Cognitive Computing

Watson Summit, IBM a Milano presenta l’intelligenza aumentata in chiave “pop”

Un evento pubblico di 8 giorni al Casello del Dazio (Parco Sempione) con incontri, conferenze, demo e casi concreti nei campi più disparati, dalle previsioni meteo alla sicurezza informatica, dalla vita quotidiana all’analisi dei dati IoT per Industria 4.0

Pubblicato il 16 Mag 2017

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Avevamo sentito parlare finora di IBM Watson come di una tecnologia di frontiera, con applicazioni sporadicamente “mediatiche”, come la vittoria di un quiz televisivo o le previsioni dei vincitori al Festival di Sanremo, ma per la maggior parte di business di fascia alta.

Stavolta IBM ha deciso di tornare a parlare della sua tecnologia di Cognitive Computing in chiave “pop”, cioè popolare, portando Watson a Milano, all’Arco della Pace del Parco Sempione, in una “casa” temporanea dove per 8 giorni tutti possono andare a vedere direttamente le sue potenzialità. Proprio ieri la società ha inaugurato al Casello del Dazio (Parco Sempione) il Watson Summit 2017, che proseguirà fino al 23 maggio.

«L’Italia ha bisogno di innovazione, la nostra crescita – quello 0,9% che ci attribuisce l’Unione Europea – è del tutto insufficiente e ci colloca come fanalini di coda tra i Paesi dell’Unione. Ma non si abbraccia una causa se non la si conosce, non la si capisce, non se ne conoscono i contorni. Ecco perché è il momento di riportare Watson tra la gente, dopo il primo test di poche settimane fa in occasione del FuoriSalone di Milano», ha spiegato Maurizio Decollanz, brand and communications leader in IBM Italia.

«Prima eravamo monolitici, oggi abbiamo indossato un abito più popolare, perché dobbiamo essere presenti tra le persone, perché l’innovazione non tocca solo le aziende, ma tutti noi e la nostra quotidianità. Le persone devono venire e toccare con mano la tecnologia e l’intelligenza di Watson», ha aggiunto Luca Altieri, director marketing and communications di IBM Italia.

Watson Summit 2017 è un evento che coniuga un fitto calendario di incontri e approfondimenti con un’area espositiva esperienziale in cui si vede Watson all’opera in diversi scenari applicativi.

Per parlare di Watson, IBM volutamente evita il concetto di intelligenza artificiale, preferendo l’espressione “intelligenza aumentata”. Come spiega Nicola Palazzo, financial services & Watson leader, «Watson è il sistema cognitivo di IBM che vive nel cloud di IBM e che consente di gestire meglio una conoscenza che già esiste, traendo informazioni da ambiti difficilmente raggiungibili dal cervello umano. Non si sostituisce all’uomo ma ne eleva le capacità, lasciandolo comunque al centro».

Medicina, giurisprudenza, banche, supply chain, abbigliamento: come spesso si dice, il limite è probabilmente l’immaginazione quando si pensa agli ambiti in cui Watson può dare il suo contributo. Fabiola Tisbini, director fashion & luxury industry, racconta per esempio di come l’intelligenza aumentata di Watson possa supportare e rivoluzionare il modo di gestire il mondo della moda, dalla produzione al marketing, fino ad arrivare alla conoscenza dei clienti con analisi strutturate e destrutturate.

Nico Losito, director del Digital Business Group di IBM Italia, ha parlato di startup e del nuovo programma di accelerazione BizBang, lanciato proprio in questi giorni, mentre è di nuovo Nicola Palazzo, che, riferendosi ai recenti casi di cronaca e al fenomeno ransomware, spiega come da un anno e mezzo IBM abbia iniziato a istruire il suo sistema cognitivo sulla sicurezza.

«Analizzando dati storici e attuali, Watson è in grado di comprendere ciò che succede. Non è un antivirus, ma è in grado di comprendere i fenomeni in corso. Nel caso specifico di WannaCry, da tempo Watson aveva messo in guardia circa l’eventualità di un attacco di sicurezza di questo tipo». Watson scandaglia dunque la mole informativa in cerca dei trend, consentendo così di intervenire sul focolaio prima che diventi incendio: «Ma ci vogliono le persone che sappiano trasformare le informazioni in azioni. E questo vale in qualunque contesto».

Di Watson e Industria 4.0 parla ancora Luca Altieri, sottolineando come la sfida sia non solo tecnologica, ma richieda uno sviluppo organizzativo e culturale. «Non basta portare intelligenza su una funzione aziendale: l’obiettivo deve essere aumentare la conoscenza degli operatori nelle imprese».

Ma l’intelligenza aumentata avrà davvero un impatto a livello occupazionale? Certo, inutile negarlo. «Ma verranno meno mansioni ripetitive, mentre serviranno risorse per altre attività a maggior valore. Andremo a perdere alcune professioni, che verranno tuttavia sostituite da altre», conclude Altieri.

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