case study

TIM, l’Open Innovation trasforma anche la Funzione Acquisti

Come gestire il processo di acquisto quando il fornitore è una startup? Serve una via preferenziale, che in Telecom Italia si chiama “Purchasing Lab”. La struttura scandaglia il mercato alla ricerca di realtà innovative che, una volta individuate, possono essere inserite nell’albo fornitori anche solo con delle certificazioni di base e con metodi alternativi di pagamento

Pubblicato il 06 Apr 2016

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Se fino a qualche anno TIM, il marchio commerciale con cui da gennaio 2016 si presenta il Gruppo Telecom Italia, puntava su servizi e prodotti sviluppati internamente o da fornitori di riferimento, oggi non può più prescindere dall’Open Innovation.

«In azienda abbiamo gruppi di innovazione storicamente ben radicati, con i quali abbiamo dovuto cambiare rapporto proprio per affrontare questo nuovo paradigma. Avevamo già attivato collaborazioni con università e fornitori, dal 2009 abbiamo poi sviluppato un’azione strutturata di innovazione che prevede accordi di cooperazione e finanziamento alle startup», spiega Federico Renon, Responsabile Purchasing Lab di TIM.

Ogni anno con il programma di Open Innovation “TIM Wcap” sono selezionate e “accelerate” 40 startup, che ricevono un grant iniziale del valore di 25.000 euro, entrano nell’Albo Veloce del Gruppo Telecom Italia e sono certificate per diventare fornitori dell’azienda. «Già nella fase di accelerazione le startup hanno riscontri dalle business unit aziendali che, grazie a un budget dedicato che serve da stimolo all’uso di nuovi fornitori (il Basket Innovazione), sono incentivate all’acquisto delle loro soluzioni», continua Renon.

Il ruolo della Funzione Acquisti

In questo contesto, un ruolo primario è giocato dalla funzione Acquisti, che accompagna il finanziamento delle startup attraverso il Purchasing Lab, una struttura super partes rispetto a fornitori e clienti interni. Il suo compito, nello specifico, è analizzare il mercato per trovare soluzioni, fornitori e strategie prima degli altri, rapportandosi con gli Acquisti e con le linee tecniche e puntando a stimolare la ricerca di soluzioni innovative che arrivano anche da giovani startup.

Quindi se nella selezione del fornitore la modalità di base è la competizione, nel caso delle startup la trattativa può essere effettuata in modo diretto in virtù del primo impiego in sperimentazione per nuove tecnologie non comparabili con quelle già sul mercato e non presenti quindi nell’albo fornitori. Se una startup è ritenuta di interesse per le linee tecniche e per quelle strategiche, esistono in azienda meccanismi (come grant, hackathon, call for idea, etc) per attivarla e inserirla nell’albo fornitori anche solo con delle certificazioni di base e con metodi alternativi di pagamento.

«Man mano che l’impegno dell’azienda aumenta in termini di risorse, chiediamo maggiori garanzie alle startup. Nell’albo fornitori abbiamo diverse migliaia di aziende, di cui monitoriamo lo stato anno per anno, e lo stesso facciamo con le startup. In questo modo l’investimento è pianificato su un livello definito di esposizione e di rischio e, grazie anche all’esperienza fatta con il TILab, gli innovativi laboratori di ricerca e sviluppo del Gruppo, e con le università, curiamo al meglio i diritti di proprietà intellettuale, definendo la protezione del background e la gestione congiunta o separata del foreground», conclude Renon.

Il case history è stato illustrato in occasione del Workshop del progetto Startup Intelligence degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, a tema “Startup e acquisti”, tenutosi lo scorso 26 gennaio. Startup Intelligence è un progetto di Ricerca innovativo che intende favorire la contaminazione tra il mondo delle startup digitali e quelle imprese italiane aperte e curiose, che puntano sull’innovazione come un fattore critico di successo e vogliono comprendere meglio gli spunti creativi ed innovativi che arrivano da questo comparto economico.

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