Strategie

Internal recruitment, trovare in azienda la persona giusta

La selezione del personale è un’attività altamente impegnativa. Trovare e individuare le risorse di maggiore talento è tra i compiti più onerosi che le direzioni HR devono affrontare. Per il 77% delle imprese medio grandi la risposta è la selezione interna

Pubblicato il 02 Lug 2014

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L’internal recruitment è oggi uno strumento di talent management che permette di migliorare la crescita personale delle risorse e trattenere i migliori talenti.

Sono questi i principali obiettivi che si cerca di perseguire con l’adozione di un sistema di selezione interna, che risulta necessaria e importante per la strategia di selezione del personale per il 77% delle 363 medie e grandi imprese – francesi, tedesche, britanniche e italiane – coinvolte nella ricerca che in Italia Cornerstone OnDemand, la società americana che sviluppa soluzioni Cloud per il talent management, ha commissionato al Politecnico di Milano, in collaborazione con HRC Academy.

Al terzo posto tra le motivazioni che spingono a ricorrere all’internal recruiting, a livello europeo, c’è il miglioramento generale della retention, mentre per l’Italia contano gli effetti sull’engagement, cioè sul coinvolgimento e il senso di appartenenza all’impresa.

I principali obiettivi dell'Internal Recruitment - Fonte Politecnico di Milano

Tuttavia, pur ammettendone i vantaggi, la maggior parte delle aziende italiane (59%) ricorre alla selezione interna solo per una posizione su tre, mentre gli altri Paesi la utilizzano in modo più frequente. Infatti, il 54% nel Regno Unito e il 46% in Francia copre più del 30% delle posizioni disponibili con la mobilità interna, percentuale che scende al 33% in Germania e al 31% in Italia.

Inoltre, benché in Italia quasi una direzione HR su due segua processi standardizzati in linea con la media europea, una su tre non ha ancora procedure standard contro il 18% europeo.

«In Italia l’internal recruitment viene usato ancora per gestire le emergenze, e non all’interno di un disegno più articolato di sviluppo delle persone e delle carriere, come invece si riscontra negli altri Paesi europei», commenta Emanuele Madini, responsabile della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano.

Quanto agli strumenti informatici di supporto, i più usati sono il Job Posting (83%), le email (69%) i e sistemi di gestione delle carriere e delle successioni (45%), mentre l’Italia fa un uso maggiore del Performance Management che è al secondo posto (63%), anziché le mail. In Italia, la gestione delle performance a fini di selezione è anche tra i primi tre strumenti ritenuti indispensabili (“must have”), dopo Job Posting e gestione delle carriere, mentre in Europa si dà più importanza al Career Site, dopo Job Posting e gestione delle carriere.

Misurare i KPI è un aspetto critico

Benché oltre il 47% delle aziende consideri strategico l’internal recruiting per trattenere i talenti, solo il 22% ne misura l’efficacia identificando dei Key Performance Indicators, dando invece più importanza alla soddisfazione del dipendente e alla percentuale di successo dopo la chiusura della posizione. Gli altri Paesi, invece, misurano in primo luogo la chiusura delle selezioni e i tempi di recruiting. Ma quali sono i principali ostacoli a un’adozione più estesa e integrata dell’internal recruitment, in una logica di gestione dei talenti? Al primo posto c’è un problema culturale di management, che si accentua in Italia dove per il 70% i manager temono di perdere i loro uomini migliori, se li mettono a disposizione della mobilità interna. Inoltre, la seconda resistenza per una azienda europea su due riguarda la limitata offerta di candidati valutabili, mentre in Italia si ha paura di causare risentimento in chi non viene scelto.

«È evidente», conclude Mariano Corso, docente di Organizzazione e Risorse Umane del Politecnico di Milano e direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation, «come in Italia ci sia ancora una relazione molto stretta fra capo e collaboratore in linea gerarchica, mentre servirebbe più trasparenza nelle posizioni in chiave sia meritocratica che organizzativa. Ritengo che l’internal recruitment si imporrà nei prossimi anni soprattutto per le nuove figure emergenti, come i big data analyst ancora carenti sul mercato, per cui servirà un’ampia e rigorosa mappatura delle risorse interne per evidenziare su chi puntare, anche attraverso sistemi integrati di talent management».

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