Smart Factory

Lamborghini sposa Digital Manufacturing e artigianalità per produrre il SUV Urus

Il nuovo modello richiede un raddoppio della capacità produttiva, supportato con l’integrazione tra sistemi di fabbrica, ERP e MES. Il Chief Manufacturing Officer Ranieri Niccoli: «Avremo una vera fabbrica in Cloud, totalmente paperless, che farà interagire maestranze, robot, magazzini 2.0 e realtà virtuale rendendo trasparente ogni fase del processo»

Pubblicato il 22 Nov 2017

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Come conciliare una manifattura quasi artigianale con una forte crescita dei volumi di produzione e vendita? È un problema che si pongono molte imprese del Made in Italy alle prese con l’internazionalizzazione, tra cui Lamborghini, la iconica casa automobilistica di Sant’Agata Bolognese, 906 milioni di euro di fatturato – oggi parte del gruppo Audi-Volkswagen – dal momento in cui ha deciso di entrare nel segmento dei SUV di lusso.

Una decisione che ha comportato un totale riassetto della fabbrica di Sant’Agata: la nuova linea produttiva raddoppierà le dimensioni dello stabilimento, da 80 mila metri quadrati a 160 mila. L’Urus, così si chiama il nuovo modello, sarà presentato tra pochi giorni, il 4 dicembre, ed entrerà in produzione “di massa” nel 2018: l’unico modo per Lamborghini di preservare l’esclusività di un assemblaggio artigianale con i numeri che genererà il SUV (attualmente l’azienda sforna 3457 vetture l’anno, contro le 1600 del 2011, e per il 2020 prevede di arrivare a circa 7000) è ricorrere a un sistema integrato di smart manufacturing ispirato ai principi di Industria 4.0, che metta in relazione supply chain e catene di montaggio, offrendo una visione completa e trasparente su ciascuno dei passaggi dal magazzino alla consegna ai manager di produzione, e sulle parti da assemblare e sulle procedure da seguire agli addetti in linea.

«Il progetto che stiamo sviluppando per preparare la linea dedicata alla Urus si chiama Manifattura Lamborghini», spiega Ranieri Niccoli, Chief Manufacturing Officer dalla casa automobilistica. «Il lancio del SUV risponde a una precisa domanda del mercato, che abbiamo intercettato ascoltando i nostri clienti. Cosa che facciamo da sempre: il 70% delle Aventador (la 12 cilindri al top dell’offerta Lamborghini, ndr) che produciamo si contraddistingue per contenuti customizzati su richiesta dei proprietari».

Il programma di personalizzazione di Sant’Agata si chiama non a caso Ad personam, ed è un’altra ottima motivazione per adottare l’approccio Industria 4.0. «Applichiamo paradigmi di digitalizzazione all’artigianalità, fondendo manualità e innovazione attraverso la sostenibilità, la flessibilità e la modularità dei processi produttivi», ha detto Niccoli. «Rispetto alla personalizzazione, di fatto stiamo creando una logistica on time, che ci permette di far partire la produzione di una vettura nel momento in cui tutte le sue componenti sono rese disponibili dai vari fornitori, senza fare stock. Le scorte rimangono, ma riguardano le componenti standard che invece vengono prodotte in lotti».

Manifattura Lamborghini si basa su piattaforma SAP, con la consulenza di KPMG. «Il ripensamento dei sistemi informativi è partito nel 2013, quando abbiamo valutato le soluzioni adottate nel gruppo, specificamente da Porsche, Audi e Bentley, per un’eventuale replica di architetture collaudate. Ma noi abbiamo esigenze peculiari, e abbiamo preferito customizzare il sistema che avevamo già: nell’ottica di estendere e integrare i vari sistemi si è rivelata la scelta più sensata».

Nel dettaglio il progetto è incentrato sulla soluzione SAP Manufacturing Execution (SAP ME, MII, PCo e Visual Enterprise) con elementi di Digital Manufacturing (in tutte le fasi del processo produttivo gli operatori sono guidati dal sistema e utilizzano solo dispositivi touch screen), Visualizzazione 3D delle istruzioni di montaggio, con cui gli operatori possono interagire per rilevare difetti e non conformità, Tracciabilità Paperless dei componenti, Collaborative Automation (il sistema interagisce con Collaborative Robot e AGV impiegati nel processo di assemblaggio vetture), Manufacturing Data & Analytics: il sistema acquisisce tutti i dati di produzione, che vengono poi utilizzati per calcolare i KPI di produzione e i trend delle non conformità.

Tutto questo implica l’integrazione tra sistemi informativi di fabbrica, MES (Manufacturing Execution System) ed ERP, e quindi delle informazioni che vanno dall’ordine di produzione al momento in cui il prodotto entra in catena di montaggio. «Gli operatori in linea possono monitorare l’intero processo fin dalla fase di picking ricevendo in maniera sincronizzata e coordinata anche le istruzioni su cosa assemblare e come farlo, nel caso ne avessero bisogno. Ogni operazione di assemblaggio dura in media 40 minuti e va eseguita manualmente, mantenendo standard qualitativi altissimi».

Il MES ha lo scopo di creare un sistema che aiuti l’operatore a svolgere il compito nella maniera più efficace possibile, semplificandogli la vita, continua Niccoli. «La nostra sta diventando una vera fabbrica in Cloud, totalmente paperless, che permetterà a maestranze, robot collaborativi, magazzini 2.0 e realtà virtuale di operare insieme rendendo trasparente ogni fase del processo. Le linee di montaggio saranno facilmente configurabili per rispondere alle nuove esigenze produttive, mentre i dati generati dalle interazioni uomo-macchina verranno raccolti nel sistema informativo, per essere analizzati e generare insight che ci aiuteranno a comprendere l’andamento della produzione, indicandoci eventuali problemi e margini di miglioramento. Realizziamo auto sempre più complesse: la Urus dispone di circa 130 centraline, non possiamo permetterci di scoprirne il malfunzionamento quando la vettura è ultimata».

Proprio per la sua capacità di registrare e trasmettere dati, la Urus dovrebbe permettere a Lamborghini di muovere i primi passi anche nel campo delle connected car. «Partiremo dalla Urus, per poi estendere il sistema agli altri modelli, seguendo lo stesso schema che abbiamo adottato per le linee produttive – conferma Niccoli -: dopo la sperimentazione su quella del SUV, estenderemo l’approccio Industria 4.0 anche sulle catene di montaggio delle altre vetture».

La trasformazione naturalmente non è solo sul piano tecnologico: tutti gli operatori hanno dovuto affrontare training specifici per imparare le nuove modalità d’uso del sistema. «Ma non è stato un passaggio traumatico», garantisce Niccoli. «Da noi lavorano molti giovani, e il fatto che il MES offra interfacce intuitive, prevalentemente su touch screen, ha favorito l’adozione di pratiche di visual management. Abbiamo inoltre studiato applicazioni in tutto simili a quelle che si utilizzano sugli smartphone nel tempo libero, per far rimanere gli addetti in una “comfort zone” anche quando accedono a un sistema tanto complesso».

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