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Collaborare conviene sempre

Sulla scorta della propria ampia esperienza, Kofi Annan sprona a perseverare nella ricerca di obiettivi comuni attraverso il confronto e la collaborazione, un approccio efficace sia per raggiungere il successo nel business sia per migliorare il mondo. La tecnologia riveste un ruolo centrale nel coinvolgere la società civile: i fax ai tempi di Piazza Tien An Men, i social network per la recente ‘Primavera araba’

Pubblicato il 09 Set 2013

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Kofi Annan, Ex Segretario dell'ONU e Premio Nobel per la Pace

Per il suo evento Convergence 2013, tenutosi a New Orleans con circa 11.000 iscritti, Microsoft ha scelto come tema l’unificazione e la collaborazione nel business ottenibile grazie alle tecnologie, affidando l’intervento conclusivo a Kofi Annan, Segretario Generale dell’Onu tra il 1997 e il 2006, e Premio Nobel per la Pace nel 2001. Annan, che tuttora continua con la sua Fondazione a impegnarsi per la pace, ha dedicato il suo discorso, di cui pubblichiamo un estratto, alla necessità di far confrontare e collaborare persone e governi profondamente diversi per farli convergere su obiettivi comuni.

Sono qui per condividere con voi alcune mie esperienze, soprattutto nella veste di Segretario delle Nazioni Unite. Quando sono stato eletto, una delle prime domande che mi sono posto con i miei collaboratori è stata: cosa può fare l’Onu da sola? La risposta è stata: poco. Dovevamo aprire l’Organizzazione, fare networking, e allargare così la nostra capacità d’azione e d’influenza. Abbiamo quindi aperto le porte alla collaborazione con il settore privato, la società civile, Fondazioni e Università.

Allora l’Onu si occupava per lo più di conflitti politici e militari: per difendere i propri valori fondanti doveva iniziare ad affrontare il problema della povertà in tutte le sue forme.

Con questo obiettivo abbiamo lavorato con gli Stati membri approdando ai Millennium Development Goals, otto fondamentali impegni fissati nel 2000 con scadenze precise per rendere il mondo migliore, tra i quali sradicare la povertà estrema e la fame; rendere universale l’istruzione primaria; promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne; combattere HIV, malaria e altre malattie infettive; e garantire la sostenibilità ambientale. Entro il 2015 tutti gli Stati Membri devono arrivare a questi obiettivi.

Da allora molti milioni di persone sono effettivamente usciti dall’estrema povertà in cui versavano, in India, Cina, Brasile e altri Paesi più piccoli. Non tutti realizzeranno gli otto obiettivi nei tempi previsti, ma grandi passi avanti sono stati fatti in moltissimi Paesi. Questo è stato uno dei momenti più felici del mio incarico: la concretizzazione della lotta alla povertà, l’aver convinto moltissimi Paesi a sostenere il Millennium Group, l’aver trovato un linguaggio comune e degli standard per misurare i progressi e i risultati. È fondamentale che chi guarda al vostro lavoro possa riconoscerne i risultati.

La lotta all’aids e il prezzo dei farmaci
Quando sono diventato Segretario l’AIDS era al suo picco massimo: viaggiavo in molti Paesi in cui la gente moriva sapendo che, se fosse stata in un Paese avanzato, o se fosse stata ricca, si sarebbe salvata. Così mi sono battuto perché fosse istituito un fondo internazionale per combattere malattie come AIDS, malaria, tubercolosi. All’inizio molti pensavano che fossimo solo dei sognatori, e invece da allora il Fondo Globale ha raccolto 22 miliardi di dollari.

Non penso che dovremmo lasciare questo tema alla responsabilità dei singoli governi. Una delle cose più importanti che ho fatto è stato invitare i top manager delle sette più importanti società farmaceutiche. Il mio obiettivo era molto semplice: capire come fare per permettere ai più poveri di accedere ai farmaci per la cura dell’HIV. Allora un trattamento completo costava 15.000 dollari per persona all’anno. Ho detto loro ‘dobbiamo trovare un modo, altrimenti sarà molto difficile per noi aiutarvi a proteggere i vostri brevetti’. Uno di loro ha detto ‘il mio avvocato non è qui, non posso decidere, potrei essere accusato di price fixing’. Ho risposto che il price fixing riguarda accordi con altri per massimizzare i profitti, invece io gli stavo chiedendo di perdere soldi. Abbiamo discusso molto e fatto altre riunioni, ma alla fine abbiamo trovato un accordo. Il prezzo della cura è sceso a 150 dollari. E il farmaco che previene la trasmissione da padre a figlio è ora addirittura gratuito in alcuni Paesi dell’Africa e dell’Asia. Questo è un esempio di come si può lavorare insieme, e dell’importanza di coinvolgere la società civile.

Un aspetto che preoccupa moltissimi sostenitori della pace nel mondo è l’Islam. Penso che l’approccio giusto sia capire come lavorare insieme e imparare gli uni dagli altri. Tutte le grandi religioni si basano su importanti principi morali, sul rispetto per l’altro e per la vita: la volontà di lavorare insieme per obiettivi comuni deve superare il timore dell’altro e del diverso, e questo è decisivo sia per il vostro business che per migliorare il mondo.

Rivoluzioni ‘fax’ e rivoluzioni social
Quando viaggio, soprattutto in Asia, Medio Oriente, Africa, mi rendo conto dei progressi che si stanno facendo, e di come il mondo stia diventando piccolo: anche grazie agli sforzi delle aziende, a Internet e al social networking, è molto più facile sapere cosa sta succedendo in qualsiasi parte del mondo.

La ‘Primavera araba’ è stata battezzata la rivoluzione dei social media, abbiamo visto concretamente come la gente voglia dire la sua, avere parte nel governo del proprio Paese, e come sia stata aiutata dalla tecnologia.

Ricordiamoci cosa è successo in Cina ai tempi di piazza Tien An Men, nel 1989. A quei tempi io lavoravo a New York. Il Governo cinese ha bloccato telefoni, radio e TV, e l’unica tecnologia alternativa era il fax. Gli studenti hanno divulgato ciò che stava succedendo con il fax: è stata una ‘fax revolution’. Vent’anni dopo c’è stata la rivoluzione di Internet, e chissà quale tecnologia supporterà le rivoluzioni che ci saranno tra dieci anni.

I social network sono stati fondamentali per chi ha creduto nella Primavera araba, per organizzarsi e agire insieme, ma hanno anche inaugurato un ‘modello’ di rivoluzione senza leader carismatici e trascinanti. Una cosa che non era mai successa, e che porta però con sé alti rischi di generare situazioni di caos.

La Primavera araba infatti è stata definita anche una rivoluzione popolare, ma se prendiamo per esempio l’Egitto, la protesta ha portato nelle strade 3 milioni di persone rispetto a 45 milioni di elettori: meno del 7% degli elettori ha di fatto deciso le sorti del Paese. Probabilmente quasi tutti hanno apprezzato il fatto che sia stato rovesciato un leader autocratico che era al potere da decenni. Ma cosa succederebbe se in un altro Paese il 7% degli elettori scendesse in piazza per rovesciare un governo eletto legittimamente? Ci sono situazioni in cui possiamo considerare la piazza come un’alternativa accettabile a un governo che nasce dal voto popolare? Certo, il presupposto è che le elezioni siano regolari e non inquinate dalla corruzione. Ma comunque tutte queste riflessioni si pongono per la primavera araba: tuttora in quei Paesi la situazione non è stabile, ci vorrà probabilmente una decina d’anni, proprio come altre rivoluzioni del passato supportate da tecnologie più arretrate.

*****DA SAPERE******

Chi è Kofi Annan
Nato a Kumasi (Ghana) nel 1938, Kofi Annan è stato il settimo Segretario Generale dell’ONU, in carica per due mandati tra il 1997 e il 2006, e nel 2001 ha ricevuto, insieme alla stessa ONU, il Premio Nobel per la Pace. Durante il suo mandato, Annan è stato protagonista di un vasto programma di riforme del funzionamento dell’ONU, che ha puntato tra l’altro sul rafforzamento della collaborazione con la società civile e il settore privato. Tra i suoi principali risultati si annoverano la definizione dei Millennium Development Goals e dell’iniziativa Global Compact, e la creazione della Peacebuilding Commission, dello Human Rights Council, e del Global Fund to fight AIDS, Tuberculosis and Malaria, con sede a Ginevra e fondato in collaborazione con Bill Gates, che ne è oggi uno dei principali finanziatori attraverso la sua fondazione.

La sua carriera si è svolta in gran parte all’interno delle Nazioni Unite, dove è entrato nel 1962 come funzionario amministrativo dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (WHO), ricoprendo poi incarichi di sempre maggiore responsabilità sia nel back office (human resources, budget, finance, staff security), sia in enti come l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR). Dopo aver lasciato l’incarico alle Nazioni Unite, Annan ha continuato a impegnarsi per iniziative per la pace e la lotta alla povertà, anche attraverso la Kofi Annan Foundation, che ha creato nel 2007. È stato chiamato diverse volte come mediatore per la risoluzione di conflitti, in particolare in Nigeria, Iraq, Israele e Siria.

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