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Pagamenti elettronici, l’Italia è ancora fanalino di coda in Europa

Le carte e i sistemi online si usano ancora troppo poco e la gestione del contante continua ad avere costi elevati, oltre a impedire la tracciabilità. Eppure, qualcosa si muove. Economisti e istituzioni a confronto al SIA EXPO 2012, centrato sull’innovazione dei sistemi di pagamento retail

Pubblicato il 15 Ott 2012

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Siamo ancora il Paese con il più basso tasso di utilizzo di sistemi di pagamento elettronici, eppure qualcosa di muove. Se ne è parlato nel corso del settimo International Payments Summit organizzato da SIA a Milano, tradizionale appuntamento che ha raccolto quest’anno 900 partecipanti fra banche, imprese e Pubbliche Amministrazioni, per un aggiornamento sui temi della “war on cash” e delle nuove normative europee sui mercati finanziari.
«Siamo all’ultimo posto in Europa come numero annuo di pagamenti cashless procapite – ha ricordato aprendo i lavori Carlo Tresoldi, Presidente SIA –. L’obbligo introdotto dal governo Monti di effettuare pagamenti online sopra ai mille 1000 euro ha avuto un impatto positivo sugli strumenti usati dai cittadini, ma noi proponiamo che la soglia si abbassi a 50 euro. Ridurre il contante è un beneficio per le banche, che sopportano costi molto alti, e per il Paese, perchè l’innovazione nei pagamenti significa anche tracciabilità ed emersione del nero».

Un minore uso del contante avrebbe dunque un impatto significativo per la ripresa e la modernizzazione dl nostro Paese, che, come ha ricordato l’economista Giacomo Vaciago, è fermo: «Oggi convivono due mondi – ha affermato -. Da una parte i paesi avanzati, la cui produzione industriale è ferma. Dall’altra quelli emergenti che in media continuano a crescere, anche se Brasile e Cina hanno rallentato. E ci sono anche due Europe: c’è la Germania, che non cresce ma è ferma su valori massimi, e c’è l’Italia, che è in calo. La crisi si è aggravata in un anno: gli spread, i mercati, non hanno fatto altro che registrare la fragilità di un sogno, quello dell’euro, che è diventato un incubo».

E ha aggiunto: «Occupiamoci delle priorità, cioè della crescita: senza crescita il rigore è rigor mortis: le malattie non si curano con il salasso. La crescita è innovazione, è anche far funzionare i sistemi logistici come quelli per i pagamenti».

L’abitudine al contante è però difficile da cambiare: è considerato comodo e permette di controllare meglio le spese, a quanto pare. Al convegno è emerso infatti che l’effetto del provvedimento del governo è stato un aumento dei prelievi in contante: significa che chi è stato pagato con il bonifico non usa la carta per pagare, ma va al Bancomat e preleva. Nonostante ciò, in questi primi mesi sembra che il rapporto tra prelievi complessivi e PIL si sia contratto e l’uso delle grandi banconote si sia ridotto.

Secondo un’indagine di SIA, realizzata dall’ISPO (l’Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione), la moneta elettronica piace agli italiani che la usano ormai regolarmente nella loro vita quotidiana to. Solo il 21% degli italiani usa esclusivamente il contante e sono perlopiù ceti “poco rilevanti socialmente”, come anziani e casalinghe. Invece, il 62% usa le carte e il 19% si dichiara ben disposto ad utilizzare il cellulare come strumento di pagamento. E il 30% si dice pronto ad abbandonare del tutto il contante a favore della moneta elettronica, ritenuta “veloce e comoda”, anche per i pagamenti sotto i 50 euro.
A conferma del fatto che un’Italia moderna esiste, c’è anche la testimonianza di NTV, la società che gestisce il nuovo treno Italo: il contante rappresenta appena il 13% degli incassi. La carta di credito è lo strumento principe dei viaggiatori, oltre un milione, che hanno già utilizzato Italo.

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