Dati e ricerche

Lavoro, le Pmi sono il traino dell’occupazione

Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, tra il 2001 e il 2011 il 64% dei nuovi posti di lavoro (escludendo pubblica amministrazione e agricoltura) è stato creato non dalle grandi aziende ma dalle Pmi. La maggiore spinta è arrivata dal Centro-Sud con il Lazio cresciuto del 17,4%, la Calabria del 14,4% e la Sicilia del 14%

Pubblicato il 27 Ago 2013

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Secondo l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre «Tra il 2001 e il 2011 le piccole imprese hanno creato più del doppio dei posti di lavoro rispetto alle grandi aziende». Le prime hanno dato origine a quasi 457.200 nuovi occupati, mentre le seconde si sono fermate a 212.600. Molto contenuto il risultato ottenuto dalle medie aziende: nel decennio preso in esame gli addetti nelle imprese tra i 50 e i 249 addetti sono aumentati di 41.354 unità. Dei 711.178 nuovi occupati totali registrati in questo decennio, il 64,3% ha trovato lavoro nelle piccole aziende con meno di 50 addetti, il 5,8% nelle medie ed il 29,9% nelle grandi.

«Per uscire dalla crisi abbiamo bisogno di aiutare tutto il mondo delle imprese, anche se in questa fase è alle piccole e micro realtà produttive che va rivolta una particolare attenzione», commenta il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi. «Le aziende artigiane e commerciali, di piccole imprese e di attività guidate da liberi professionisti – aggiunge – non chiedono aiuti o prebende, ma una pressione fiscale e un peso della burocrazia in linea con la media europea e la possibilità di accedere con maggiore facilità al credito».

«Le imprese con meno di 50 addetti – afferma il segretario – sono l’asse portante dell’economia: costituiscono il 99,5% del totale delle aziende presenti nel nostro Paese e occupano oltre 11 milioni di addetti. Al netto degli addetti del pubblico impiego e dell’agricoltura, il 67% del totale dei lavoratori italiani presta servizio in una piccola o micro impresa». «In questo momento così delicato – conclude Bortolussi – sostenere le piccole imprese vuol dire aiutare il Paese ad uscire dalla crisi economica e, soprattutto, creare le condizioni per ridurre la disoccupazione».

I dati della Cgia confermano quanto emerso da una ricerca dell’Ocse secondo la quale non è la dimensione ma l’età delle imprese a fare la differenza. Sono le imprese giovani e innovative a creare più occupazione e particolarmente quelle ad alta crescita. Il Global Entrepreneurship Monitor 2012, però ha mostrato tutte lacune italiane. La Penisola si trova in fondo alla classifica per quanto riguarda l’imprenditorialità innovativa al contrario per esempio dell’Olanda, oggi la nazione più imprenditoriale nell’Unione europea con il 7,2% (il 4,9% nel 2001) della popolazione tra i 18 e i 64 anni che ha fondato una start up o è procinto di farlo.

Negli Stati Uniti la Kauffman Foundation ha stimato che nel periodo 1980-2005 le startup americane mediamente hanno creato ogni anno occupazione per una quota pari al 3% del totale nazionale per il settore privato, mentre la media del tasso annuale di crescita dell’occupazione è ferma all’1,8%. Senza le start up il risultato occupazionale netto degli Usa sarebbe stato negativo.

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