esperti di settore con una profonda conoscenza delle nuove tecnologie e di cosa vogliono i consumatori. Possono essere dipendenti, analisti, operatori di canale o persino clienti, e sono estremamente difficili da individuare.

La seconda fase è il vero e proprio “Big Bang”, in cui dopo aver testato positivamente il prodotto/servizio su un certo numero di “trial user”, l’innovatore lo propone subito a tutti. Ottenere enormi volumi di vendita in tempi molto rapidi è oggi possibile grazie alla diffusione istantanea di informazioni, pareri e consigli tramite internet e i social network. Quando la nuova combinazione “dirompente” di tecnologia e modello di business si affaccia sul mercato, tutti lo sanno praticamente in tempi immediati.

La fase Big Crunch concentra l’attenzione sugli operatori tradizionali di un mercato (incumbent) che riescono a sopravvivere alla rivoluzione portata da una Big Bang Disruption. Come? Grazie a manager che resistono alla “tempesta” e intraprendono azioni decisive, a volte traumatiche, vendendo, chiudendo o trasformando alcuni o tutti i business dell’azienda, e puntando su punti di forza intangibili (expertise, brand, brevetti, persone) più che sugli asset fisici, che in una disruption perdono sempre valore.

Nunes ha citato il settore delle pellicole fotografiche, devastato dall’avvento del digitale: «Kodak è collassata, ma Fujifilm no, perché ha saputo diversificare nei cosmetici anti-age, basati sulla stessa tecnologia antiossidante che si usa per non far sbiadire le immagini sulle pellicole». Per gli incumbent, inoltre, a volte è fondamentale anche saper rinunciare a tecnologie che possono ancora rendere per qualche anno, pur di farsi trovare pronti per la prossima ondata d’innovazione: è quel che ha fatto per esempio Philips anticipando il passaggio dalle lampadine a bulbo a quelle a LED».

Intere supply chain coinvolte: cosa succederebbe se lo Smartphone…?

Infine la fase Entropy, in cui l’innovazione Big Bang ha dispiegato completamente i suoi effetti: il vecchio settore è morto, un altro è sorto dalle sue ceneri, alcuni “incumbent” sono scomparsi e altre realtà lo sono diventate. In questa fase sono estremamente critici aspetti come le modalità di riciclo o liquidazione degli asset (fabbriche, tecnologie, reti di distribuzione, ecc) che erano strategici prima dell’innovazione Big Bang. Intere supply chain sono coinvolte: «Quello degli smartphone è un settore che ora vende miliardi di prodotti, ma il fatturato dei produttori è piccolo rispetto all’indotto di componenti, periferiche (case, caricatori, cuffie, ecc.), App, servizi di connessione e così via: cosa succederebbe a questi se lo smartphone venisse oscurato da qualche innovazione Big Bang?»

Per i nuovi “incumbent”, quelli che sono diventati leader di settore con un’innovazione Big Bang, è cruciale la capacità di lanciare o metabolizzare altre innovazioni del genere “astraendo” il proprio business model in modo da diventare una piattaforma che può supportare altri business, come ha fatto Amazon. «Alla fine il collasso del vecchio settore è clamoroso tanto quanto il sorgere del nuovo… spesso rimane uno solo dei vecchi incumbent, al servizio delle esigenze dei clienti più fedeli e “sentimentali”, che continuano a comprare o mantengono i prodotti precedenti all’innovazione Big Bang. Ma solo uno».

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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