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Largo Consumo, le leve del Supply Chain Manager per far crescere il fatturato

I responsabili della catena logistica possono apportare vantaggio competitivo alle loro aziende utilizzando soluzioni di analytics per ottimizzare l’On-Shelf Availability in collaborazione con i rivenditori, e per integrare dati strutturati e non strutturati al fine di supportare processi decisionali “predittivi” in tempo reale e modelli “direct-to-consumer”. Parola di Gartner

Pubblicato il 18 Apr 2014

I responsabili della supply chain devono trovare dei metodi innovativi per far crescere i ricavi dei prodotti consumer. Ad affermarlo è Gartner in un recente studio mirato a definire i principali trend nel manufacturing.

Nei settori del Largo Consumo infatti la crescita dei ricavi continua a rappresentare una sfida dal punto di vista dell’ottimizzazione della catena di distribuzione, soprattutto a fronte dei risultati poco soddisfacenti degli ultimi due anni. Per ritornare a galla, uno dei volani potrebbe essere ripensare al modo in cui si distribuisce valore all’interno delle proprie reti commerciali.

«Le aziende consumer devono continuamente scontrarsi con uno scenario economico incerto, caratterizzato da una volatilità della domanda che continua ad aumentare, e da una stentata crescita dei ricavi», ha affermato Steve Steutermann, research vice president di Gartner . «In questo scenario, è necessario trovare nuovi sbocchi, aumentare la quota di mercato e migliorare la disponibilità a scaffale (on-shelf availability – OSA) dei prodotti in vendita. I responsabili supply chain che saranno in grado di misurare l’OSA, e che collaboreranno con i rivenditori per migliorarla, integrandola con l’ottimizzazione della gestione delle scorte, avranno un forte vantaggio competitivo rispetto a quelli che non dispongono di dati sufficienti per fare tutto questo».

Per utilizzare in modo efficace i dati “strutturati”, ovvero quelli relativi alle vendite retail e alle scorte, è necessario investire in un demand signal repository (DSR), che ne consente la “pulizia” e l’omogenizzazione prima di utilizzarli per alimentare le soluzioni analytics. Parallelamente però sta anche crescendo l’uso di dati “non strutturati” (ad esempio legati ai “social sentiment”, alla fedeltà, alla percezione e alle abitudini dei consumatori), a fini di definizione dei target e della domanda e ottimizzazione del lancio di nuovi prodotti.

L’integrazione di questi due aspetti rappresenta un punto nodale della strategia delle aziende consumer. Infatti le applicazioni analitiche di ultima generazione utilizzano i dati strutturati e non strutturati per supportare il processo decisionale in tempo reale, rendendolo maggiormente predittivo (prescriptive) rispetto a quanto è accaduto fino a oggi. La prescriptive analytics aiuta ad affrontare ciò che può accadere al verificarsi di certe condizioni. Ad esempio, riuscire a prevedere quali negozi di una catena sono più a rischio di esaurimento scorte se si lancia una campagna promozionale sarà un importante passo in avanti rispetto a quanto è possibile oggi.

«È fondamentale migliorare le capacità di gestione dei dati strutturati per migliorare l’interazione con i clienti. I produttori più maturi in questo senso saranno quelli che trarranno più benefici dalle soluzioni analitiche di prossima generazione», sottolinea Steutermann.

Per alimentare la crescita della domanda, sia i produttori che i retailer nell’ambito del largo consumo stanno cercando di porre il consumatore ancora più al centro, con iniziative “direct-to-consumer”. I produttori in particolare stanno puntando su reti di approvvigionamento in grado appunto di supportare questo modello “direct-to-consumer”, sviluppo di nuovi canali digital-mobile, e personalizzazione dell’esperienza per il consumatore. Per sostenere queste iniziative, i produttori saranno chiamati a migliorare le proprie capacità di gestione della domanda e delle sue oscillazioni, gestione degli ordini e route-to-market, cercando comunque di non erodere i margini.

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