Educazione finanziara

Finanza sostenibile, un asset e un valore ormai irrinunciabile per il sistema Paese

Coniugare istanze di sviluppo sostenibile e opportunità di business, dimensione pubblica e privata, grandi attori di sistema e piccole realtà produttive è una sfida decisiva per il tessuto industriale e richiede un cambio importante di paradigma. Assolombarda propone una serie di raccomandazioni per tutti gli stakeholder

Pubblicato il 09 Mag 2022

Finanza Sostenibile

“È grazie alla finanza sostenibile che possiamo creare un ecosistema che possa permetterci di traguardare la crisi, rendendo premianti le scelte compatibili con la dimensione sociale, ambientale, di governance, in una prospettiva strategica. Così la sostenibilità diventa un volano per il business, ma anche un attivatore strategico per la creazione di valore. Dobbiamo leggere la sostenibilità come un’opportunità, per bilanciare, strategicamente e con una visione di lungo respiro, anche gli squilibri geopolitici, di mercato e di scenario internazionale”. Con queste parole Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda, ha aperto l’evento “Finanza sostenibile: sfide e proposte per le imprese“, che è stata l’occasione per presentare lo studio Finanza sostenibile. Priorità e prospettive per la crescita e lo sviluppo delle imprese. Il documento punta ad affrontare sia alcune peculiarità del tessuto imprenditoriale italiano, come il ruolo di maggiore responsabilità che hanno le grandi imprese rispetto alle “colleghe” europee e il peso rilevante del finanziamento bancario, sia temi che vanno oltre i confini del nostro Paese, come l’uniformità dell’applicazione delle norme tra i paesi, non solo europei, e la proporzionalità tra regole e dimensione aziendale, per evitare che impostazioni diverse o troppo rigide possano comportare direttamente o indirettamente perdite di competitività.

Gli aspetti di maggior impatto della finanza sostenibile per le imprese

Secondo Assolombarda, esistono alcuni punti cardine della finanza sostenibile che in futuro avranno un impatto importante sulle imprese. Nello specifico, c’è oggi una tassonomia, un elenco di attività sostenibili definite partendo dalla classificazione dei macrosettori prevista dal NACE (abbreviazione di “classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee”) e prendendo in considerazione, in primis, i settori che hanno un maggiore impatto ambientale sia in senso positivo sia in senso negativo. Per ciascun settore, sono state definite le relative attività “sostenibili”, che devono soddisfare i seguenti requisiti: contribuire in maniera significativa ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali quali la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, la transizione a un’economia circolare, la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti; non danneggiare significativamente uno degli altri obiettivi ambientali.

Un tema di rilievo è la remunerazione degli amministratori in quanto questi ultimi contribuiscono a realizzare il successo nel lungo periodo della società di cui fanno parte. Informazioni chiare, comprensibili e complete sulla remunerazione degli amministratori e il relativo allineamento alla strategia di lungo termine dell’azienda aiutano a rafforzare la fiducia nelle aziende e, in ultima analisi, nei mercati. Ma, al contempo, è necessario raggiungere un equilibrio in termini di livello di prescrizione delle regole che riguardano le politiche di remunerazione per evitare di innescare effetti collaterali negativi.

La Commissione europea sta valutando anche la possibilità di introdurre dei requisiti standard di sostenibilità che devono essere rispettati da chi opera nella Supply Chain. È importante sottolineare che le PMI devono affrontare sfide distinte nell’adempiere alle responsabilità di due diligence, anche in virtù delle loro risorse limitate rispetto alle imprese di maggiori dimensioni. Un possibile approccio obbligatorio imporrà loro oneri maggiori. Inoltre, anche se le PMI non rientreranno nel campo di applicazione di un’iniziativa dell’UE, gli obblighi saranno imposti a valle in quanto parte della catena di fornitura delle aziende di maggiori dimensioni.

Per quanto riguarda gli strumenti di finanziamento sostenibili, la Commissione europea sta lavorando sulla definizione di label e marchi per prodotti finanziari, tra cui il “Green Bond Standard”. I green bond sono identici alle emissioni tradizionali e incorporano i medesimi rischi, la loro caratteristica distintiva risiede nell’utilizzo dei proventi che devono obbligatoriamente finanziare progetti nuovi o esistenti con impatti positivi sul piano ambientale. I campi di applicazione dell’uso dei proventi possono essere (in via non esaustiva): efficientamento energetico, adattamento al cambiamento climatico, gestione sostenibile delle risorse naturali e dell’acqua, energie rinnovabili, edilizia verde, trasporti puliti.

La finanza privata può senz’altro essere potenziata e amplificata nell’orientamento verso investimenti sostenibili grazie anche ad incentivi pubblici, nella forma di contributi a fondo perduto, sgravi fiscali, finanziamenti a tassi agevolati, garanzie. In particolare, si auspica un approccio innovativo alla combinazione di finanziamenti e contributi a fondo perduto che vadano, ad esempio, ad abbattere il costo degli interessi, oppure ad un maggiore ricorso a benefici fiscali a valere sugli strumenti di finanziamento sostenibili, ad esempio il green bond. Sicuramente la previsione di una garanzia pubblica sui progetti green può incentivare, grazie al suo importante effetto leva, la concessione di finanziamenti alle imprese, con il duplice effetto di ridurre il rischio per gli intermediari e il costo del credito per le imprese.

Alla base del cambio di paradigma verso la transizione green deve esserci un importante lavoro di diffusione della conoscenza e consapevolezza della sostenibilità come principio alla base delle scelte di ogni individuo, impresa e organizzazione. Bisogna inserire nei programmi di educazione finanziaria tutti gli elementi di sostenibilità e avviare una forte promozione in scuole, università, associazioni e imprese. Così come ci si auspica che in futuro non si parli più di “finanza sostenibile” perché sarà parte integrante della finanza “ordinaria”, allo stesso modo non si potrà più fare impresa se non in maniera sostenibile. I nuovi modelli di business dovranno andare oltre la nozione di profitto, non parlando tanto di “obiettivo aziendale” quanto di “purpose” (scopo). Aspetto molto importante nelle PMI dove l’assetto valoriale è molto forte e può fornire all’imprenditore molti spunti per integrare maggiormente la sostenibilità nel proprio modello aziendale.

Le raccomandazioni per una finanza sostenibile

Nell’ultima parte del documento Assolombarda elenca una serie di raccomandazioni volte a rendere più efficace e pervasivo l’inserimento della sostenibilità nelle linee strategiche dell’impresa e la sua valorizzazione nei confronti del mondo finanziario. Tali raccomandazioni sono state riaggregate utilizzando come guida i sei interlocutori più importanti da raggiungere secondo l’associazione.

Le grandi imprese hanno un ruolo fondamentale come promotori e attivatori del cambiamento. Lo possono fare sia testimoniando come stanno affrontando quelli che per loro sono già obblighi di legge e di mercato, dimostrandone la fattibilità e la coerenza con le linee strategiche e il mantenimento o incremento dei vantaggi competitivi dell’impresa, sia guidando il cambiamento attraverso le proprie filiere, mantenendo, comunque, una particolare attenzione all’accompagnamento delle piccole e medie imprese che ne fanno parte, senza presentare loro il processo come rigido, burocratico e accompagnandole nei cambiamenti e nelle procedure necessarie a restare nella catena di fornitura.

Le PMI che devono prendere coscienza dei rischi di inazione e dovrebbero vivere questo cambiamento a partire da quanto già costruito utilizzando le certificazioni volontarie, che hanno introdotto l’abitudine a dare evidenza tangibile a buone pratiche gestionali. Potrebbero così far emergere, formalizzare in modo misurabile e comunicabile gran parte dei “semi di sostenibilità” che hanno nel proprio DNA. Inoltre, devono integrare nelle strategie gli aspetti meno forti e che mancano, in modo da ottenere un maggiore vantaggio rispetto ad altri competitor. Infatti, sia le imprese, sia i clienti finali, soprattutto le nuove generazioni, cercano sempre di più valori ulteriori ai vantaggi di costo e, quindi, rappresentano, in termini economici, nuove nicchie di mercato da occupare.

Le istituzioni che in questi anni hanno rappresentato il principale propulsore della finanza sostenibile. Il loro ruolo resta ancora importante per garantire un’applicazione uniforme delle regole anche al di fuori dei confini europei, in modo che esse non si trasformino in “svantaggi” competitivi per le nostre imprese. Inoltre, non devono fermarsi al livello teorico e legislativo dei processi, ma cercare il più possibile di creare o favorire la creazione di soluzioni che permettano una corretta applicazione delle regole e una confrontabilità dei dati. Infine, devono sempre tenere in considerazione i tempi necessari perché le imprese possano adattarsi ai cambiamenti, la proporzionalità di obblighi e di profondità di informazioni legandoli alle diverse dimensioni aziendali.

Il mondo finanziario che, se le istituzioni sono in qualche modo il motore, rappresenta il carburante per favorire il cambiamento. Per svolgere bene questo ruolo i player finanziari devono prestare molta attenzione ai bisogni delle aziende, proporre strumenti idonei e di facile utilizzo che possano permettere al maggior numero possibile di imprese di muovere i passi necessari a rendere i propri processi produttivi e i propri modelli di business più sostenibili. In questo, gioca una parte importante il riconoscimento dei costi non solo materiali, ma anche di consulenza che un’azienda deve sostenere per avviare il processo di transizione e che devono trovare spazio tra quelli finanziabili.

Le associazioni imprenditoriali che non devono vivere questi cambiamenti di riflesso, ma assumere un ruolo di leadership. Devono favorire lo scambio di conoscenze, esperienze e il networking tra imprese, sviluppare soluzioni pratiche e concrete per aiutarle a comprendere come sono posizionate rispetto alla sostenibilità, quali percorsi di miglioramento intraprendere e come misurare, rendicontare e comunicare volontariamente le strategie e le performance ESG per renderle più leggibili dal mondo finanziario. Inoltre, grazie alla loro grande vicinanza al territorio, possono evitare il proliferare di iniziative diverse, ma con fini simili, e diventare antenne per rilevare e proporre come rimuovere tutti gli ostacoli pratici che potranno creare dei problemi nel finanziare le imprese.

Le nuove generazioni che le imprese dovrebbero comprendere tra i propri stakeholder e considerandone le opinioni nei processi di definizione dei modelli di business. I rapporti intra generazionali sono uno degli elementi di maggior dibattito nelle discussioni riguardanti lo sviluppo sostenibile. Uno dei principali rischi è quello di traslare in modo automatico i sistemi di valori da una generazione a quella successiva, immaginando di sapere di cosa avrà bisogno e cosa cercherà. Anche nelle imprese, in generale, mancano occasioni strutturate di dialogo per colmare i gap di conoscenza reciproca e portare vantaggi importanti come la possibilità di attrarre o trattenere talenti o incontrare meglio le esigenze del mercato.

“Quella che ha al centro la finanza sostenibile è una sfida decisiva per il sistema industriale, e richiede un cambio importante di paradigma da parte di tutti. È un campo in cui, concretamente, coniugare istanze di sviluppo sostenibile e opportunità di business, dimensione pubblica e privata, grandi attori di sistema e piccole realtà produttive. Per questo abbiamo elaborato chiare linee guida per aiutare le imprese e il mondo finanziario a intraprendere, insieme, un percorso verso una finanza sostenibile, diffusa, consapevole, volano di crescita per le filiere”,  ha concluso il vicepresidente di Assolombarda Paolo Gerardini.

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