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Flessibilità, la chiave per innovare

Cosa accomuna il noto allenatore di calcio Pep Guardiola e il fondatore della catena di negozi di abbigliamento Zara, Amancio Ortega? Una strategia originale e vincente, incentrata su cambiamenti repentini e sulla capacità di adattarsi di volta in volta al contesto in modo flessibile. Lo spiega in questa intervista esclusiva l’economista catalano Sala i Martín

Pubblicato il 05 Set 2015

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Xavier Sala i Martín, Economista, Columbia university

Professore di Economia alla Columbia University e ideatore del noto Indice di Competitività Globale, il catalano Xavier Sala i Martín ci spiega come guardare ai problemi da diverse prospettive.

Qual è, secondo lei, la chiave per competere e poter avere successo oggi?

Per essere competitiva un’azienda deve essere capace di innovare. Però, la chiave del successo è la flessibilità. Cosa hanno in comune Starbucks, il Cirque du Soleil, Zara, Ikea, Facebook e Pep Guardiola? Sono flessibili! Hanno saputo adattarsi al contesto e cambiare quando era necessario. Hanno saputo innovare in settori tradizionali come l’abbigliamento, il circo, l’arredamento, il caffè e il calcio… Tendiamo a pensare che l’innovazione possa essere solo nell’industria della tecnologia, ma non è così. È possibile innovare in qualsiasi settore.

Perché cita sempre come esempio anche Pep Guardiola, l’ex allenatore del Futbol Club Barcelona?

Quando Guardiola era l’allenatore del Barcellona, il club vinse 14 competizioni in 4 anni sulle 19 che giocò, cambiando la storia del calcio. Riuscì a fare del Barcellona la prima squadra della storia capace di vincere tutti i titoli nella stessa stagione. A cosa si deve il successo di Guardiola? Si deve al fatto che non gestiva la squadra con uno schema, il classico 4-4-2, ma con una “filosofia”: secondo lui la chiave del calcio è il passaggio a centro campo, dove si generano più opportunità, non è dribblare e nemmeno correre con la palla. La squadra deve giocare tenendo presente questa premessa e avere una strategia basata sulla flessibilità: infatti, in base all’avversario la formazione è diversa. Nessuno sapeva in anticipo come avrebbe schierato la squadra. Osservava attentamente l’avversario, guardando video per ore e ore. E sapeva spiegare ai giocatori cosa fare e loro si fidavano ciecamente.

Un altro caso di flessibilità che ha citato è la catena di negozi di abbigliamento, Zara. Perché?

Fino al 1920 circa, ciascuno confezionava vestiti a casa. Poi, un grande stilista, Christian Dior, inventò il prêt-à-porter. Da allora, le imprese della moda hanno operato con un sistema che prevedeva un solo stilista, il quale era incaricato di lanciare due collezioni all’anno: primavera-estate e autunno-inverno. Amancio Ortega, il fondatore di Zara, fu il primo a chiedersi: perchè solo due volte? Perchè non avere tanti stilisti che ascoltano la voce del cliente? Perchè non osservare, nei bar, nelle discoteche, quello che i giovani chiedono? Se una star si presenta a uno spettacolo con un vestito particolare, come facciamo a renderlo disponibile in due settimane? Ortega ha introdotto la flessibilità nell’industria del fashion concependo un modello che prevede migliaia di stilisti, tutti che prestano attenzione al consumatore. Invece che due volte all’anno si disegna costantemente, ma una quantità minore di indumenti. La conseguenza di questa innovazione è che la gente visita più spesso i suoi negozi, una media di 17 volte l’anno, perché sa che ciò che cerca non lo troverebbe il mese successivo. E compra d’impulso, senza aspettare i saldi.

Cosa deve fare una impresa per innovare?

All’inizio deve cambiare mentalità e abbracciare l’innovazione come filosofia. Poi dovrà favorire un ambiente in cui tutti i dipendenti propongono e si scambiano idee, perché l’innovazione si raggiunge con la connessione e l’impollinazione delle idee. Le risposte a queste domande faciliteranno l’innovazione.

In che modo si può portare l’innovazione in un paese?

Il mondo si è evoluto, però il sistema educativo è rimasto invariato, perciò c’è necessità di crearne uno diverso. Dall’altra parte il pilastro portante del sistema scolastico è che il professore debba sapere di più dello studente. Oggigiorno non è sempre così, soprattutto in materia di tecnologia: di conseguenza dobbiamo adattare il sistema alle nuove tecnologie. Il cervello umano guarda alle informazioni con diverse sensazioni e funziona come un link (collegamento ipertestuale), salta da un concetto ad un altro. La chiave dell’innovazione sono le domande, però dobbiamo allenare i bambini a rispondervi; con il sistema scolastico attuale, invece, limitiamo la loro innata curiosità. La domanda non deve essere che mondo lasceremo ai nostri figli, ma che figli lasceremo al nostro mondo.

******Chi è Xavier Sala i Martín******

Economista, professore alla Columbia University, Xavier Sala i Martín è Chief Economic Advisor del Center for Global Competitiveness and Performance del World Economic Forum di Davos. È anche consulente di governi e istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario. I suoi studi si concentrano nel campo delle politiche di crescita economica. Ha ricevuto diversi premi, fra cui quello di Re Juan Carlos I (riconosciuto dalla Banca di Spagna come miglior economista del Paese e dell’America Latina, il premio Arrow conferito dall’International Health Economics Organization, e i premi Lee Hixson e Lenfest come miglior insegnante rispettivamente alla Yale University e alla Columbia University.

Articolo realizzato in collaborazione con WOBI – World of Business Ideas

WOBI organizza la 12esima edizione del World Business Forum Milano il 3-4 novembre, presso MiCo

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