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F5 Networks porta la sicurezza nel cloud



La migrazione delle applicazioni critiche nella nuvola necessita del supporto degli operatori di canale, racconta Paolo Arcagni, Systems Engineer manager per l’Italia e Malta di F5 Networks

Gianluigi Torchiani

Pubblicato il 02 Set 2016


F5 Networks porta la sicurezza nel cloud

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Paolo Arcagni, Systems Engineer manager per l’Italia e Malta di F5 Networks

L’avvento del cloud sta cambiando anche il modo di lavorare di un’azienda come F5 Networks. Lo ha raccontato Paolo Arcagni, Systems Engineer manager per l’Italia e Malta di F5 Networks, in occasione del recente evento Arrow Cloud Business Day: «Il cloud è sicuramente un aspetto importante del mondo tecnologico odierno, per cui anche la nostra azienda, F5 Networks, si sta impegnando in maniera molto pesante su questo aspetto, in particolare per quanto riguarda l’automation, l’orchestration e la security. L’adozione del cloud nelle nostre aziende è ormai un dato di fatto: questo significa che molte delle applicazioni critiche (e i relativi dati) vengono trasferiti sulla nuvola. Le problematiche che si vanno ad affrontare con questo trasferimento sono molteplici e sono soprattutto di sicurezza. F5 le sta affrontando, consapevole del fatto che migrare un’applicazione nel cloud non significa rinunciare alla sicurezza. Stiamo investendo in tutte le tecnologie che sono necessarie a portare la sicurezza nel cloud, sia esso ibrido o pubblico. Questo significa avere a disposizione degli strumenti che consentano di costruire una sicurezza a 360 gradi intorno all’applicazione e ai dati che essa gestisce».

Un approccio che passa necessariamente per il canale: «È chiaro che in un disegno di questo tipo il partner gioca un ruolo fondamentale nell’integrazione: perché è necessario portare la sicurezza dove l’applicazione migra, integrando tutti gli strumenti che F5 offre per la security in questi nuovi ambienti. Parliamo dunque di strumenti di orchestrazione, di sicurezza applicativa e DNS, che devono essere necessariamente integrati in un’infrastruttura che non copre più solamente il data center aziendale, ma anche il cloud pubblico e ibrido», conclude Arcagni.

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