One to One marketing

Zero-party data: che cosa sono e in che modo i clienti forniscono spontaneamente i loro dati

Zero-party data, ultima frontiera per il big data management del marketing. Utilizzare le informazioni dedotte e le informazioni osservate per personalizzare le comunicazioni, oggi non basta. Per migliorare il business bisogna usare anche i dati condivisi intenzionalmente e proattivamente dai consumatori. Ecco una guida che aiuta a capire come impostare una strategia data driven

Pubblicato il 28 Ott 2019

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Zero-party data, first-party data, second-party data e third-party data (in italiano: dati di prima, seconda o terza parte): che cosa sono e quali sono le differenze in un’ottica di big data management spinto? A parlarne più nel dettaglio sono gli analisti di Forrester, che spiegano come le aziende possono sfruttare, in tempo reale, una serie di preziose informazioni fornite dagli utenti. L’obiettivo? Arrivare a una personalizzazione costruita davvero su misura.

Dai third-party data agli zero-party data: significato e classificazione

Gli esperti di marketing oggi utilizzano già tutta una serie di dati importanti: dalla segmentazione per reddito alla posta elettronica, dai risultati dei test A / B ai KPI per l’analisi dei siti Web. A fronte del fatto che i risultati vengano analizzati più o meno regolarmente, la qualità delle informazioni elaborate raramente è all’altezza delle aspettative.

A questo proposito gli analisti hanno introdotto una categorizzazione che aiuta a capire meglio tipologie e gerarchie dei dati utilizzati. L’importante è distinguere tra informazioni dedotte, informazioni osservate e informazione ricevute direttamente dagli utenti.

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Third-party data: il ruolo dei data provider

I third-party data sono una combinazione di dati forniti o in qualche modo resi accessibili da parte di una serie di fornitori (data provider). Includono dati socio economici come il reddito, ma anche tutte le informazioni ricavate dall’utilizzo dei dispositivi mobili e dagli apparecchi elettronici televisivi non portatili (STB – Set-Top Box) che aggiungono alcune funzioni interattive a televisori, monitor o videoproiettori, preferenze d’acquisto incluse. Tra i dati forniti consapevolmente e direttamente dagli utenti, in questa categoria rientrano i Like sui social media

Second-party data: intermediazione nella raccolta dei dati

I second-party data sono essenzialmente le informazioni dei trading desk generate attraverso campagne e programmi di data provider in possesso dei dati di cui si ha bisogno. Si tratta, ad esempio, di tutte le informazioni relative alle preferenze di prodotto e/o di categoria ma anche quelli ricavati dall’uso dei cookie on line.

First-party data: tutto quanto fa CRM

I first-party data (dati di prima parte) sono i più preziosi, perché sono quelli che le aziende raccolgono direttamente dal proprio pubblico e/o parco clienti. Si tratta di tutti quei dati ricavati dai comportamenti, dalle azioni o dagli interessi di un utente sul sito Web o tramite le app predisposte dal brand per finalizzare la relazione. Fanno parte dei first-party data le informazioni contenute nel CRM, i dati rilasciati in un servizio di abbonamento, così come le informazioni non online che vengono da sondaggi e dai feedback dei clienti o altre informazioni sui clienti archiviate nel database.

Zero-party data: che cosa sono e a che cosa servono

Gli zero-party data sono tutti quei dati forniti dagli utenti in modo diretto e consapevole. In che modo? Attraverso la risposta a sondaggi o la compilazione dei campi richiesti dagli opt-in. È il caso di un utente che esprime il proprio consenso ad essere inserito in una mailing list. È il principio del do ut des: ti dò i miei dati in cambio di contenuti di valore di natura informativa e/o commerciale. È così che si ottengono indirizzi e-mail, numeri telefonici e informazioni utili alla profilazione.

Gli zero-party data sono importanti non solo perché alimentano il cosiddetto permission marketing, ma anche perché consentono ai brand di finalizzare le loro strategie di prodotto e di comunicazione.

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Il valore dei consumer insight nel retail

A monte degli zero-party data c’è il problema dei dati forniti da terze parti, che arrivano da una serie diversificata di fonti non correlate e non affidabili come, ad esempio, credit score, cookie e tracciabilità dei click. Si tratta di informazioni che diventano rapidamente obsolete e, soprattutto, non hanno una relazione diretta con il singolo consumatore.

La qualità e l’efficacia di una campagna, infatti, oggi non può prescindere da una profilazione quanto più accurata. Per questo i retailer devono potenziare la loro capacità di visione dei consumatori. In questo contesto, gli  zero-party data sono un elemento fondamentale di qualsiasi strategia di marketing.

Attenzione: anche le informazioni hanno una data di scadenza

Le preferenze dei consumatori, i budget, le dimensioni delle famiglie e simili si evolvono e cambiano nel tempo, i credit score sono molto spesso altalenanti. Così, anche se la raccolta dei dati sembra ricca, le informazioni hanno una data di scadenza molto breve. Con questo tipo di dati, però, è difficile riuscire a potenziare le campagne di marketing. Non a caso i third-data party sono stati la causa principale dei dati non aggiornati e inutili che intasano i CRM e della crescente sfiducia dei consumatori.

Personalizzazione e privacy: un binomio possibile

I consumatori sono diventati molto scrupolosi nel condividere i loro dati personali e le loro preferenze. Anche perché sanno che questo si tradurrà in una persecuzione da parte di call center e spam di mail ed SMS che li crocifiggeranno per mesi se non per anni. Ma privacy e personalizzazione possono coesistere. I consumatori esperti di digitale devono essere intrattenuti e coinvolti, avendo la garanzia che riceveranno qualcosa in cambio della loro attenzione e dei loro dati personali.

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I vantaggi del permission marketing

Grazie agli zero-party data, infatti, possibile utilizzare tutte quelle informazioni di prima mano che, in ottemperanza alla Privacy, possono abilitare tutte le strategie associate al permission marketing. Grazie alla richiesta del consenso del consumatore a ricevere comunicazioni informative, promozionali o pubblicitarie sulla base dei dati personali che egli stesso ha fornito, le aziende ottengono dal consumatore stesso il permesso di comunicare con lui. Il tutto, con un livello di dettaglio sulle sue preferenze estremamente puntuale e contestuale.

Come e perché raccogliere e gestire i dati zero-party

Garantire alto ingaggio, massima soddisfazione e sicura fidelizzazione a una popolazione ormai multicanale è diventato un must. Grazie agli zero-party data i professionisti del marketing possono raccogliere i dati condivisi dagli utenti intenzionalmente, proattivamente e in modo diretto, ovvero senza alcuna mediazione da parte di terze parti. I data zero party, infatti, sono un tipo di dati che viene mai dedotto dal reddito o dalla corrispondenza dei dispositivi, né viene semplicemente osservato attraverso comportamenti di spesa o dati dei cookie. Si tratta di dati che consentono ai marchi di stabilire relazioni dirette con i consumatori e, a loro volta, di personalizzare meglio i loro sforzi in termini di campagne, servizi, offerte e raccomandazioni sui prodotti.

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Fino a dove ci si può spingere nella raccolta dei dati sensibili

Le aziende possono progettare un questionario insolito, un sondaggio giocoso o una favolosa social story. Sfruttando questo tipo di esperienze interattive, che incorporano meccanismi di incentivazione come sbloccare contenuti, vincite istantanee, omaggi o coupon, gli esperti di marketing possono raccogliere rapidamente e facilmente una grande quantità  di dati e a tutta velocità.

Come coinvolgere i clienti attraverso processi di fiducia

Gli zero-party data consentono alle aziende di non usare più congetture e inferenze, ottenendo le informazioni necessarie a stabilire una connessione di qualità con ogni cliente. Usando il  meccanismo giusto e offrendo uno scambio di valore, i clienti costruiranno una relazione di qualità con le marche, raccontando loro quali prodotti desiderano, cosa cercano in un servizio e quali offerte li motivano di più all’acquisto. La creazione di un processo sistematico e coinvolgente per la raccolta di dati è un ottimo modo per creare quella fiducia e continuare a coinvolgere il cliente nel tempo.

One to one marketing: per i retailer una strategia vincente

Personalizzare campagne, prodotti  e servizi per i retailer non significa solo raccogliere le informazioni giuste, al momento giusto. Dai first-party data agli zero-party data ci sono una serie di attività ben precise da risolvere. Per rendere funzionale l’approccio e abilitare un modello di one-to-one marketing vincente bisogna lavorare meglio sulla modalità di raccolta delle informazioni nel tempo e sul coinvolgimento dei target attraverso azioni capaci di innescare relazioni di qualità tra i brand e i consumatori.

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