Reportage

Leggera, intelligente e responsabile: l’identikit della comunicazione digitale

Sul palco di SEND 2015, seconda edizione dell’Open Summit dello specialista di marketing digitale ContactLab, numerosi esperti si sono confrontati sul ruolo e l’evoluzione in atto nell’universo della comunicazione aziendale interattiva. Sì perché l’engagement del cliente passa sempre più attraverso social media e messaggi personalizzati, anche nei settori più tradizionali

Pubblicato il 19 Nov 2015

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Come cambiano i meccanismi d’ingaggio del cliente nell’era della multimedialità, della pervasività del mobile, dei social? Su questo si è interrogato un panel di esperti del mondo della comunicazione, dell’architettura e del marketing nel corso di SEND (Surprise, Engage, Nurture, Digitally) 2015, seconda edizione dell’Open Summit di ContactLab, società di consulenza e servizi in ambito digital marketing.

Il mondo sta cambiando in fretta e l’advertising tradizionale è sempre più in discussione, quantomeno se è l’unica scelta confermata dall’organizzazione per comunicare con clienti e prospect. Questo vale anche per i settori tradizionalmente più inclini a investire in pagine pubblicitarie su quotidiani e periodici generalisti o sullo spot in TV.

La tavola rotonda

Oggi la comunicazione aziendale è, per definizione, sincrona, pervasiva e ubiqua e, di conseguenza, anche i messaggi pubblicitari devono cambiare. L’advertising deve essere più social, leggero, non invasivo. «La comunicazione intesa in senso più innovativo si caratterizza per la regola delle tre L – spiega Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente di Strategia presso l’Università Bocconi –. Deve essere, in primo luogo, Lean quindi leggera. Deve essere incentrata sul Learning, perché l’intelligenza artificiale ne costituisce una parte fondamentale. Non si può più prescindere dalla capacità di saper estrarre dai dati aggregati le informazioni utili a indirizzare l’attività di comunicazione. Infine, deve essere Liable, ovvero responsabile, perché ogni volta che comunichiamo di fatto stipuliamo un patto di fiducia con il consumatore. Tempo e cultura sono i fattori scarsi della comunicazione, ma oggi il digitale ci permette di ovviare ad alcuni di questi limiti». Il tempo, per esempio, è un elemento chiave nella comunicazione moderna. Essere in grado di indirizzare il messaggio giusto al giusto utente nel momento perfetto rappresenta l’obiettivo cui devono tendere tutte le organizzazioni, dalle multinazionali alle PMI. Grazie all’accesso mobile a Internet, sempre più diffuso, alle tecnologie di pushing dei contenuti e alla geolocalizzazione, le barriere temporali cadono, cedendo il passo all’interazione personalizzata in real time tra azienda e utente. Diverso è il discorso della cultura. In Italia, specie in alcuni settori tradizionali, i dirigenti delle aziende sono ancora piuttosto restii a investire nella comunicazione e nel marketing digitale. Spesso, infatti, non conoscono gli ambienti social e le community e hanno poca dimestichezza con le tecnologie utili a diffondere i messaggi in Rete solo al giusto target.

I riflessi della rivoluzione social sui sistemi di pagamento

Secondo Carnevale Maffé, le blockchain, ovvero i registri pubblici di tutte le transazioni eseguite tramite tecnologia Bitcoin1, le crittovalute e i contratti smart2, in

uno scenario di questo tipo si candidano a divenire dei veri e propri motori di fiducia artificiali. Fondati sull’autogoverno della Rete, si sostituiranno ben presto in molte transazioni ai sistemi di pagamento gestiti tramite i circuiti finanziari tradizionali. «Il loro punto di forza è dato dal fatto che si basano su una costituzione di poche regole universalmente condivise – conclude il docente –. Il supporto della community di Internet contribuisce a dare maggior risonanza ed efficacia alla comunicazione delle aziende che operano all’interno di questi circuiti. I loro messaggi saranno investiti automaticamente di un’autorevolezza superiore rispetto a quelli delle organizzazioni che non si sono volute mettere in gioco».

Massimo Fubini, CEO di ContactLab

ContactLab: la fidelizzazione passa attraverso social e prezzi dinamici

«Il mondo è complesso – gli fa eco Massimo Fubini, CEO e co-fondatore di ContactLab –. Il cliente è più esigente, informato, selettivo, autonomo, multicanale e, ovviamente, più infedele alla marca, quindi la comunicazione gioca un ruolo fondamentale. Le barriere fisiche come i tempi di consegna non rappresentano più un ostacolo, basta pensare ad Amazon, che poche settimane fa ha inaugurato a Milano il servizio PrimeNow per la consegna in un’ora dell’oggetto acquistato dal cliente che risiede nella zona del capoluogo lombardo e del suo hinterland. Il customer engagement si sposa, in uno scenario di questo tipo, con l’integrazione con i social, la multicanalità, l’event-triggered marketing3. Insomma, con tutte le possibili tecnologie che permettano di creare un’interazione diretta e non invasiva con il cliente. Siamo spesso assediati dalle notifiche push sui nostri smartphone, con la conseguenza che cestiniamo i messaggi senza nemmeno aprirli. Ecco perché occorre non solo individuare in modo preciso il target, ma anche saper trovare le giuste parole e i momenti giusti, nel rispetto della privacy». Ecco, quindi, spiegate la presenza sui social e i motori di raccomandazione, che aiutano a stimare il giudizio del cliente su film, musica, notizie…. Senza scordare che anche i sistemi di pricing dinamico possono contribuire a stringere legami più forti con il target.

Carlo Ratti, Direttore Mit SENSEable City Lab

Carlo Ratti Associati: la tecnologia invisibile che migliora l’esperienza utente

I nuovi canali di comunicazione e fidelizzazione del cliente premiano le aziende più innovative, si dice convinto Carlo Ratti, Direttore Mit SENSEable City Lab e co-fondatore di Carlo Ratti Associati. Sentiamo sempre più spesso parlare di Internet of Things «anche se io preferisco riferirmi a queste nuove modalità di ingaggio dei consumatori come ai canali senseable più che smart – spiega –. A questo proposito, il progetto Supermercato del Future Food District di Expo, da noi curato, rappresenta il primo caso concreto di senseable city. Sfrutta la tecnologia di rilevazione del movimento del corpo Kinect per implementare il concetto di informatica invisibile, quella che non ha bisogno di interfaccia, per abilitare l’ubiquitous computing. Prendendo in mano un frutto, per esempio, si ricevono tutte le informazioni utili sulla tracciabilità e i principi nutritivi, senza che sia necessario avere a portata di mano alcun dispositivo. I sensori posizionati sullo scaffale leggono i movimenti e innescano meccanismi di display delle informazioni sulla filiera, le calorie, le ricette».

Altro campo di applicazione dell’IT privo di interfaccia è la Copenhagen Green Wheel, con la quale l’archistar torinese è riuscita a trasformare una bicicletta tradizionale in una bici elettrica ibrida che permette di accumulare l’energia della pedalata per rilasciarla al bisogno. La bici così concepita racchiude all’interno del mozzo della ruota posteriore, oltre a un motore, tutti i componenti utili quali sensori, accelerometri e anche un modulo per la connettività wireless, il tutto auto-alimentato. Abbinata a un’app per smartphone, la Copenhagen Green Wheel impara a conoscere le abitudini di pedalata, avvia alert in tempo reale sul traffico e offre numerosi altri servizi digitali personalizzati.

Fabio Cannavale, Founder & Chairman di lastminute.com Group

Lastminute.com: un mix di tradizione e digitale

«Il prodotto conta tantissimo ma non basta più – esordisce Fabio Cannavale, Founder & Chairman di lastminute.com Group –. Occorre creare un circolo virtuoso che sia in grado di ingaggiare il cliente superando i tradizionali limiti delle comunicazioni di marketing diretto e promozione, ma senza focalizzarsi unicamente sul digitale. Siamo digitali per definizione e puntiamo molto sul mobile. La comunicazione in batch, diacronica, rappresenta ormai il passato. Le App per smartphone permettono di avere servizi che vanno dal mobile check-in alle visite guidate delle citta e la richiesta di questa tipologia di servizi è in continua crescita. Abbiamo investito 125 milioni di euro per sviluppare una comunicazione che non sia solo diretta ma anche tradizionale, orientata all’estensione del marchio. In Internet, inoltre, in questo momento c’è più richiesta di contenuti video. Con il video broadcasting si aprono nuovi spazi e opportunità per chi saprà cavalcare il trend e in futuro gran parte della nostra comunicazione passerà attraverso questa modalità». La società punta a incrementare la conoscenza del proprio marchio anche con un’area di contenuti video creata all’interno del portale Google, ma fondamentali sono anche social e community, che offrono consigli e spunti per programmare il viaggio e sui quali sempre più spesso si lasciano feedback e recensioni sull’esperienza vissuta. La prima cosa che un viaggiatore fa, negli ultimi anni, prima di programmare un viaggio è verificare su TripAdvisor i giudizi sulle strutture e i servizi. L’esperienza condivisa vale più di mille pagine pubblicitarie ma si trasforma in un boomerang nel caso di giudizi negativi, perché la propagazione in Rete delle recensioni negative non può essere controllata.

Walter Scieghi, Head of Marketing & Consumer Communication di Nestlè Italiana, e Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente di strategia all'Università Bocconi

Nestlè: digital mentoring e programmatic advertising
«Noi puntiamo su qualità e massima trasparenza – tiene a sottolineare Walter Scieghi, Head of Marketing & Consumer Communication di Nestlè Italiana –, perché oggi il passaparola è il moltiplicatore più potente degli investimenti di marketing. Con Baci Perugina, per esempio, abbiamo sperimentato in concreto i benefici di una campagna olistica, on e offline, che permetteva di personalizzare i messaggi contenuti nei Baci. Abbiamo festeggiato a Expo, lo scorso 6 luglio, la Giornata Mondiale del Bacio. I visitatori erano invitati a fotografarsi mentre si baciavano e a caricare la loro foto sui social con l’hashtag #BACIaMI e la mention @baciperugina. Un evento che ha avuto un riscontro fortissimo, per noi inaspettato, sui social». Le attività di digital marketing, commenta il manager, non sarebbero possibili senza il supporto fondamentale delle piattaforme di gestione dei big data, del CRM e del programmatic advertising. Quest’ultima è una tecnologia software che automatizza l’acquisto e la vendita in tempo reale degli spazi pubblicitari online, all’interno di quello che è un vero e proprio marketplace (AD Exchange) delle impression.

«Da anni – prosegue – promuoviamo attività di gestione della community al nostro interno, per assicurare al consumatore una risposta sempre immediata». La filiale italiana della multinazionale svizzera si è dotata di digital corner nei locali mensa. All’interno di questi spazi, alcuni tecnici hanno tenuto sessioni di spiegazione e prove pratiche degli strumenti di comunicazione digitale. «Abbiamo anche attivato un percorso di mentoring sui social per i nostri manager – spiega – e una digital academy per tutte le figure che gestiscono un budget, in collaborazione con i partner tecnologici». A calendario, durante l’anno, sono inoltre previsti dei Digital Days di aggiornamento per tutti.

Luca Solca, Managing Director Sector Head, Global Luxury Goods di Exane BNP Paribas

Exane BNP Paribas: il digitale a servizio dello story telling

Nel settore dei beni di lusso stiamo assistendo a un fenomeno particolare, puntualizza Luca Solca, Managing Director Sector Head, Global Luxury Goods di Exane BNP Paribas. «I dati di traffico nei negozi sono scemati mentre il convertion rate (la percentuale di acquisti effettivi rispetto alle visite – ndr) cresce. Questo significa che il cliente prima di comprare la borsa firmata naviga su Internet, vede le caratteristiche tecniche, consulta i forum di opinioni su quel prodotto, quindi quando entra in negozio sa già quello che vuole e la vendita è perfezionata nel giro di breve tempo». A sostegno di questa tesi arrivano i dati della ricerca Digital Luxury Experience 2015, uno studio condotto da Altagamma e McKinsey su un campione di 6.400 clienti in 8 paesi nel mondo. La ricerca stima che quest’anno solo il 6% degli acquisti di beni di lusso avverrà online, ma nel 68% dei casi le vendite offline sono influenzate dall’online. Basta pensare che sui 21 punti di contatto di cui i brand si servono per coinvolgere i clienti almeno la metà sono digitali, come blog, newsletter, social media e App. Il digitale, quindi, è un potenziatore di tutte le attività di ingaggio del cliente e anche un settore come il fashion, dove le strategie di marketing sono sempre state improntate agli investimenti sui media tradizionali (carta stampata, televisione generalista) e, soprattutto, sui punti vendita iniziano a rendersene conto. Ecco che, al dunque, la presenza sui social e le iniziative digitali mirate iniziano ad avere un senso in ottica di story telling. Nel mondo del lusso, la tecnologia solitamente non crea i cambiamenti ma li asseconda. E se è vero che alcuni marchi come Hermes, Prada, Gucci e Louis Vuitton hanno già aggiornato il proprio portale istituzionale, una volta semplice vetrina di promozione del marchio divenuta oggi anche sito di e-commerce, certo non è facile per le aziende del lusso ricreare l’allure di una sfilata sullo schermo dello smartphone. Più diffuso, invece, il digitale “in store”, con monitor touchscreen, instore TV e tecnologie per simulare la prova dei capi, già in uso presso diversi punti vendita italiani.

1Bitcoin è una crittovaluta, una moneta elettronica creata nel 2009 da un anonimo noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. La caratteristica principale delle crittovalute è che non si appoggiano a un ente centrale di coniazione/emissione ma utilizzano un database distribuito tra i nodi della rete (in ottica Peer-to-Peer) per tenere traccia e abilitare le transazioni utilizzando le tecnologie di cifratura per generare nuova moneta. I dati necessari per usare i propri bitcoin possono essere salvati su diversi dispositivi, come smartphone, tablet e notebook, sotto forma di un vero e proprio portafoglio digitale, oppure versati a un ente terzo, che svolge le funzioni di un istituto di credito. I bitcoin potranno essere trasferiti a mezzo Internet a chiunque disponga di un indirizzo Bitcoin. Secondo dati diffusi da BitPay, nel 2014 sono stati scambiati più di 23 miliardi di dollari in Bitcoin e rispetto all’anno precedente le transazioni sono aumentate del 57%. Contemporaneamente, i portafogli attivi sono diventati quasi 8 milioni e i commercianti che hanno iniziato ad accettare pagamenti in Bitcoin hanno raggiunto quota 100mila.

2Gli Smart Contract sono protocolli per computer che facilitano e fanno rispettare la negoziazione o l’esecuzione di un contratto o che evitano il bisogno di una clausola contrattuale. Solitamente sono dotati di un’interfaccia utente e spesso simulano la logica delle clausole contrattuali. I sostenitori di questi protocolli affermano che molti tipi di clausole contrattuali possono quindi essere rese parzialmente o integralmente automatizzate, auto-ottemperanti, o entrambe le cose. Gli Smart Contract aspirano ad assicurare una sicurezza superiore alla contrattualistica esistente e a ridurre i costi di transazione associati alla contrattazione.

3LEvent-triggered marketing fa riferimento a tutte le attività di categorizzazione, monitoraggio, ottimizzazione ed esecuzione di eventi (come la riconciliazione dei diversi canali di contatto – social, mobile, lead management, e-mail marketing -. Si tratta di un approccio sempre più spesso utilizzato nelle comunicazioni B2B e B2C dove la tempistica dei messaggi è tarata sulle esigenze del cliente più che su quelle dell’organizzazione.

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