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Polimi: «L’Innovation manager non basta». Le figure necessarie per la trasformazione digitale

Fare innovazione nelle imprese, soprattutto quelle più grandi e strutturate, significa intraprendere un percorso articolato, che richiede nuovi ruoli e interventi organizzativi incisivi. Ecco chi sono i protagonisti del cambiamento e come si stanno organizzando le aziende italiane secondo gli esperti degli Osservatori del Politecnico di Milano

Pubblicato il 18 Set 2017

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Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Trasformation Academy e Startup Intelligence

Numerose ricerche e studi empirici mostrano come la struttura organizzativa abbia un impatto diretto sulla capacità di innovare delle imprese. Si tratta di un discorso complesso che riguarda non solo le modalità con cui le unità organizzative sono composte e relazionate in un’impresa, ma anche la costruzione dei ruoli e la definizione di processi e routine.

Le figure chiave: non solo l’Innovation manager

Non basta infatti creare una figura preposta all’innovazione, l’Innovation manager o Chief Innovation Officer, per risolvere la questione del “fare” innovazione in impresa, sebbene questo passo sia fondamentale per riconoscere la necessità di affrontare la gestione dell’innovazione in azienda oltre a favorire il role-modelling.

Dai risultati dell’ultima Ricerca della Digital Transformation Academy degli Osservatori Digital Innovation, un terzo delle imprese lo indica come ruolo necessario per gestire e guidare il processo di innovazione dell’intera organizzazione, per identificare le nuove opportunità di business e tecnologie e per implementare soluzioni che sfruttino tali opportunità. Di queste imprese già la metà ne è dotata. Segue il ruolo Head of Technology Scouting, che si occupa dell’attività di tech scouting, identificando le tecnologie emergenti e supportando la loro acquisizione: un ruolo ancora scarsamente diffuso, tuttavia. Terzo posto spetta all’Head of Open Innovation, responsabile della progettazione e dell’esecuzione delle iniziative di Open Innovation e della gestione dell’ecosistema strategico dei partner tra cui Centri di Ricerca e Incubatori.

A chi riporta il responsabile dell’innovazione

Qual è la posizione organizzativa del Chief Innovation Officer? Solo nel 19% delle imprese esiste una vera e propria Direzione Innovazione, riconducibile a cinque modelli: la Dire­zione Innovazione è un’unità inclusa nella Direzione ICT (37%), è un’unità di primo livello dedicata e indipendente (29%), è un’unità dipendente da una Funzione non ICT (14%), è un’unità dedicata e include la Direzione ICT (11%) e, infine, è una cellula trasversale presente in tutte le Funzioni con coordinamento centrale (9%).

Le cinque soluzioni organizzative evidenziate dalla Ricerca rappresentano un passaggio a livello di struttura necessario per affrontare la complessità organizzativa e facilitare la gestione dell’Innovazione Digitale in organizzazio­ni, soprattutto quelle delle grandi imprese consolidate, in cui le gerarchie verticali e orizzontali condizionano moltissimo processi e comportamenti organizzativi.

Per cominciare con il piede giusto serve libertà di movimento

Alcuni esempi recenti, come Agos Ducato, Ferrovie dello Stato e Engie, mostrano come sia utile avviare una prima fase di inserimento del ruolo del Chief Innovation Officer caratterizzata da scarsa strutturazione, ampia libertà di azione, scarsi obiettivi e pressione iniziali, e investimenti a perdere. Solo successivamente, con una visione più chiara delle opportunità, si architettano organizzazione e processi dandosi norme e obiettivi.

Dalla Ricerca emerge infatti come nella maggior parte dei casi il Chief Innovation Officer abbia ancora un ruolo prevalente di investigazione o di filtro su attività di valutazione per conto dell’organizzazione, e si occupano di valutazione delle opportunità e selezione dei partner nella metà delle imprese. Segue lo sviluppo di PoC (Proof of Concept) e la gestione del portafoglio progetti in poco più del 40% dei casi. Meno rilevante è il suo ruolo diretto nella gestione di progetti e ridotti sono i casi di gestione diretta di budget.

La strada verso la diffusione di modelli per l’Innovazione diffusa è aperta ma, per la maggior parte delle imprese, appare ancora lunga da percorrere.

* di Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Trasformation Academy e Startup Intelligence, Politecnico di Milano

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