Scenari

Smart public procurement: snellire gli acquisti nella PA

Procedure più snelle e trasparenti, un minore livello di burocratizzazione, una maggiore professionalità, un miglior rapporto qualità-prezzo per gli enti pubblici acquirenti e un accesso più facile per gli operatori economici: questo è il risultato dell’informatizzazione dell’intero processo di approvvigionamento. A giocare un ruolo di primo piano è anche il coordinamento tra enti centrali e Commissione Europea

Pubblicato il 07 Ott 2014

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Dopo l’adozione della nuova legislazione e la direttiva sulla fatturazione elettronica negli appalti pubblici del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea (2014/55/UE del 16 aprile), sempre più attenzione viene rivolta al tema dello smart public procurement.

L’obiettivo è quello di individuare e attivare dei piani d’azione per gestire gli acquisti pubblici con procedure più snelle e trasparenti, con un minore livello di burocratizzazione, una maggiore professionalità, un miglior rapporto qualità-prezzo per gli enti pubblici acquirenti e un accesso più facile per gli operatori economici che si occupano proprio di public procurement. A giocare un ruolo primario nel raggiungimento di questi obiettivi è l’informatizzazione dell’intero processo di approvvigionamento (end-to-end e-procurement).

Per riuscire a gestire in maniera ottimale il pubblic procurement innanzitutto è necessario un forte coordinamento a livello centrale, come ha sottolineato Gustavo Piga, professore di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata, nel suo intervento alla “Third Annual Conference on Public Procurement” di Atene, organizzata dalla Commissione Europea.

Uno dei punti di partenza sarebbe la definizione di un vero e proprio piano d’azione per coordinare tutti gli interventi volti a ottenere le migliori performance possibili. Così come è fondamentale, per un ambito come quello degli appalti pubblici – caratterizzato dalla presenza di cartelli e corruzione che si alimentano a vicenda -, che si forniscano le risorse e i poteri necessari alle autorità anti-trust per metterle in grado di combatterli.

Sarebbe addirittura auspicabile, sottolinea Piga, la nascita di un “Ministero per il public procurement”, preposto alla definizione di obiettivi di efficienza a livello nazionale, al controllo in tempo reale dei dati relativi agli acquisti effettuati – così da permettere eventuali interventi di aggiustamento e monitorarne l’efficienza a breve termine -, e alla stesura di proposte di riforma volte a rendere più snelli e fluidi i meccanismi d’acquisto.

In questo quadro anche la Commissione Europea gioca un ruolo importante, nella creazione di standard professionali e di conoscenza, che identifichino le competenze necessarie per gestire i processi di public procurement. Basti pensare che l’83% degli sprechi è causato dall’incompetenza, e che secondo lo studio di tre noti economisti italiani – Oriana Bandiera, Andrea Prat e Tommaso Valletti – se tutte le amministrazioni comprassero il medesimo bene allo stesso prezzo potremmo ridurre la spesa del 2% circa del PIL, che equivale a un valore di 30 miliardi di euro all’anno.

E lo strumento essenziale, soprattutto in ottica di riduzione degli sprechi, conclude Piga, è la tecnologia. In quest’ottica gli investimenti in strumenti di e-procurement diventano prioritari e la sfida è riuscire a gestire tutto il processo di approvvigionamento, anche a livello di policy, attraverso anche la raccolta dei dati.

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