Digital transformation

API management per far crescere il business. «Così si velocizza la digital transformation»

Per riuscire a capitalizzare al massimo i benefici del digitale, spesso la strada giusta è quella di ripensare le relazioni con il mondo esterno, ovvero clienti, partner, fornitori. Le API rivestono un ruolo chiave e non è solo una questione tecnica. Ce lo spiega Francesco Tragni, Solution Account Director di CA Technologies

Pubblicato il 15 Mag 2017

Francesco Tragni, Solution Account Director di CA TechnologiesTutte le aziende impegnate nella trasformazione digitale del proprio business dovranno prima o poi misurarsi con una questione chiave. Come riuscire a gestire al meglio le interconnessioni verso clienti, fornitori ed ecosistemi di aziende partner? L’esposizione dei dati verso l’esterno in modo sicuro è senz’altro il primo passo. «Il fashion, in questo senso, fa scuola e sono diverse le realtà della moda Made in Italy che hanno deciso di implementare una piattaforma di API management per omogeneizzare il backend ed esportare le informazioni verso chi ne fa richiesta», spiega Francesco Tragni, Solution Account Director di CA Technologies. Un altro filone di sviluppo interessante è quello legato all’universo Internet of Things e alle open API. «In Italia sono diverse le amministrazioni pubbliche che si stanno attivando in questo senso e il comune di Bologna è uno dei casi di successo. La pubblicazione di open API permette di rendere disponibili in modo ancora più facile e veloce i servizi evoluti delle smart city».

In alcuni settori verticali, in particolare il finance, le assicurazioni e il retail le strategie incentrate sulle API stanno facendo da traino alla digital transformation. «Sicuramente questo in parte è legato agli obblighi normativi, quelli di carattere generale come il GDPR, che obbliga le aziende a superare l’ottica della protezione perimetrale per abbracciare una nuova visione della sicurezza dei dati basata sulla corretta gestione delle identità. O, ancora, le norme di carattere settoriale come la PSD2, che promuove il concetto di banca aperta obbligando gli istituti di credito a rendere disponibili le informazioni sui conti correnti in modo che i merchant possano attivare meccanismi di pagamento digitale diretto. In altri casi, invece, come nel retail, la spinta arriva spesso dalla creazione di reti d’impresa e accordi a sostegno delle iniziative di customer loyalty, tipicamente le carte fedeltà o i programmi di accumulo miglia e punti». In questi casi, le informazioni legate agli utenti devono essere condivise con tutti gli attori coinvolti nell’erogazione dei servizi e rese accessibili in futuro anche a organizzazioni o enti che, magari, al momento non hanno alcun rapporto con l’azienda.

Più valore dall’App economy

Le API rappresentano il tessuto connettivo dell’App economy perché permettono ai diversi software in uso di scambiarsi i dati e condividerli senza sforzi di personalizzazione e attività di coding aggiuntive. «La corretta gestione delle API è fondamentale per garantire alle aziende che hanno deciso di ingaggiare e fidelizzare il cliente con le App mobile l’agilità necessaria. Se questo tipo di progetti non è supportato dal giusto backend, infatti, può rivelarsi un fallimento o, peggio, un boomerang. La social authentication, per esempio, è ormai una pretesa irrinunciabile degli utenti delle App, che non vogliono perdere tempo a compilare moduli di sottoscrizione più o meno lunghi ogni volta che intendono aderire a un nuovo servizio».

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Ma qual è il grado di preparazione delle aziende italiane rispetto a questi temi?
Il 55% circa delle organizzazioni italiane — la percentuale più alta in tutta l’area EMEA — ritiene di avere raggiunto un livello maturo (“Advanced”) nell’utilizzo delle API. Tre quarti delle aziende italiane utilizzano le API alla ricerca di una maggiore agilità operativa focalizzandosi, in particolare, sul loro ruolo nel supportare la crescita dei ricavi (per il 27%) e velocizzare il ciclo dell’innovazione in azienda sfruttando le API di terze parti (24%). Sono, queste, le principali evidenze dell’indagine “APIs: Building a Connected Business in the App Economy”, condotta da Coleman Parkes per conto di CA Technologies su un campione di 1.770 responsabili IT e di LOB di grandi aziende provenienti da 21 Paesi e suddivisi in 10 settori diversi.

I benefici di un approccio di questo tipo ci sono e sono evidenti: il 40% delle aziende nostrane osserva un aumento nella soddisfazione dei clienti finale e il 37% di quella dei partner commerciali e tecnici. Il 72% delle organizzazioni che hanno adottato un approccio sistematizzato di gestione delle API, poi, sostiene che questo ha permesso di migliorare la customer experience e il 61% ha osservato una miglior capacità di differenziarsi dalla concorrenza. Ancora le aziende hanno osservato un miglioramento del 33% nella business agility, con la contrazione dei cicli del time-to-market dei nuovi servizi e dei tempi di sviluppo/test/rilascio delle applicazioni (passati in media da 8 settimane e mezzo a meno di 6) e una contrazione del 32% dei costi dell’IT.

A frenare l’adozione delle API in azienda è, però, soprattutto la mancanza di risorse qualificate (citata dal 35% del campione), seguita dai dubbi relativi alla sicurezza di questo tipo di approccio (29%) e dalla difficoltà di valutare correttamente il Ritorno sugli Investimenti (ROI), citata dal 27% degli intervistati.

Chatbot e assistenti virtuali

La condivisione di API si rivela fondamentale nel sostenere le strategie incentrate sul cosiddetto “conversational commerce”, ovvero il business online gestito attraverso l’utilizzo di tecnologie legate all’elaborazione e comprensione del linguaggio naturale, in un’intersezione virtuosa di smartphone, piattaforme di e-commerce, chat, sistemi di messaggistica istantanea e assistenti virtuali personali.

Abilitare la digital transformation attraverso le API: ecco come si fa

L’utilizzo crescente delle interfacce di programmazione impone alle aziende di sviluppare un approccio sistemico alla loro gestione. Un approccio che ne preveda la creazione, la messa in sicurezza e la gestione/esposizione verso l’esterno. L’indagine mette in luce l’urgenza di adottare metodologie e piattaforme specifiche per la gestione del ciclo di vita delle API e “tende la mano” a CIO e CISO, suggerendo alcune raccomandazioni utili per accompagnare le aziende su questa strada.

1. Definire una strategia chiara in termini di business
Inizialmente è preferibile concentrarsi su come migliorare la gestione in sicurezza dei dati del backend, per poi riuscire a esporli verso l’esterno.

2. Misurare cos’è più importante
Fondamentali, quindi, i KPI (indicatori prestazionali), per capire non solo a che punto è l’organizzazione ma soprattutto per correggere “in corsa” gli errori

3. Investire nelle professionalità giuste
Acquisire specialisti o formare risorse ad hoc all’interno del team IT è una conditio sine qua non

4. Offrire un’infrastruttura adeguata
Superare l’ottica “a silos” è il viatico di questi progetti

5. Promuovere e fare crescere gli sviluppatori delle App
Occorre investire nelle figure più attente non solo a come tradurre in applicazioni i trend dei mobile, ma in quelle che sappiano dare il giusto peso a fattori come l’usabilità e la facile configurazione delle App.

6. Attuare una sicurezza affidabile
Superare l’ottica del firewall e abbracciare una gestione a 360° delle identità è il punto di partenza, perché i confini dell’azienda si dilatano fino a comprendere anche fornitori, partner commerciali e clienti.

7. Pianificare in un’ottica di scalabilità e performance
Partire “in piccolo” per poi progredire di pari passo con il mutare delle esigenze dell’azienda.

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