Strategie

Talent Management, le tre skill che cerca oggi l’ufficio Acquisti

Per rendere i processi di procurement realmente efficaci è necesarrio avere nel team persone in grado di sapersi muovere in contesti multidisciplinari, che abbiano propensione alla vendita e familiarità con la tecnologia. Il punto di Spend Matters

Pubblicato il 22 Set 2016

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Cosa cercano le aziende che vogliono costruire processi di procurement realmente efficaci, focalizzati più sulla creazione di valore che sui risparmi? Secondo quanto suggerito in un articolo pubblicato su Spend Matters sono tre, e molto specifiche, le caratteristiche che in un’epoca di cambiamenti costanti e rapidissimi devono contraddistinguere i candidati alle posizioni dell’ufficio Acquisti.

Versatilità, ovvero esperienza multidisciplinare

Innanzitutto il processo di procurement risulta molto più efficace se chi si occupa dell’analisi e della ricerca dispone di una profonda conoscenza dei business che supporta. Naturalmente, questo tipo di conoscenza può essere acquisita attraverso un lungo contatto con le altre divisioni. Oppure può risultare come un imprinting di precedenti esperienze professionali. Chi ha già lavorato in aree specifiche, come per esempio nel Marketing o nell’IT, possiede in questo senso un patrimonio di enorme valore in rapporto alla capacità di discernere, e comprendere, le reali esigenze e i veri problemi dei colleghi delle altre business unit. Grazie all’intesa che ne può scaturire, si costruiscono strategie a quattro mani indirizzate a cogliere le soluzioni ottimali. Inoltre, la “cross pollination” contribuisce a creare credibilità e fiducia tra i diversi dipartimenti. Senza contare che i tipici problemi di traduzione dei vari linguaggi del business vengono in questo modo superati, visto che le risorse specializzate conoscono il gergo ma anche i tecnicismi a cui si riferiscono le proprie controparti.

Saper comprare significa anche saper vendere

Non è affatto un paradosso, ma un’esigenza sentita da molti Chief Procurement Officer, (CPO) tant’è vero che anche all’ISM2016 (l’ultima edizione, di scena a maggio a

Indianapolis, della conferenza International Supply Management) diversi relatori hanno spiegato che uno dei prerequisiti necessari per entrare nei loro team è l’abilità nel vendere, intesa naturalmente come la capacità di sviluppare relazioni e aiutare gli stakeholder interni a interagire come una macchina ben oliata. Si tratta in altre parole di costruire fiducia e autorevolezza per l’ufficio Acquisti riconoscendo le giuste opportunità e ottenendo in maniera creativa l’accesso a progetti – inizialmente anche piccoli – su cui si possano costruire risultati che vadano oltre le aspettative. A quel punto gli obiettivi raggiunti brillantemente possono essere utilizzati come referenze e use case per accedere a iniziative di respiro maggiore o in ambiti e funzioni non ancora supportate dal team di procurement.

La tecnologia è un alleato ormai imprescindibile

Non è solo questione di ricambio generazionale: anche se negli uffici i “baby boomers” stanno gradualmente lasciando spazio ai “millennials”, che non possono prescindere da un approccio digitale al lavoro, l’apporto della tecnologia va ben oltre il tema della user experience, specialmente in ambiti delicati come quelli del procurement. L’analisi dei dati generati fuori e dentro l’organizzazione è la premessa per scoprire nuove, a volte inaspettate, occasioni per generare risparmi durante i processi di acquisto. Prevedere trend, ricercare informazioni che gettano nuova luce su fornitori e prodotti, contestualizzare un’operazione in contesti più ampi sono tutti task possibili grazie al supporto delle tecnologie digitali e degli strumenti di analytics. Ancora una volta però non è sufficiente saper fare. Bisogna anche saper comunicare. L’analisi è solo l’attività preliminare alla definizione di una strategia che utilizzi dati ed evidenze per convincere il management a dare il via libera a un nuovo modo di gestire gli approvvigionamenti.

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