L’uso dell’Intelligenza Artificiale sta ridisegnando il rapporto tra marketing e allocazione dei budget. Se per anni l’attenzione si è concentrata sul costo di acquisizione del cliente, oggi i manager guardano al valore complessivo che un cliente può generare lungo tutta la relazione con l’azienda. È quanto ha spiegato Boobesh Ramadurai, Vicepresidente di LatentView Analytics, nel podcast “Confessions of a B2B Entrepreneur“ condotto da Tom Hunt, mettendo in evidenza come strumenti avanzati di misurazione, dal media mix modeling con AI alla multi-touch attribution, consentano di comprendere meglio l’efficacia dei canali e supportare scelte più consapevoli.
Indice degli argomenti
Dal Customer Acquisition Cost alla Customer Lifetime Value: un cambio di prospettiva
Per decenni il parametro centrale delle strategie di marketing è stato il CAC, il costo di acquisizione per cliente. Una metrica chiara, utile a definire quanto valesse la pena investire per generare una nuova transazione. Secondo Ramadurai, tuttavia, questa logica sta mostrando i suoi limiti. «I clienti che acquistano una sola volta e non tornano più non portano valore reale all’azienda. Per questo i CMO e i CEO hanno iniziato a chiedersi: stiamo davvero comprando i nostri clienti?», afferma.
Il focus si è quindi spostato sulla Customer Lifetime Value (CLV), ossia sulla stima di quanto un cliente potrà spendere in uno, tre o più anni. Si tratta di un indicatore che ribalta la prospettiva: non si misura più la bontà di una campagna solo in base alle conversioni immediate, ma sulla qualità e sulla durata del rapporto che ne deriva. In questa transizione, l’intelligenza artificiale consente di incrociare grandi quantità di dati, identificare segmenti con alta propensione alla fedeltà e stimare con più precisione il ritorno complessivo di ogni acquisizione.
Media Mix Modeling: bilanciare digitale e non-digitale
Lo spostamento verso la LTV si accompagna a un mutamento nei canali di spesa. Durante il podcast, Ramadurai ha evidenziato come la pandemia abbia accelerato gli investimenti nel digitale, ma che già nel biennio 2024-2025 si stia assistendo a una ripresa dei canali tradizionali, dagli eventi alle iniziative offline. Per gestire questa complessità, il media mix modeling con AI diventa essenziale.
Il MMM permette di stimare l’impatto di ciascun canale sugli obiettivi complessivi, valutando se i fondi allocati a una campagna social, a una sponsorizzazione o a un evento fisico stiano effettivamente generando valore. «Ogni organizzazione spende cifre importanti in marketing», ricorda Ramadurai. «Il punto è capire quale canale stia davvero producendo i risultati attesi, che si tratti di traffico sul sito, conversioni o transazioni di alto valore».
Grazie all’AI, il MMM non si limita più a fornire fotografie retrospettive, ma diventa capace di simulare scenari alternativi e prevedere con maggiore accuratezza i ritorni futuri. In questo modo, i responsabili marketing possono dialogare con il CFO portando dati tangibili sul ROI delle attività e sulle prospettive di crescita.
Multi-Touch Attribution: la precisione nel digitale
Se il MMM garantisce una visione olistica, la multi-touch attribution consente di analizzare in dettaglio i percorsi digitali. Ramadurai sottolinea che non tutte le interazioni hanno lo stesso peso e che modelli semplificati, come il “last click”, rischiano di trascurare il contributo di canali fondamentali nelle fasi iniziali del funnel.
L’AI, invece, consente di pesare in modo dinamico ogni punto di contatto: dalla visualizzazione di un annuncio al download di un white paper, fino alla visita sul sito. In questo modo i CMO possono comprendere quali combinazioni di canali digitali siano più efficaci e quali invece generino traffico poco qualificato. La differenza non è solo teorica: identificare i touchpoint ad alto impatto permette di riallocare i budget con maggiore precisione e ridurre sprechi di spesa.
L’integrazione dei dati come leva strategica
Uno degli aspetti più innovativi riguarda la capacità di integrare i dati delle piattaforme pubblicitarie con quelli proprietari. Ramadurai porta l’esempio di LinkedIn, che mette a disposizione informazioni su visualizzazioni, engagement e provenienza geografica, ma non fornisce dati sulle vendite effettive. «Per capire davvero l’impatto di una campagna, occorre collegare i dati di LinkedIn con quelli interni e verificare quanti degli utenti raggiunti abbiano completato una transazione».
Qui interviene l’intelligenza artificiale, in grado di connettere dataset diversi e analizzare migliaia di variabili contemporaneamente. Grazie a queste elaborazioni è possibile tracciare il percorso dal primo contatto fino all’acquisto, distinguendo quali contenuti o campagne abbiano favorito la conversione. Per i responsabili marketing significa avere finalmente una visione completa del funnel, capace di unire dati esterni e interni.
LinkedIn e il marketing B2B
La riflessione su LinkedIn porta a un altro punto emerso nell’intervista: la crescente centralità della piattaforma nelle strategie B2B. «Dal punto di vista B2B, LinkedIn sta diventando sempre più popolare», afferma Ramadurai. Le ragioni sono legate alla possibilità di intercettare pubblici professionali altamente profilati e di veicolare messaggi mirati.
L’AI potenzia ulteriormente questa capacità, perché consente di capire non solo se le campagne portano contatti, ma se quei contatti appartengono ai segmenti di clientela a più alta redditività. In altre parole, l’analisi non si limita al costo per lead, ma valuta la qualità del lead stesso in termini di probabilità di acquisto e di valore generato nel tempo.
Un ciclo continuo di apprendimento
Il modello proposto da LatentView non si esaurisce nella misurazione, ma prevede un ciclo continuo di test, apprendimento e riallocazione. Identificare l’ICP, l’ideal customer profile, diventa il punto di partenza per campagne mirate. Ogni iniziativa produce dati che vanno interpretati e utilizzati per migliorare le strategie successive.
In questo processo l’AI riduce le barriere tecniche: i campaign manager non hanno più bisogno di passare dai team di data analytics per ogni analisi, ma possono caricare i dati e ottenere risposte con semplici prompt o addirittura comandi vocali. Ciò rende il marketing più agile, capace di reagire rapidamente ai cambiamenti e di sperimentare con maggiore frequenza.












